Per
Safiya Hussaini Tungar-Tudu,
donna
nigeriana, cittadina-sorella del mondo intero,
prego:
non sassi, non morte, non frusta, non medioevo:
per rispetto della vostra patria paria,
per rispetto della vostra terra, delle capanne, dei
galoppi delle acque, delle azzurranze,
per rispetto dei pensieri, flebili, forse troppo, nei
nostri secoli,
per rispetto delle vostre facce, che non si
dissipino,
per rispetto del vostro nostro troppo arrossire,
per rispetto della bocca, delle labbra, della lingua,
del dente su cui batte che ci duole,
per rispetto delle sentenze così tronfie
intabarrate,
per rispetto del sesso, acquilone strappato
strattonato,
per rispetto del pubblico e privato, di dritto e
di rovescio,
per rispetto della vita, che chiede nessun comma di
aggettivi,
per rispetto della donna, che si specchi sul fragore
oceano,
per rispetto del fango, che si fa cielo nelle
pozzanghere,
per rispetto dei figli tigli,
per rispetto della povertà, così lubrìca, verminea,
per rispetto della friabilità dell’universo,
per rispetto dei popoli, polli legati a testa in giù,
che si becchettano,
per rispetto della gogna, su celesti schermi,
per rispetto dell’impudicizia,
per rispetto dell’ignoranza,
per rispetto della soggettività,
per rispetto del dubbio, che sempre sia lodato,
per rispetto dell’economia politica che sprimaccia
merci su prati su lenzuola,
per rispetto dei trattati siglati di palpebra in
palpebra,
per rispetto del passo claudicante della storia,
per rispetto dell'infamia, che scarabocchia i
planisferi,
per rispetto della geopolitica dell’imbarazzo,
per rispetto della globalizzazione del rispetto,
per rispetto dei nostri colpevoli sguardi su di voi,
per rispetto della verità, tremante come una stella
spelacchiata,
per rispetto dello stato di quiete dei sassi, e
stiano!
per rispetto del peccato e del peccare, che ci si
lasci libero il passo al bivio,
per rispetto delle lacrime e dei tremori,
per rispetto del diritto a sorridere, a
scompisciarci,
per rispetto del diritto ai diritti,
per rispetto della morte, che deve essere seria,
come suo mestiere, ma mai sia tragica, scomposta,
per rispetto del solco e del seme, carne o terra,
per rispetto di tutti coloro che siano mai stati
frustati, col viso nella polvere,
impastando col sangue il pane del nostro tempo,
per rispetto dello sguardo insostenibile dei morti,
per rispetto della pelle, che sia solo pertinente
alle brezze, al tatto, all’occhio,
per rispetto della pelle del cielo,
femminea come la pesca,
per rispetto delle folate d’inchiostro, che portano
bufere e arcobaleni,
per rispetto dell’innocenza, che vagisca,
per rispetto della futilità degli scribi e dei
retori,
per rispetto dei turiboli che bruciano troppo oppio
dei popoli,
per rispetto di Safiya,
perché non vi sputino addosso le stelle,
tutto il sabba furente delle impazienti stelle.
Roma, 8 marzo 2002
Michele Arcangelo Firinu – mifirinu@tiscalinet.it