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Da Diritto & Giustizia on line del 10
ottobre 2003
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Appello per la Giustizia nello Stato di diritto
(Torino, 9 ottobre 2003)
I SOTTOSCRITTI PROFESSORI UNIVERSITARI DI DIRITTO ESPRIMONO RADICALE
DISSENSO, NEL METODO E NEI CONTENUTI, RISPETTO AL DISEGNO DI LEGGE-DELEGA
PER LA RIFORMA DELL´ORDINAMENTO GIUDIZIARIO.
Nel metodo va deplorato che una riforma di tale rilievo non sia stata
preceduta e accompagnata da un sistematico confronto con operatori e
studiosi del diritto nella ricerca, senza dubbio difficile ma del tutto
ragionevole, di soluzioni ampiamente condivise. Si è, invece, proceduto
nella logica di una `rivincita´ del potere politico sulla giurisdizione,
nell´indifferenza verso le attese di giustizia del cittadino.
Nei suoi contenuti il disegno di legge si ispira ad un modello burocratico
e piramidale di magistratura con una progressione in carriera appiattita
sui gradi di impugnazione e costellata da farraginosi meccanismi
concorsuali; dunque, inidonea a garantire le doti di equilibrio, di
saggezza e di professionalità che si richiedono al giudice sin dal
processo di primo grado dove, più che altrove, si assumono decisioni
destinate ad influire pesantemente sulla libertà personale, sui diritti e
sui beni dell´individuo. In particolare, per quanto riguarda il pubblico
ministero, appare poco compatibile coi principi costituzionali l´organizzazione
fortemente gerarchica delle procure con la restaurazione ai vertici di
poteri, pressoché illimitati, di sostituzione e di avocazione:
inevitabile, in un simile contesto, la possibilità di pesanti influenze
dell´esecutivo sia per quanto riguarda l´esercizio dell´azione penale
sia per quanto concerne la conduzione delle indagini, con sostanziale
vanificazione dell´obbligatorietà dell´azione penale e con ricadute
sulla stessa uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
Una serie di emendamenti ha, poi, ulteriormente peggiorato il testo del
progetto, sino a colpire l´essenza stessa della funzione giurisdizionale,
l´interpretazione della legge nel caso concreto. Diventa, infatti, illecito
disciplinare «l´attività di interpretazione di norme di diritto che
palesemente e inequivocabilmente sia contro la lettera e la volontà della
legge o abbia contenuto creativo» (art. 7, lettera c), n. 7 del
ddl, nella versione approvata il 25 settembre scorso dalla commissione
giustizia del Senato in sede referente). La disposizione non riguarda il
caso di provvedimenti `abnormi´ che non trovino alcun fondamento nella
legge; ipotesi già autonomamente prevista come illecito disciplinare dal
medesimo progetto (art. 7, lettera c), n. 3) e, d´altronde, già oggi
considerata tale dalla giurisprudenza della sezione disciplinare del Csm.
Qui ad essere sanzionata è l´attività stessa di interpretazione della
legge, nell´ambito di un progetto `punitivo´ che prende le mosse dalla
mozione approvata dal Senato il 5 dicembre 2001 allorché i magistrati del
tribunale di Milano furono accusati di «disapplicare una legge dello
Stato», a causa dell´indirizzo seguito sul terreno delle rogatorie (e
poi confermato dalla Cassazione).
E´ avvilente dovere, oggi, ricordare che sulla correttezza delle
interpretazioni svolte dal giudice si discute, non in via disciplinare, ma
nella sede fisiologica delle impugnazioni, e secondo criteri di razionalità
sicuramente non riducibili alla `lettera´ e alla `volontà´ della legge;
né tanto meno a ciò che traspare dal polemico richiamo al `contenuto
creativo della decisione´. Sono formule che si potrebbero definire
semplicemente insensate ed anacronistiche nella parte in cui
sottintendono, contro ogni ragionevolezza, il carattere puramente
`dichiarativo´ del complesso meccanismo conoscitivo che è l´interpretazione
della legge in funzione applicativa; ma capaci, nel quadro dell´azione
disciplinare promossa dal ministro, di convertirsi in potenti strumenti di
rottura dei valori su cui regge la giurisdizione in uno Stato di diritto.
Dove il giudice è costretto, per non rischiare il procedimento
disciplinare, a uniformare le sue interpretazioni a quelle `gradite´ al
potere politico non può esservi né giustizia della decisione né, prima
ancora, efficace esercizio della funzione difensiva, le cui radici
affondano nel libero confronto delle opposte tesi e, dunque, nel
pluralismo interpretativo.
AUSPICHIAMO PERTANTO CHE LA COMUNITÀ DEI GIURISTI E DEGLI OPERATORI DEL
DIRITTO SI UNISCA NELLA DIFESA DEI VALORI FONDAMENTALI DELLA GIURISDIZIONE
Alberto Alessandri (univ. Milano Bocconi); Adele Anzon (univ. Roma Due);
Umberto Allegretti (univ. Firenze); Marta Bargis (univ. Piemonte Orientale
A. Avogadro); Ernesto Bettinelli (univ. Pavia); Raffaele Bifulco (univ.
Lecce); Francesco Bilancia (univ. Chieti-Pescara); Francesco Caprioli (univ.
Cagliari); Michele Carducci (univ. Lecce); Paolo Caretti (univ. Firenze);
Agatino Cariola (univ. Catania); Federico Carpi (univ. Bologna); Antonio
Carratta (univ. Macerata); Isa Castangia (univ. Cagliari); Massimo Ceresa
Gastaldo (univ. Milano Bocconi); Sergio Chiarloni (univ. Torino); Stefano
Maria Cicconetti (univ. Roma Tre); Paolo Comanducci (univ. Genova); Franco
Coppi (univ. Roma La Sapienza); Giorgio Costantino (univ. Bari); Franco
Della Casa (univ. Genova); Gianmario Demuro (univ. Cagliari); Alfonso Di
Giovine (univ. Torino); Mario Dogliani (univ. Torino); Emilio Dolcini (univ.
Milano Statale); Leopoldo Elia (univ. Roma La Sapienza); Giovanna Falzone
(univ. Cagliari); Elio Fazzalari (univ. Roma La Sapienza); Giovanni
Ferrara (univ. Roma La Sapienza); Luigi Ferrajoli (univ. Camerino); Paolo
Ferrua (univ. Torino); Maurizio Fioravanti (univ. Firenze); Rosanna
Gambini (univ. Torino); Silvio Gambino (univ. Calabria); Andrea Giorgis (univ.
Piemonte Orientale A. Avogadro); Glauco Giostra (univ. Macerata); Ettore
Gliozzi (univ. Torino) (Tania Groppi (univ. Siena); Carlo Federico Grosso
(univ. Torino); Enrico Grosso (univ. Piemonte Orientale A. Avogadro);
Riccardo Guastini (univ. Genova); Roberto Kostoris (univ. Padova) ; Lucio
Lanfranchi (univ. Roma La Sapienza); Sergio Lariccia (univ. Roma La
Sapienza); Elisabetta Loffredo (univ. Cagliari); Gilberto Lozzi (univ.
Roma La Sapienza); Alberto Lucarelli (univ. Napoli Federico II); Angelo
Luminoso (univ. Cagliari); Joerg Luther (univ. Piemonte Orientale A.
Avogadro); Giorgio Marinucci (univ. Milano Statale); Enrico Marzaduri (univ.
Pisa); Francesco Merloni (univ. Perugia); Roberto Miccù (univ. Roma La
Sapienza); Serafino Nosengo (univ. Piemonte Orientale A. Avogadro); Renzo
Orlandi (univ. Firenze); Alessandro Pace (univ. Roma La Sapienza);
Francesco Palazzo (univ. Firenze); Elisabetta Palici Di Suni (univ.
Torino); Piero Pinna (univ. Sassari); Alessandro Pizzorusso (univ. Pisa);
Salvatore Prisco (univ. Napoli Federico II); Andrea Proto Pisani (univ.
Firenze); Francesco Rigano (univ. Pavia); Guido Rossi (Milano statale);
Antonio Ruggeri (univ. Messina); Giovanni Serges (univ. Roma Tre); Stefano
Sicardi (univ. Torino); Delfino Siracusano (univ. Roma La Sapienza);
Emanuele Somma (univ. Genova); Luisa Torchia (univ. Urbino - Scuola
superiore pubblica amministrazione); Giuseppe Verde (univ. Palermo); Mauro
Volpi (univ. Perugia); Roberto Weigmann (univ. Torino); Enzo Zappalà (univ.
Catania)
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Riforma dell´ordinamento giudiziario: chi vuole dire "no" da
oggi può unire la sua protesta a quella di tanti altri. È stato
ufficialmente aperto ieri sera il sito di protesta pensato da alcuni
professori universitari di diritto che ha come unico scopo quello di
raccogliere le adesioni di tutti gli operatori che vorranno partecipare
alla protesta formale contro la riforma dell´ordinamento giudiziario.
All´indirizzo www.ordinamentogiudiziario.org è leggibile il documento
che mette nero su bianco tutti i "no" dei professori alla
proposta di riforma. "No" ad una riforma che viene considerata
una sorta di "rivincita" del potere politico sulla
giurisdizione, "no" al modello burocratico e piramidale di
magistratura che in essa viene contemplato e soprattutto "no"
all´interpretazione creativa come tipizzazione di reato disciplinare. Ad
essere attaccato quindi, è l´intero impianto del progetto di riforma
approvato dalla commissione Giustizia del Senato il 25 settembre scorso
(vedi in arretrati del 26 settembre 2003). Ma in particolar modo a
suscitare le critiche più severe è stato il nuovo articolo 7 del
provvedimento, riguardante la materia disciplinare, riscritto da un
emendamento presentato dal relatore al progetto, Luigi Bobbio (An) che ha
introdotto una serie di illeciti nel comportamento dei magistrati che
vanno dalla violazione di legge al ritardo ingiustificato nel compimento
degli atti relativi all´esercizio delle funzioni, alla famosa
interpretazione creativa di norme di diritto che ha sollevato un vero e
proprio coro di critiche.
Tra i primi firmatari del documento, Sergio Chiarloni, professore di
procedura civile all´Università di Torino, che spiega così i motivi
dell´iniziativa. «Il nostro non è un documento politico- ha detto
Chiarloni - ma tecnico, che non si scaglia contro le dichiarazioni di
qualcuno ma critica la riforma dell´ordinamento giudiziario perché così
com´è scritta non passerà il vaglio della Consulta». Il documento di
protesta, ha spiegato ancora Chiarloni verrà inviato anche a tutte le
istituzioni «e si rivolge ai giuristi in genere, ad avvocati, professori,
magistrati e a tutti coloro che vorranno sottoscriverlo». Sembra che la
protesta, lo stesso giorno del suo debutto abbia già incassato l´approvazione
di molti giuristi: «Hanno già aderito in molti, anche nomi illustri,
giuristi indignati per l´interpretazione creativa come tipizzazione di
illecito disciplinare». E se si parlasse addirittura dell´obbligo dell´azione
disciplinare per il Csm, così come prospettata dal presidente della
commissione Giustizia, Antonino Caruso (vedi in arretrati del 2 ottobre
2003)? «Potremmo anche essere d´accordo - ha continuato Chiarloni - ma
bisogna pur rendere riconoscibile l´illecito; le fattispecie così come
previste dall´articolo 7 del provvedimento sono assurdamente scritte, e
la Consulta non potrà non tenerne conto, sempre che questo articolo venga
mantenuto durante la discussione». In realtà il civilista è convinto
che l´articolo nel corso della discussione verrà abrogato: «non è
possibile che lo mantengano, è una bestemmia costituzionale e mi
meraviglio che il Pm Luigi Bobbio l´abbia scritto. Il Parlamento non lo
farà passare, ci sarà qualche parlamentare avvocato o magistrato che
sottolineerà questa assurdità». «È avvilente - ha concluso Chiarloni
- dover mettere nero su bianco e dover puntualizzare certe cose».
Ma tra coloro che hanno preso l´iniziativa della protesta
"telematica" non tutti sono contrari alla tipizzazione degli
illeciti disciplinari. «Io personalmente sono contrario - sostiene Paolo
Ferrua, professore di procedura penale all´Università di Torino - perché
basterebbe una formulazione generica per contenere tutta quella sfilza di
illeciti previsti dall´articolo 7. Tutte i punti dell´articolo poi, si
concludono sempre con una formula generica, tanto valeva lasciarne una
sola e togliere tutto il resto». O meglio, secondo l´ordinario di
procedura penale «sarebbe bastato lasciare gli illeciti previsti dal
punto tre dell´articolo e sopprimere completamente il punto sette, anche
perché l´interpretazione della legge in sede di illecito disciplinare
sarà difficile da stabilire». (p.a.)
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L'appello e' consultabile, unitamente all'elenco dei
firmatari (peraltro non aggiornato) all'indirizzo.
http://www.ordinamentogiudiziario.org/appello.htm
<http://www.ordinamentogiudiziario.org/appello.htm>
Allo stesso indirizzo e' possibile pure esprimere la propria adesione
Per eventuali richieste di chiarimenti potete rivolgersi ai seguenti due
numeri:
Sergio Chiarloni: 338 17404095
Paolo Ferrrua: 338 3603686
Le adesioni possono essere inviate preferibilmente al sito www
ordinamentogiudiziario.org oppure
al fax n° 011/812.75.53
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