I crocifissi dalle aule scolastiche potrebbero essere destinati a
scomparire. Questa la prospettiva aperta da un'ordinanza del Tribunale
dell´Aquila (giudice Mario Montanaro) che, accogliendo il ricorso
presentato da Adel Smith, presidente dell´Unione musulmani d´Italia,
ha condannato un istituto a rimuovere il crocifisso esposto nelle aule
della acuola materna e elementare frequentata dai figli dello stesso
Smith.
Ora questo simbolo scomparirà dalle aule della scuola materna e
della scuola elementare in questione (nella cittadina di Navelli) ma la
sentenza apre uno scenario del tutto nuovo.
A poche ore dalla decisione dei magistrati abruzzesi sono già
accese le polemiche. Secondo lo stesso promotore del ricorso, l'ordinanza «è una chiara e storica sconfitta dell'arroganza degli
esponenti dello strisciante razzismo religioso istituzionale». Questa
vittoria «fa onore all'Italia».
Ecco alcuni stralci del testo dell'ordinanza con cui il giudice Mario Montanaro ha ordinato di togliere il crocifisso dalle aule di una scuola elementare di Ofena (L’Aquila)
"Nell'ambito scolastico la presenza del simbolo della croce induce nell'alunno ad una comprensione profondamente scorretta della dimensione culturale della espressione di fede, perché manifesta
l'inequivoca volontà, dello Stato, trattandosi di scuola pubblica, di porre il culto cattolico 'al centro dell'universo, come verità assoluta, senza il minimo rispetto per il ruolo svolto dalle altre esperienze religiose e sociali nel processo storico dello sviluppo umano, trascurando completamente le loro inevitabili relazioni e i loro reciproci condizionamenti.
La presenza del crocifisso nelle aule scolastiche comunica un'implicita adesione a valori che non sono realmente patrimonio comune di tutti i cittadini, presume un'omogeneità che, in verità, non c'è mai stata e, soprattutto, non può sicuramente affermarsi sussistere oggi, e che, però, chiaramente tende a determinare, imponendo un'istruzione religiosa che diviene obbligatoria per tutti, poiché non è consentito non avvalersene, connotando così in maniera confessionale la struttura pubblica 'scuola' e ridimensionandone fortemente l'immagine pluralista.
La presenza del simbolo della croce nelle aule si pone in contrasto con quanto ha stabilito la Corte costituzionale, rilevando come il principio di pluralità debba intendersi quale salvaguardia del pluralismo religioso e culturale
(cfr. Corte cost. 12 aprile 1989, n. 203 e 14 gennaio 1991, n. 13), che può realizzarsi solo se l'istituzione scolastica rimane imparziale di fronte al fenomeno religioso". (Fonte ANSA)
Le norme e la giurisprudenza
Le norme.
Le norme sull’ esposizione del crocifisso risalgono in gran parte agli Anni ’20 del secolo scorso e riguardano l’obbligo della sua presenza nelle aule scolastiche (due circolari della Pubblica Istruzione, la prima del 1922, la seconda del 1926), negli uffici pubblici in genere (ordinanza ministeriale del 1923) e nelle aule giudiziarie, con una circolare del ministro di Grazia e Giustizia Rocco del maggio 1926 relativa alla «Collocazione del Crocefisso nelle aule di udienza.
Per quanto riguarda le scuole va ricordato, in particolare, l’articolo 118 del Regio decreto 965 del 1924 nel quale si fa riferimento al crocifisso come parte dell’ordinario arredamento delle aule scolastiche e si afferma che spetta al capo d’istituto assicurare la completezza e la buona conservazione di tutti gli arredi occorrenti. Con la circolare 367 del 1967 il
Ministero dell’Istruzione ha inserito nell’elenco dell’arredamento delle scuole dell’obbligo anche i crocifissi e, recentissima, la circolare del 3 ottobre 2002 con la quale si stabilisce l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche; questa consente alle scuole di riservare spazi specifici, qualora studenti o genitori ne facciano richiesta, per preghiere di diverse fedi.
"Le norme sull¹esposizione
del crocifisso risalgono in gran parte agli anni '20 del secolo
scorso e concernono la presenza del crocifisso stesso nelle aule
scolastiche (due circolari della Pubblica Istruzione, la prima del
22 novembre 1922, 1a seconda del 26 maggio 1926), negli uffici
pubblici in genere (un¹ordinanza ministeriale dell'11
novembre 1923, n. 250) e nelle aule giudiziarie, con una Circolare
del Ministro Rocco, Ministero di Grazia e Giustizia, Div. III del 29
maggio 1926, n. 2134/1867, recante "Collocazione del Crocefisso
nelle aule di udienza", di cui riportiamo di seguito il testo
per esteso:
"Prescrivo che nelle aule di udienza, sopra il banco dei
giudici e accanto all'effige di Sua Maestà il Re sia restituito il
Crocefisso, secondo la nostra antica tradizione. Il simbolo venerato
sia solenne ammonimento di verità e di giustizia. I Capi degli
uffici giudiziari vorranno prendere accordi con le Amministrazioni
comunali affinché quanto ho disposto sia eseguito con sollecitudine
e con decoro di arte, quale si conviene all'altissima funzione della
giustizia".
In materia scolastica si ricordano, inoltre, le norme regolamentari
contenute nell¹art. 118 del Regio decreto n. 965 del 1924 e del
Regio
Decreto n. 1297 del 1928, le cui disposizioni, sebbene non siano mai
state espressamente abrogate, non trovano più applicazione a
seguito dell'entrata in vigore del d.lg. 16 aprile 1994, n. 297 -
Testo unico della scuola di ogni ordine e grado (link al sito
www.qualitascuola.it). Entrambi i provvedimenti si rifanno all¹art.
140 del Regio Decreto n. 4336 del 1860, contenente il regolamento
per l¹istruzione elementare di attuazione della legge n. 3725 del
1859 (c.d. legge Casati), che prescriveva il crocifisso tra gli
arredi delle aule scolastiche.
Per quanto concerne il Regio Decreto del 1924, riguardante le norme
sull¹ istruzione secondaria, art. 118 citato dichiara, tra l¹altro,
che «ogni aula ha l¹immagine del crocifisso».
Contenuto simile al precedente si rinviene nel predetto Regio
Decreto del 1928 relativo al «Regolamento generale sui servizi dell¹istruzione
elementare».
In tempi più recenti, con la circolare n. 367 del 1967, il
Ministero dell¹Istruzione ha inserito nell¹elenco dell¹arredamento
delle scuole
dell¹obbligo anche i crocifissi.
Di un certo interesse, si ricorda anche la nota del 5 ottobre 1984,
n. 5160/M/1 (in risposta alla nota del Ministero della Giustizia del
29/5/1984, protocollo 612/1/4) con la quale il Ministero dell'Interno
- per giustificare il mantenimento del crocifisso nelle aule
giudiziarie - ha dichiarato, tra l¹altro «i principi del
cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano»
e che «il crocifisso è il simbolo di questa nostra civiltà» e «il
segno della nostra cultura umanistica e della nostra coscienza etica».
Infine, si segnalano la Legge 25 marzo 1985, n.121, recante
"Ratifica ed esecuzione dell¹accordo con protocollo
addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta
modifiche al Concordato lateranense dell'11 febbraio 1929, tra la
Repubblica italiana e la Santa Sede", nonchè il testo base
dell'accordo tra lo Stato italiano e la Santa Sede, ovvero la Legge
27 maggio 1929, n.847, recante "Disposizioni per l'applicazione
del Concordato dell'11 febbraio 1929 fra la Santa Sede e l'Italia,
nella parte relativa al matrimonio."
Le sentenze.
Il Consiglio di Stato ha espresso un parere alla luce di una relazione (20 gennaio 19 88) del ministero dell’Istruzione in cui si chiedeva di conoscere se le disposizioni previste dall’art icolo 118 del Regio decreto 965 del 30 aprile 1924 e quelle di cui all’allegato C del Regio decreto del 26 aprile 1928, concernenti la esposizione dell’immagine del Crocifisso nelle scuole, potevano considerarsi vigenti oppure dovevano ritenersi abrogate dopo l’accordo tra le Repubblica italiana e la Santa Sede con il quale è stato modificato il Concordato Lateranense del 19 29. Per il Consiglio di Stato « poiché le disposizioni del 1924 e del 1928 non riguardano l’insegnamento della religione cattolica n é costituiscono attuazione degli impegni assunti dallo Stato in sede concordataria, deve ritenersi che esse siano tuttora legittimamente operanti » . Sul tema è intervenuta anche la Cassazione
(Cassazione penale, IV sez. 1
marzo 2000, Montagnana, Pres. Battisti, est. Colaianni) ricordando invece la tutela non discriminatoria ma pluralistica di tutte le religioni che caratterizzano la nostra comunità nazionale .
Vedi anche
http://www.corriere.it/edicola/index.jsp?path=POLITICA&doc=GIURI
Brevi note di commento
1)
non esiste nessuna "legge in
materia"
La norma che prevede il crocifisso nelle aule scolastiche - l'articolo 118
del RD 965 del 1924 - è norma regolamentare: ne consegue che, in
caso di contrasto con la costituzione essa va direttamente disapplicata
direttamente dal giudice e non può essere denunziata alla Corte
costituzionale.
Nello specifico le norme regolamentari del 1923 e 1927 riguardano la
scuola elementare e la media, non le materne;
Va anche precisato che la presenza del
crocifisso nelle aule non era prevista dalla normativa
concordataria e tanto meno lo è stata dal concordato del 1985.
2) la Cassazione penale ha già assunto
una decisione in materia in termini di tutela pluralistica delle
confessioni religiose (Cassazione penale, IV sez. 1
marzo 2000, Montagnana, Pres. Battisti, est. Colaianni)
3) il problema della non confessionalità
dell'istruzione pubblica è una questione non solo italiana, se è vero
che la Corte Costituzionale tedesca ha stabilito nel 1995 che "l'
esposizione statualmente disposta di una croce o di un crocifisso nei
locali destinati all'insegnamento di una scuola d'obbligo statale, non
confessionale, è contraria alla costituzione; pertanto, il par. 13, 1º
comma, n. 3, dell'ordinanza relativa alle scuole pubbliche in Baviera del
21 giugno 1983 è incompatibile con l'art. 4, 1º comma, della legge
costituzionale"
4) Infine la
libertà decisionale del magistrato non può essere messa in discussione. Ancora
una volta invece di seguire le vie tradizionali, le impugnazioni di rito,
si mandano gl'ispettori quando le sentenze non piacciono al potere (Gigi
Trilemma)
----- Original Message -----
From: CONDORELLI ANTONINO
Sent: Wednesday, October 29, 2003 10:54 AM
Subject: il movimento per la giustizia sull'ordinanza
"crocefisso"
E' autorizzata la diffusione:
IL MOVIMENTO PER LA GIUSTIZIA SULL'ORDINANZA DEL CROCEFISSO:
Partecipando ad un dibattito con i parlamentari Di Pietro e Salvi che si
è tenuto a Legnago la sera del 27 scorso, ho già avuto modo di dire
rispondendo alle domande del pubblico presente che:
- ero il solo in quella sala (e penso che non eravamo, e probabilmente
ancora non siamo, in tanti in tutta Italia...) ad avere avuto
l'opportunità di leggere l'ordinanza del collega Montanaro, e non potevo
fare a meno di dare atto che si tratta di un provvedimento meditato ed
analitico, che effettua una pressocchè completa ricognizione della
normativa e della giurisprudenza sull'argomento, e che è certamente
frutto di un serio e rispettabile lavoro di ricostruzione ed
interpretazione del diritto vigente. Nel merito, ovviamente, le
perplessità tecniche sul c.d.fumus (ricavato per disapplicazione di
norma secondaria o per "interpretatio abrogans" di norma
preesistente?),
e sul pregiudizio imminente e irreparabile (non comunque di... un
credito, ma di quello che esattamente l'ordinanza definisce "il
diritto
inviolabile di religione dei piccoli alunni di fede islamica") sono
numerose, e possono ben giustificare conclusioni di segno oppposto. Ma
da qui a parlare addirittura di abnormità, disciplinarmente rilevante,
credo proprio che corra un incolmabile abisso
- ritengo che - come per qualunque provvedimento giudiziario - è
pienamente legittimo e non suscettibile di limitazione alcuna il diritto
di criticare, anche duramente, l'ordinanza. Al pari di esso merita
assoluto rispetto quel sentimento religioso che è tra i beni primari e
personalissimi di ciascuno di noi e che - a torto o a ragione - può
essere stato, o essersi sentito, gravemente turbato dalla decisione;
- considero assolutamente inaccettabile l'uso ( e il preannuncio
dell'uso) dell' ispezione (o inchiesta) ministeriale come clava contro i
provvedimenti giudiziari sgraditi o impopolari;
- ritengo altrettanto grave la gratuita e becera accusa al collega
Montanari di malafede e protagonismo giudiziario e il rifiuto,
pressocchè generale e sconfortante, da parte di mezzi di informazione e
forze politiche, della interpretazione giurisprudenziale come funzione
necessaria e insostituibile dell'ordinamento e dell'applicazione della
norma al caso concreto. Prosegue così lo sciagurato percorso che conduce
alla sostanziale negazione della tutela giurisdizionale dei diritti, in
favore di una soluzione "sondaggistica" e di puro potere di ogni
conflitto attraverso leggi-provvedimento, leggi-fotografia e alla fine
addirittuta "leggi-sentenza";
- auspico come sempre, ma particolarmente in questo caso, un rapido
iter processuale delle diverse fasi (reclamo, giudizio di merito,
appello etc.) di verifica dell'ordinanza ( e conseguente immediata
conferma, se fondata, o revoca, se infondata) confidando nella infinita
capacità dei magistarti di tollerare le inaudite pressioni esterne e
mediatiche e di decidere con la necessaria serenità e libertà di
giudizio;
Brescia 28.10.2003
nino condorelli (presidente del Movimento per la Giustizia)
MAGISTRATURA DEMOCRATICA
SULL’ORDINANZA DEL TRIBUNALE DELL’AQUILA
Una pronuncia giurisdizionale, resa nel contraddittorio delle parti, su
un tema di grande delicatezza come quello della ostensione dei simboli
religiosi nei luoghi pubblici e della libertà di fede e di culto in
un’epoca caratterizzata da un pluralismo sino a pochi anni or sono
sconosciuto nel nostro Paese, ha inevitabilmente suscitato una
discussione appassionata e accalorata, che in diverse occasioni ha
chiaramente trasceso i limiti della critica legittima, pur se serrata,
del singolo provvedimento.
Al di là delle valutazioni sul merito della questione decisa dal
tribunale dell’Aquila, che sempre possono essere (ed in questo caso è
opportuno siano) legittimamente diverse, le modalità e i toni di alcune
reazioni hanno superato i limiti che dovrebbero esservi in una
democrazia matura.
Le questioni della laicità dello Stato e del pluralismo religioso sono
da anni in discussione in Paesi di sicura tradizione democratica quali
la Francia, la Germania, gli Stati Uniti, nei quali alle decisioni dei
giudici e della pubblica amministrazione sono seguiti ampi dibattiti,
tuttora aperti, ma mai la derisione o l’insulto all’estensore.
Sentenze ed ordinanze possono e debbono essere criticate con argomenti.
Cosa ben diversa è organizzare seduta stante, il linciaggio dei giudici
per pronunce che non piacciono.
Suona incredibile che il Ministro abbia immediatamente promosso, con
grande clamore mediatico, un’ispezione ad hoc, sembra “sul
provvedimento”, travalicando in tal modo certamente i limiti delle sue
competenze. Il Ministro non è l’organo di appello e non ha competenza
alcuna per valutare la bontà o meno di una sentenza o di un’ordinanza.
In questo caso si tratta, oltretutto, di un provvedimento per sua natura
e funzione non definitivo, ancora suscettibile di esame in successivi
gradi di giudizio, e l’intervento del Ministro rappresenta una sicura
quanto indebita ingerenza in attività strettamente giurisdizionale.
I magistrati nell’adottare i provvedimenti che a loro vengono chiesti
non possono attenersi a criteri di opportunità politica: loro compito è
unicamente di applicare la legge e non spetta loro far prevalere calcoli
o motivi che attengono che attengono alla sfera squisitamente politica.
In questo caso essi, davvero, travalicherebbero il proprio ruolo.
Piaccia o no questi sono principi propri dello Stato di diritto e della
separazione dei poteri che occorrerebbe rispettare in particolare per
decisioni che non si condividono, pena l’abbandono stesso della
giurisdizione come strumento per realizzare i diritti dei cittadini.
Milano, 29 ottobre 2003
Claudio Castelli
segretario nazionale di Magistratura Democratica
Intervista su l'Unità del 30-10-2003 a Margherita Hack di Sonia Renzini
«Il principio della laicità dello Stato non è mai stato rispettato»
FIRENZE La decisione di togliere il crocifisso dalle scuole del giudice
dell
’Aquila ha dato inizio a una serie di reazioni a catena che sembrano non
trovare fine. Con un generale sdegno del provvedimento che trova
approvazione un po’ in tutte le parti politiche. Tra le voci contro c’è
invece la scienziata Margherita Hack, tra l’altro membro del comitato di
presidenza dell’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti. Per
lei il
provvedimento è un atto dovuto.
Perché?
«Ma perché mi pare che l’Italia sia uno stato laico e dunque è ovvio
che non
ci debba essere nessuno simbolo religioso nelle scuole: non c’è una
religione di stato e dunque non ce ne deve essere nemmeno una preferita a
un
’altra. Tutt’al più ci dovrebbe essere una storia comparata di tutte
le
religioni, ma certamente non l’ora di religione cattolica. Oggi la
società è
cambiata, è diventata multietnica e multirazziale e non è un fatto che
può
essere ignorato».
Ma il crocifisso è il simbolo della nostra cultura.
«E questo cosa vuol dire! Anche se questa è la nostra cultura non si
cancella mica se viene tolto un crocifisso. La cultura rimane, è qualcosa
che viene assimilata fin da piccoli e rimane il fatto che a scuola si
insegnano altre cose. Poi, se qualcuno vuole mandare i bambini a
catechismo,
o a scuole di religione, lo può sempre fare, non a caso gli ebrei e i
musulmani hanno la loro scuola».
E i cattolici?
«Se la facciano. Ripeto, in Italia non esiste una religione di stato e
non
ci si può rifare a leggi del 1924 che poi sono state superate dal
Concordato
successivo e da altri articoli. Senza contare che la diversità della
società
di oggi rende impossibile qualsiasi raffronto con il passato. Oggi non
c’è
nessun motivo perché ci debba essere un simbolo religioso. Come succede
in
Francia, del resto, senza provocare lo sdegno di nessuno».
Piena solidarietà al giudice dunque.
«Assoluta. Ha agito benissimo e trovo assurde tutte queste critiche, così
come trovo pazzesco che il ministro Castelli lo vada a sottoporre a un
provvedimento disciplinare. È una vera pazzia».
C’è chi ci vede una questione di rispetto.
«Proprio non capisco. Nessuno vieta a chi è cristiano di rispettare il
crocifisso, liberissimo di farlo, ma perché si deve imporre anche a chi
non
ci crede? Sono delusa anche per i politici che si sono affrettati subito a
contestare questa decisione. Anche dai Ds mi aspettavo una reazione
diversa».
Anche il presidente Ciampi ha preso una posizione netta.
«Sì, ma questo ormai non mi stupisce più. Con tutto il rispetto, il
presidente Ciampi ha dimostrato più volte di essere debole di fronte a
certi
avvenimenti. Mi riferisco anche alla legge Cirami e al lodo Schifani. Che
bisogno aveva di firmare subito?».
Comunque gli italiani che vanno all’estero rispettano la cultura del
paese
in cui si trovano.
«Già, ma questa gente lavora e vive qua. Questa è una questione di
principio
e in uno stato laico non ci devono essere simboli religiosi. Finché
c’era
una singola religione come nel ‘24 il crocifisso non dava noia a
nessuno:
tutta la popolazione era italiana, il 99% era cattolica e l’1% che
rimaneva
era comunque cristiano. Ma ora ci sono sempre più islamici, ebrei,
buddisti,
induisti e questa storia del simbolo religioso non ha più senso.
È vero che questa polemica è nata in un momento particolare.
«Esattamente. Questo tizio, poi, sembra anche abbastanza antipatico e
arrogante. Ma il fatto in sé non deve distogliere dal problema reale che
si
pone».
Che fa nascere manifestazioni e dibattiti in tutto il paese.
«Mi sembra tutto così ridicolo, tanto più che la maggioranza della
gente in
Italia se ne frega della religione. Mi sembra piuttosto un’occasione per
dare adito al razzismo, un pretesto che permette di scatenare le antipatie
contro il diverso. E da questo punto di vista questo Smith non ha certo
fatto un buon servizio alla sua comunità. Quanto meno lo poteva dire in
un
altro modo, ma almeno un vantaggio c’è stato».
Quale?
«Che finalmente è stato messo nero su bianco su un punto fondamentale:
non è
mai stato fatto rispettare il principio della laicità dello stato».
Non tenne udienza per la presenza del crocifisso in aula: magistrato a giudizio
È imputato di omissione in atti di ufficio
ROMA - Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale dell’Aquila, accogliendo la richiesta del Procuratore della Repubblica, ha disposto il giudizio immediato nei riguardi del giudice di Camerino (Macerata) Luigi Tosti per il reato di omissione di atti di ufficio, per «essersi indebitamente astenuto dal tenere le udienze a causa della presenza del crocifisso nelle aule giudiziarie». L’udienza è stata fissata dinanzi al Tribunale penale dell’Aquila, in composizione collegiale, per il giorno 18 novembre prossimo.
La notizia della fissazione del giudizio immediato è stata confermata dallo stesso giudice Luigi Tosti. «Il 18 novembre prossimo - ha detto il magistrato - dovrò entrare in un’ aula giudiziaria non in qualità di dipendente dell’Amministrazione giudiziaria ma come “utente”, e cioè come imputato: dal momento, però, che si riproporrà la stessa identica questione, inoltrerò al Tribunale dell’Aquila e al ministro di Giustizia la richiesta di rimuovere i simboli religiosi dalle aule giudiziarie, preannunciando il mio rifiuto a presenziare all’udienza in caso di inottemperanza e sollevando quindi eccezione di incostituzionalità dell’art. 420 ter del codice di procedura penale, nella parte in cui esclude che costituisca legittimo impedimento dell’imputato a comparire il rifiuto a presenziare motivato dall’obbligatoria presenza del simbolo religioso del crocifisso nelle aule giudiziarie».
«Mi sembra francamente grottesco - ha concluso il magistrato Tosti - dover essere giudicato, oltretutto per fatti collegati proprio all’indebita presenza del crocifisso, da giudici confessionali sovrastati da quel simbolo partigiano e che giudicano in nome del Dio dei cattolici».
Si rifiutava di tenere udienze alla
presenza dell’oggetto sacro: «Sono di fede ebraica» Alla sbarra il magistrato senza
crocifisso
L’Aquila - Il Giudice per le Indagini
preliminari del Tribunale dell’Aquila, accogliendo la richiesta
del Procuratore della Repubblica, ha disposto il giudizio immediato
nei riguardi del giudice di Camerino (Ancona) Luigi Tosti per il
reato di omissione di atti di ufficio, per “essersi indebitamente
astenuto dal tenere le udienze a causa della presenza del crocifisso
nelle aule giudiziarie”.
L'udienza è stata fissata dinanzi al Tribunale penale
dell’Aquila, in composizione collegiale, per il giorno 18 novembre
prossimo. La notizia della fissazione del giudizio immediato è
stata confermata dallo stesso giudice Tosti. «Il 18 novembre
prossimo - ha detto il magistrato - dovrò entrare in un’aula
giudiziaria non in qualità di dipendente dell’Amministrazione
giudiziaria ma come “utente”, e cioè come imputato: dal
momento, però, che si riproporrà la stessa identica questione,
inoltrerò al Tribunale dell’Aquila e al Ministro di Giustizia la
richiesta di rimuovere i simboli religiosi dalle aule giudiziarie,
preannunciando il mio rifiuto a presenziare all’udienza in caso di
inottemperanza e sollevando quindi eccezione di incostituzionalità
dell’art. 420 ter del codice di procedura penale, nella parte in
cui esclude che costituisca legittimo impedimento dell’imputato a
comparire il rifiuto a presenziare motivato dall’obbligatoria
presenza del simbolo religioso del crocifisso nelle aule
giudiziarie. Mi sembra francamente grottesco - ha concluso il
magistrato Tosti - dover essere giudicato, oltretutto per fatti
collegati proprio all’indebita presenza del crocifisso, da giudici
confessionali sovrastati da quel simbolo partigiano e che giudicano
in nome del Dio dei cattolici».
In una lettera inviata il mese scorso fra gli altri al ministro
della Giustizia, Roberto Castelli, il giudice Tosti ricorda di aver
iniziato dal 9 maggio - «dopo averlo espressamente preannunciato più
volte» - ad astenersi dalla trattazione della cause «per legittima
reazione contro gli atti di discriminazione religiosa posti in
essere dall’Amministrazione della Giustizia ai miei danni». In
particolare il giudice sostiene che lo Stato italiano da un lato «espone
(e mi impone) il simbolo della religione cattolica (il crocifisso)
nelle aule giudiziarie, in tal modo violando il principio supremo di
laicità» e, dall’altro, «ha respinto (e respinge)
immotivatamente le mie istanze di esporre i miei simboli religiosi»
nelle stesse aule giudiziarie. Ad essere impedito è
“quantomeno” il «sacrosanto diritto all’eguaglianza (e alla
non discriminazione a cagione del credo religioso)» garantito fra
l’altro dall’articolo 3 della Costituzione.
Il riferimento, implicito, è all’ebraismo. Tosti sostiene infatti
di aver respinto più volte - bollandoli come “ghettizzanti” -
inviti da parte del presidente del Tribunale di Camerino a tenere
udienze nel suo studio, in assenza del crocifisso. In un altro passo
della lettera il giudice segnala che nel Tribunale “si stava
allestendo un’aula senza crocifisso da destinare alla mia persona»:
il che, ha sostenuto ancora Tosti, equivaleva all’allestimento «di
un’aula-ghetto dove confinare il dipendente ebreo per motivi di
discriminazione religiosa». Il giudice, fra l’altro, reclama il
suo «diritto a manifestare la libertà di religione e a professare
pubblicamente le sue ideologie religiose con la stessa estensione e
la stessa ampiezza accordate ai cattolici».
[Data pubblicazione: 24/09/2005]
I
crocifissi devono restare nelle aule scolastiche. Lo stabilisce una
sentenza del Consiglio di Stato
di
Giulio Marino
Roma,
15 febbraio 2006
Il
crocifisso deve restare nelle aule scolastiche non perché sia un
"suppellettile" o un "oggetto di culto", ma perché
"è un simbolo idoneo ad esprimere l'elevato fondamento dei valori
civili" (tolleranza, rispetto reciproco, valorizzazione della
persona, affermazione dei suoi diritti) che hanno un'origine religiosa, ma
"che sono poi i valori che delineano la laicità nell'attuale
ordinamento dello Stato".
Così si è espresso il Consiglio di Stato che, con un'importante e
articolata sentenza, ha respinto il ricorso di una cittadina finlandese,
Soile Lauti, che chiedeva la rimozione del crocifisso dalla scuola media
frequentata dai suoi figli ad Abano Terme in provincia di Padova. "Il
crocifisso - sottolinea il Consiglio di Stato - svolgerà una funzione
simbolica educativa a prescindere dalla religione professata dagli
alunni".
Secondo
l'organo d'appello della giustizia amministrativa, "è evidente che
in Italia il crocifisso esprime l'origine religiosa dei valori che
connotano la civiltà italiana: tolleranza, rispetto reciproco,
valorizzazione della persona, solidarietà umana, rifiuto di ogni
discriminazione. Si tratta di valori che - prosegue la sentenza - hanno
impregnato di sé tradizioni, modo di vivere, cultura del popolo
italiano" e che "soggiacciono ed emergono dalle norme
fondamentali della nostra Carta Costituzionale".
"Il
crocifisso esposto nelle aule scolastiche - riassume la sentenza - non può
essere neppure equiparato ad un oggetto di culto; si deve pensare
piuttosto come ad un simbolo idoneo ad esprimere l'elevato fondamento dei
valori civili che sono poi i valori che delineano la laicità nell'attuale
ordinamento dello Stato".
Siamo
alla follia allo stato puro. La follia a fondamento dei principi di laicità
dello Stato. E’ questo che sembra aver sentenziato il Consiglio di Stato
che ha emesso questa assurda sentenza. Ho sempre difeso l’indipendenza
della magistratura ma adesso si tratta di difendere l’indipendenza dei
cittadini da quelle che paiono essere le forzature di un fondamentalismo
religioso che si è insediato ai più alti livelli dello Stato. I
crocefissi ormai non ci sono quasi più finanche nelle aule delle scuole
gestite dai cattolici e questo in virtù di un diffuso buon senso civico
che, evidentemente, non trova rappresentanza tra i membri del Consiglio di
Stato.
Una
sentenza sconsiderata ha attribuito al crocifisso significati e valori che
sfuggono alla comprensione della gente comune ancorché delle persone
colte.
Un’immagine
macabra che raffigura una scena di tortura finalizzata alla morte. Io
ricordo bene l’angoscia che da fanciullo mi prendeva quando ero
obbligato ad entrare in una chiesa. La paura che mi incutevano le immagini
della morte rappresentata ovunque con bare di vetro, crocifissi
sanguinanti, reliquie e quant’altro. Come si fa a non vedere queste
aberrazioni del comportamento umano. Chiedetelo ad un bambino o ad uno
psichiatra. Solo le aberrazioni di un credo religioso, espresso nelle sue
forme più oltranziste, possono portare ad una simile interpretazione
della realtà.
Quando
si dice che la realtà supera ogni più ardita fantasia non si può,
evidentemente, immaginare dove la mente umana possa arrivare.
Il
giudice Luigi Tosti condannato al processo de L'Aquila
L'Aquila,
18 novembre 2005
E'
stata scritta il 18.11.2005, in un'aula-ghetto allestita "senza
crocifisso" e destinata appositamente ad uno "sporco"
imputato non cattolico, una delle pagine più epiche della Giustizia
italiana, perché si è finalmente inflitta una giusta ed esemplare
condanna a chi, pretendendo di affiancare al sacro simbolo del crocifisso
i propri falsi simboli, ha manifestato con sconfinata arroganza l'assurda
pretesa di godere degli stessi diritti e della stessa dignità che la
Repubblica Pontificia italiana accorda, giustamente, alla sola superiore
razza dei Cattolici. Plaudo alla totale prevaricazione del mio diritto di
difesa e all'imposizione del termine preventivo di "due minuti",
che mi è stato benevolmente concesso dal GUP-Presidente del collegio per
formulare ed illustrare le mie richieste. Mi rammarico pubblicamente con
la Stampa per la limitazione del Suo diritto di cronaca e di ripresa
audiovisiva, che ha impedito la documentazione della celebrazione del
dibattimento nell'interesse della collettività e a garanzia della
trasparenza della Giustizia. Spero che la mia sentenza di condanna -contro
la quale ricorrerò- sia l'inizio di un incendio che risvegli le coscienze
dei sudditi italiani che non intendono più tollerare l'emarginazione
e la discriminazione che parte dei Cattolici attua ai danni degli atei,
degli agnostici, degli ebrei, degli islamici, dei buddisti, degli
evangelisti, dei valdesi, dei testimoni di Geova e di tutti coloro che si
identificano in religioni diverse dalla loro. Spero che i 40 giorni per il
deposito della motivazione della condanna siano sufficienti per giustificare
la violazione dell'art. 9 della Convenzione per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo, che sancisce che "ogni persona ha diritto
alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione: questo diritto
importa la libertà di cambiare religione o pensiero, come anche la libertà
di manifestare la propria religone o il proprio pensiero individualmente o
collettivamente, in pubblico o in privato, per mezzo del culto,
dell'insegnamento, di pratiche e compimento di riti".
Ringrazio
tutti coloro che si sono sobbarcati i disagi e le spese di un viaggio per
assistere alla celebrazione di questo cristallino processo che, spero,
resterà impresso nella loro memoria. Ringrazio i deputati Enrico Buemi e
Marco Pannella per l'appoggio morale e per la stima che mi hanno
dimostrato con la loro presenza fisica a L'Aquila. Ringrazio infine il Dio
dei Cattolici per avere offerto a mia moglie e a me l'opportunità di
conoscere Marco Pannella e di stringere la "zampa" di questo
leone radicale che è riuscito, contro la volontà della maggior parte
degli italiani, a rendere più libera e più dignitosa l'esistenza di
tutti gli italiani.
Il Consiglio Superiore della Magistratura "boccia"
l'esposizione dei crocefissi nelle aule giudiziarie
Cronaca di un
crocefisso annunciato di Luigi Tosti
Il 31 gennaio scorso il
CSM ha comminato la sospensione cautelare dalle funzioni e dallo
stipendio al giudice di Camerino Luigi Tosti perché si è rifiutato
di tenere le udienze sia perché il Ministro di Giustizia ha omesso
di rimuovere i crocifissi cattolici dalle aule sia perché,
soprattutto, lo ha discriminato negandogli il pari diritto di
esporre il proprio simbolo, cioè la menorà ebraica. La motivazione
dell'ordinanza è stata comunicata al diretto interessato il 20
dicembre, cioè a distanza di ben undici mesi.
"Il Consiglio Superiore della Magistratura -commenta con un
misto di soddisfazione e di sconcerto il dott. Tosti- ha affermato
che la mia pretesa di ottenere la rimozione dei crocifissi dalle
aule giudiziarie è pienamente fondata, dal momento che la circolare
fascista del Ministro Rocco deve ritenersi tacitamente abrogata sin
dal 1948 per incompatibilità con la Costituzione repubblicana,
innanzitutto perché si tratta di "un
atto amministrativo privo di fondamento normativo e, quindi,
contrastante con il principio di legalità dell'azione
amministrativa, desumibile dagli articoli 97 e 113 della
Costituzione, dal quale deriva che ogni atto amministrativo deve
essere espressione di un potere riconosciuto all'Amministrazione da
una norma", tant'è, soggiunge il CSM, che per poter esporre i
simboli nazionali negli uffici pubblici il legislatore ha dovuto
emanare ben due leggi. In secondo luogo, poi, il CSM riconosce che
la circolare fascista "appare in contrasto con il principio
costituzionale di laicità dello Stato e con la garanzia della
libertà di coscienza e di religione, essendo pacifico (in tal senso
Cassazione, Sezione Unite, 18.11.1997, n. 11432 e Sez. Disciplinare
15.9.2004, Sansa) che nessun provvedimento amministrativo può
limitare diritti fondamentali di libertà, al di fuori degli spazi
eventualmente consentiti da una legge ordinaria conforme a
costituzione. Ne consegue, da un lato, che in materia religiosa lo
Stato deve essere equidistante, imparziale e neutrale e, dall'altro,
che l'ordine delle questioni religiose e quello delle questioni
civili debbono rimanere separati, con la conseguenza che in nessun
caso il compimento di atti appartenenti alla sfera della religione
possa essere oggetto di prescrizioni obbligatorie o che si ricorra
ad obbligazioni di ordine religioso per rafforzare l'efficacia di
precetti statali: la religione e gli obblighi morali che ne derivano
non possono essere imposti come mezzo al fine dello Stato. La libertà
di coscienza (espressamente riconosciuta anche dall'art. 9 della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle libertà fondamentali e dall'art. 10 della Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione europea) e la libertà di religione debbono
essere lette come affermazione non solo positiva, di tutela delle
convinzioni o della fede professata, ma anche in senso negativo,
come tutela di chi rifiuti di avere una fede e, pertanto, deve
essere garantita sia ai credenti che ai non credenti, siano essi
atei o agnostici. Dal carattere "fondante" della libertà
di coscienza deriva anche che nelle valutazioni costituzionali
relative ai profili dell'eguaglianza in materia religiosa il dato
quantitativo, l'adesione più o meno diffusa a questa o a quella
confessione, non può essere rilevante. Alla luce dei rilievi ora
svolti appare convincente la tesi dell'incolpato secondo la quale
l'esposizione del crocifisso nelle aule di giustizia, in funzione
solenne di "ammonimento di verità e giustizia",
costituisce un'utilizzazione di un simbolo religioso come mezzo per
il perseguimento di finalità dello Stato. Del pari persuasiva
sembra l'affermazione che l'indicazione di un fondamento religioso
dei doveri di verità e giustizia, ai quali i cittadini sono tenuti,
può provocare nei non credenti "turbamenti, casi di coscienza,
conflitti di lealtà tra doveri del cittadino e fedeltà alle
proprie convinzioni" e pertanto può ledere la libertà di
coscienza e di religione."
Il CSM "boccia" poi esplicitamente le sentenze del TAR del
Veneto e del Consiglio di Stato che hanno legittimato l'esposizione
dei crocifissi nelle scuole per la loro supposta valenza
"culturale": "anche a poter condividere la tesi del
significato meramente culturale del crocifisso -chiarisce il CSM- il
problema della libertà di coscienza e del pluralismo si sposterebbe
dal terreno esclusivamente religioso a quello appunto culturale, ma
non sarebbe risolto, in quanto dai principi costituzionali in
precedenza individuati deriva che l'amministrazione pubblica non può
scegliere di privilegiare un aspetto della tradizione e della
cultura nazionale, sia pure largamente maggioritaria, a discapito di
altri minoritari, in contrasto con il progetto costituzionale di una
società "in cui hanno da convivere fedi, culture
e tradizioni diverse" (Corte Cost., n. 440 del
1995)".
In buona sostanza, dunque, dalla motivazione del CSM emerge che
l'esposizione dei soli crocefissi nelle aule giudiziarie e, in
genere, nei pubblici uffici, così come imposta dalla Madrepatria
-cioè dal Vaticano e dalla Chiesa Cattolica- alla sua Colonia -cioè
alla Repubblica Pontificia Italiana- calpesta il principio supremo
di laicità delineato dalla Costituzione italiana e, quindi,
l'obbligo costituzionale dei giudici di essere imparziali, calpesta
il diritto dei cittadini, garantito sia dalla Costituzione che dalla
Convenzione sui diritti dell'Uomo, di essere giudicati da giudici
imparziali, calpesta i diritti fondamentali e costituzionali alla
libertà di coscienza e di religione, che appartengono a me e a
qualsiasi cittadino della Repubblica Pontificia, e, infine,
calpestano il diritto costituzionale e fondamentale all'eguaglianza,
senza distinzione di religione, dei cittadini non cattolici, atei o
agnostici. Se la motivazione del CSM mi conforta e mi riconcilia con
la Giustizia italiana, non mi conforta affatto constatare che
l'unico giudice che abbia avuto, in Italia, il coraggio e la
determinazione di rifiutarsi di calpestare la Costituzione e di
difendere i diritti alla libertà religiosa e alla non
discriminazione religiosa di tutti i cittadini italiani e, in
particolare, dei non cattolici e dei non credenti, sia stato
condannato, come un criminale, a sette mesi di reclusione e sia
stato allontanato dalla Magistratura con ignominia per ristabilirne
il supposto "prestigio" ed il supposto "decoro".
Mi conforta ancor meno l'accusa disciplinare, mossami dalla Procura
Generale presso la Corte di Cassazione, di aver "gettato
sconcerto" nell'opinione pubblica italiana per aver osato
obbedire ai precetti impostimi dalla Costituzione e per aver osato
difendere il diritto alla non discriminazione religiosa che mi
appartiene e che appartiene a tutti i cittadini italiani. Non mi
conforta constatare che i Ministri della Giustizia di questa
Repubblica Pontificia pratichino costantemente il crimine della
discriminazione religiosa ai danni dei cittadini non cattolici,
seguendo supinamente le direttive del Papa e della Chiesa Cattolica,
e cioè esponendo il solo simbolo delle "Superiore"
religione cattolica, senza che nessun Pubblico Ministero si premuri
di incriminarli.
Auguro ai sudditi italiani di festeggiare con serenità la prossima
ricorrenza della vera natività del Dio Mitra e quella, anche se
falsa, della natività del suo emulo Gesù Cristo."
Luigi Tosti per commenti e dichiarazioni :
mobile: 3384130312
telefono: 0541789323
per
scrivere a Luigi Tosti il
suo indirizzo mail è nel sito:
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pubblicazione e riproduzione è libera e incoraggiata
purchè l’articolo sia riportato in versione integrale, con lo
stesso titolo,
citando il nome dell’autore e riportando questa
scritta.
Axteismo, No alla chiesa, no alle religioni
Movimento Internazionale di Libero Pensiero
cerchiamo Fondazione o
Università che sostenga
studi e attività
e Imprenditore-Editore
che apra Tv satellitare libera
La Corte europea dei diritti dell'uomo
sentenzia: no al crocifisso nelle aule.Una vittoria per la libertà di
pensiero in un mondo multietnico che ciauguriamo
sia di buon auspicio al collega valoroso giudice Luigi Tosti,che si è
battuto, rischiando la sua carriera, per far togliere il simbolodalle aule di giustizia.
La presenza dei crocifissi nelle aule
scolastiche è "una
violazione della libertà dei genitori ad educare i figli secondo le
loroconvinzioni e della libertà di religione
degli alunni". (Il giudice
Gennaro Francione)
Strasburgo è il Mondo. Pronuncia sulla Dichiarazione universale dei
diritti dell'Uomo. Le pronunce sono super partes e di illuminazione ai
singoli popoli che, per difendere ad oltranza le loro tradizioni,
ostacolano lo sviluppo di un cosmopolitismo multietnico.
In ogni caso i simboli religiosi fomentano idolatria condannata dalla
stessa bibbia. Ognuno si porti il suo simbolo religioso, se ne ha, nel
cuore.
CASSAZIONE: CROCIFISSO, ANNULLATA LA CONDANNA AL GIUDICE TOSTI
ROMA - La Sesta sezione penale della Cassazione "ha annullato senza
rinvio perché il fatto non sussiste" la condanna per il giudice del
Tribunale di Camerino, Luigi Tosti a sette mesi di reclusione per
interruzione di pubblico servizio e omissione di atti d'ufficio inflitta
dalla Corte d'Appello dell'Aquila nel maggio 2007 perché il magistrato
si era rifiutato di svolgere le sue funzioni nell'aula giudiziaria a
causa della presenza di un crocifisso.
All'inizio dell'udienza la difesa del giudice Tosti aveva rinnovato la
richiesta di rimuovere, non solo in Cassazione ma in tutte le aule di
giustizia, i crocifissi ed ogni simbolo appartenente alla religione
cattolica. Ma la Sesta sezione penale ha respinto l'istanza e portato
avanti il processo vista l'assenza di simboli religiosi nell'aula.
Il sostituto pg della Cassazione, Vincenzo Geraci, aveva chiesto
l'annullamento con rinvio della sentenza di condanna di Tosti ritenendo
che occorreva riformulare il reato a carico del magistrato. Secondo
Geraci, infatti, poiché le udienze dopo il rifiuto del magistrato si
erano tenute lo stesso, attraverso la nomina di un sostituto, non si
sarebbe configurata un' omissione di atti d'ufficio, piuttosto un
turbamento dell'attività giudiziaria.
I giudici della Sesta sezione penale, presieduta da Giorgio Lattanzi,
hanno invece deciso per l'annullamento della sentenza senza però rinvio,
ritenendo che "il fatto non sussiste" e quindi non ci sarebbe stata
omissione d'ufficio da parte di Tosti.
CORO UNANIME DEI GIUDICI SUPERIORI
NAZIONALIE SOVRANAZIONALI: LA
CASSAZIONE ITALIANA HA ANTICIPATO LA
SENTENZA DELLA CORTE EUROPEA DEI
DIRITTI DELL’UOMO. IL CROCIFISSO VA
TOLTO DAGLI UFFICI PUBBLICI IN NOME
DELLA LAICITA’ DELLO STATO.
Il problema del crocifisso negli
uffici pubblici, venuto alla ribalta
per le scuole dopo la decisione
della Corte Europea dei Diritti
dell’Uomo, era stato già sollevato
per le aule di giustizia da un
giudice italiano Luigi Tosti. Il
giudice di Camerino era rifiutato di
tenere udienza in aule col
crocifisso in nome della laicità
dello stato e della pari dignità di
tutte le fedi che trova fondamento
nei principi espressi dalla
Costituzione.
Dopo varie peripezie disciplinari
innanzi al CSM e la condanna
addirittura poer il reato di
omissione di atti di ufficio a sette
mesi di reclusione(per non aver
tenuto udienze) la sesta sezione
penale della Cassazione con sentenza
28482 del 17 febbraio 2009 annullava
la condanna inflitta dalla Corte
d’Appello de L’Aquila. La
Cassazione, con motivazione del
luglio 2009, pur criticando i toni
con i quali il giudice di Camerino
aveva sollevato la questione
(”esasperati”, con “espressioni a
volte paradossali”), faceva notare
che la circolare del ministero della
Giustizia risalente al 1926 che
impose durante il fascismo i
crocefissi nei luoghi pubblici
“appare un atto privo di fondamento
normativo e quindi in contrasto con
il principio di legalità dell’azione
amministrativa” e “non più in linea
con il principio costituzionale di
laicità dello Stato e con la
garanzia della libertà di coscienza
e di religione”. La Cassazione
ammetteva, inoltre, che è necessario
trovare “l’eventuale sussistenza di
una effettiva interazione tra il
significato” identitario “della
presenza del crocefisso nelle aule
di giustizia” e “la libertà di
coscienza e di religione, intesa non
solo in senso positivo, come tutela
della fede professata dal credente,
ma anche in senso negativo, come
tutela del credente di diversa fede
e del non credente che rifiuta di
avere una fede”.