N egli ultimi mesi, politici di vari schieramenti dimostrano
interesse per la condizione dei disoccupati in età matura costretti
ad attendere anni, privi reddito, il raggiungimento dei requisiti
per la pensione. In Parlamento e in alcuni Consigli regionali si
sono avanzate proposte di legge con l obiettivo di frenare l
espulsione di questi lavoratori dalle aziende e di individuare
strumenti idonei a reintegrare coloro che vivono la condizione di
disoccupati. Una breccia si sta aprendo nel silenzio che per anni ha
colpevolmente ignorato il dramma di molti concittadini. Ma all
impegno sul fronte delle misure per garantire il diritto al lavoro
corrisponde un totale rifiuto della politica di prendere atto della
necessità di un parallelo intervento sul fronte previdenziale. Le
riforme delle pensioni, approvate a partire dal 1995, e la
successiva applicazione «elastica» delle nuove normative, hanno
creato gravissime condizioni di discriminazione nel Paese in aperto
contrasto con il dettato costituzionale. Per anni e ancora in questi
giorni, quando il sistema impresa ne ha necessità, si ricorre a
decreti legge ad hoc per prepensionare migliaia di lavoratori con
30-32 anni di versamenti contributivi e indipendentemente dalla loro
età anagrafica. Ma che succede invece a chi è licenziato
individualmente, costretto alle dimissioni con il mobbing, la
dequalificazione profes- sionale o con varie forme di incentivo?
Qualche esempio reale raccolto dalla nostra associazione: un
lavoratore 55enne con 35 anni di contributi versati perde il lavoro.
Privo di reddito dovrà attendere il compimento dei 57 anni d’età
per avere la pensione. Immaginiamo ora lo stesso lavoratore che
perde il posto di lavoro a 55 anni ma ha solo 33 anni di versamenti.
Non riesce a ricollocarsi e non ha quindi un reddito sufficiente per
pagare i contributi volontari. Avrà la pensione tra 10 anni, al
compimento dei 65 anni. E se il lavoratore avesse 52 anni, la sua
attesa sarebbe di 13 anni, 13 anni senza reddito. A differenza dei
suoi colleghi «più fortunati», prepensionati in quanto vittime di
processi di ristrutturazione che coinvolgono migliaia di lavoratori;
per lui non ci saranno decreti legge e ammortizzatori sociali ma
solo il disinteresse delle istituzioni. Di fronte a queste
discriminazioni crediamo che istituzioni, politica e sindacati
debbano smetterla di fingere di non vedere, di non sapere il dramma
personale e familiare di migliaia di persone. *presidente
Associazione per la tutela dei diritti acquisiti dei lavoratori
Atdal .
Sito Internet: www.atdal.it. E.mail: atdalit@yahoo.it. Tel.
333.3937.710 giorni feriali 15-18 . Fax 02.2822.423.