IN DIFESA DEI DIPENDENTI REGIONALI
La Toscana si ribella a Brunetta
Mario Lancisi
Legge contro i tagli ai permessi, restano le decurtazioni per
malattia
FIRENZE. La Regione farà una legge anti-Brunetta.
Lo ha promesso il vicepresidente Federico Gelli ad una delegazione
di dipendenti regionali. Giù le mani dalla Casta? «Macché Casta,
sarà una legge per cancellare le norme di Brunetta che violano
sacrosanti diritti dei lavoratori», spiega Gelli.
«Un conto è colpire i fannulloni e tutt’altra cosa è buttare via con
l’acqua sporca anche il bambino», si accalora Gelli. Entro la fine
del mese la proposta di legge verrà presentata ai sindacati. Che
esultano: «Si tratta sicuramente di un fatto positivo. Ora speriamo
che la legge venga approvata e che non ci siano ricorsi e contese
con il governo centrale», spiega Andrea Brachi, responsabile della
Cgil toscana per la funzione pubblica.
Gelli sa bene di rischiare di sentirsi dire: «Ma cosa fai, difendi i
fannulloni?». Lui, però, incalza: «In Regione i fannulloni li
abbiamo sempre combattuti, motivando i dipendenti. La cura Brunetta
consiste invece nel combattere l’assenteismo tagliando stipendio e
diritti, anche di chi, ed è la stragrande maggioranza, fa il suo
dovere».
Diktat di Brunetta. Quella di Brunetta - la
cosidetta legge 133 - è in effetti una cura da cavallo: nei primi
dieci giorni di assenza per malattia ai dipendenti pubblici (in
Toscana sono 100mila circa, di cui 3.400 quelli regionali) viene
decurtata una parte dello stipendio. Decurtazione che viene
applicata anche a chi intende usufruire di diritti e permessi come
quelli politici e sindacali, il congedo per maternità, la donazione
di sangue, l’assistenza dei figli piccoli (vedi tabella a parte).
Malattia e permessi. La cura Brunetta è racchiusa
in due commi: l’1 riguarda la malattia e il 5 le assenze per
permessi, diritti e congedi di maternità. «Il comma 5 si presta a
varie interpretazioni e insiste su ambiti di competenza della
Regione, che pertanto può legiferare in materia. Cosa che non può
fare per il comma 1», spiega Massimo Rasile, responsabile autonomie
locali della Cgil toscana. Cerchiamo di capirci qualcosa. Partendo
dal primo comma della legge Brunetta.
E’ vero che sono diminuite le assenze per malattia (vedi articolo a
parte). Ma la ragione non è l’effetto annuncio di Brunetta, ma il
timore di perdere un bel gruzzolo di euro a fine mese. Se un
dipendente infatti si ammala, nei primi dieci giorni gli viene
decurtata la parte variabile dello stipendio. «Una decurtazione che
per una giornata di malattia può oscillare dai 20 ai 120 euro, a
seconda se uno fa il commesso o il dirigente», spiega Gelli.
Mezzo stipendio perso. Esempi? Luisa Forni (nome di
comodo) è una dirigente che in busta paga guadagna 3400 euro e si
vede decurtati 140 euro al giorno. Per dieci giorni sono mezzo
stipendio. Si racconta anche di un dirigente che si è fatto male ad
una gamba in servizio, ha avuto 20 giorni di malattia e alla fine
del mese in busta paga si è ritrovato con la brutta sorpresa di 900
euro in meno. «Basta prendere un’influenza e si vede la busta paga
ridotta. In tempi di crisi economica è un colpo inaccettabile al
livello salariale dei pubblici dipendenti», spiega Brachi. Che
riferisce di una dipendente che doveva stare a casa due giorni per
una scintilligrafia ossea: «E’ andata a lavorare lo stesso perché
guadagna 1200 euro e non poteva perderne 80».
Permessi decurtati. Poi c’è il comma cinque. Quello
delle assenze giustificate. Per ragioni politiche: un dipendente che
ad esempio è consigliere comunale. Per ragioni sindacali: la
partecipazione ad assemblee. Per congedo maternità. Per assistere
bimbi piccoli. Per donare il sangue. Brunetta non cancella i
permessi e i diritti, ma lo stipendio. O meglio la parte variabile
(indennità eccetera). Un esempio? Andrea Orlandi, autista di Gelli:
«Sono andato due volte a donare il sangue e mi sono visto lo
stipendio decurtato di 40 euro».
Su cosa si basa la legge. E’ su questa parte della
legge Brunetta, che si presta peraltro a diverse interpretazioni
(c’è chi fa il duro e chi meno), che la Regione intende intervenire.
«Pensiamo di poterlo fare in nome del principio dell’autonomia
dell’organizzazione del personale. Che è competenza della Regione»,
assicura Gelli.
Ora la parola è ai giuristi regionali. Dovranno elaborare un testo
per «depotenziare gli effetti della legge Brunetta» che non presti
il fianco a possibili ricorsi da parte del governo nell’ennesimo
braccio di ferro tra Roma e Firenze...
http://espresso.repubblica.it/dettaglio-local/la-toscana-si-ribella-a-brunetta/2079734