Dott. Francione il “Processo Breve” è una
surroga del Lodo Alfano?
Se non è zuppa è pan bagnato. E’ evidente che il
disegno di legge all’esame del Parlamento (DDL
Senato 12.11.2009) spazzerà via in qualche modo
tanti processi, soprattutto quello di corruzione, a
carico del Premier. Intendiamoci, il DDL sul
processo breve nasce da un’esigenza apparentemente
giusta poiché si richiama alla tutela del cittadino
dalle lungaggini della giustizia. Ma già la Sesta
commissione del Csm ha bocciato il DDL ritenendolo
incostituzionale perché è in contraddizione o,
comunque, non conforme a quanto sancito dagli
articoli 24 e 111 della Costituzione Italiana e
dall'articolo 6 della Convenzione UE. Infatti,
ponendo termini perentori alla conclusione del
processo, impedisce che nei casi più complessi si
possa arrivare all'accertamento delle
responsabilità. Inoltre crea disparità di
trattamento irragionevoli, escludendo dalla nuova
disciplina alcuni reati come quelli d’immigrazione e
i recidivi. Il DDL sul processo breve, infine, nel
differenziare imputati incensurati e non, causerà
(cito la sesta commissione del CSM) "l'inevitabile
trattazione differenziata dei processi". Una
situazione che "determinerebbe un'assurda
proliferazione dei processi, capace, da sola, di
favorire la paralisi dell'attività giudiziaria già
gravata da ritardi e inefficienze del sistema".
Siamo al paradosso. Per accelerare la giustizia, la
si paralizza.
Quali saranno in concreto i vantaggi e quali
gli svantaggi del Processo Breve?
Vantaggi. E’ un’autentica amnistia processuale che
spazza via reati bagattellari per i quali però
s’imporrebbe una decriminalizzazione all’origine e
basta. Quei reati sorgono come i funghi. Uno ne
prescrivi e altri mille ne nascono.
Svantaggi. Il DDL, assieme alla legge ex Cirielli,
rischia di azzerare i processi per corruzione come
annota la Sesta Commissione del Csm. "L'intreccio
tra i due sistemi prescrizionali, l'uno con un
periodo breve per l'estinzione del reato e l'altro
che prevede un termine breve per la conclusione dei
processi - si legge nel parere - rischia di
vanificare ogni sforzo nella lotta alla corruzione,
reato che assai gravemente incide sulla correttezza
della pubblica amministrazione, sulla tenuta del
bilancio pubblico e sull'affidabilità economica del
Paese". Ora qui c’è un’irrazionalità di fondo che
va al di là di questa prescrizione breve e si
sostanzia nel conflitto d’interesse che, mai
disciplinato, porta a mostruosità come quella in
atto dove un’alta carica dello Stato, il Premier, si
trova implicato in un processo di corruzione e deve
legiferare in pratica per annullare quel processo a
suo carico. Altro che lodo Alfano! Qua bisognerebbe,
in nome dell’eunomia, creare un lodo Solone!
Chi era Solone e cosa c’entra con queste
vicende politiche italiane?
Solone fu un grande legislatore ateniese. Utilizzò
per la prima volta il termine eunomia nel suo
Discorso sul Buon Governo, tenuto ad Atene nel 594
a.C. Nella politica soloniana, il termine indica il
buon ordinamento che avrebbe consentito alla
comunità della polis di vivere in pace e stabilità,
evitando le guerre civili causate dall'ingiustizia e
dall'abuso di potere, soprattutto da parte degli
aristocratici. Solone scrisse anche un'opera
chiamata Eunomia, in cui narrava gli esiti sulla
popolazione del buongoverno e del malgoverno. I
membri del CSM assumono qui la parte di Solone
agente “a cose fatte” e ricordano che l’attuale
sistema escogitato "non è conforme alla tendenza
espressa dalle fonti sovranazionali", quali la
Convenzione Onu contro la corruzione, adottata nel
2003: la 'ratio' dell'articolo 29 contenuto in essa,
infatti, è quella "di garantire l'effettiva
celebrazione dei processi in materia di corruzione".
Più in generale il conflitto d’interesse economico,
politico, sociale che impedirebbe a qualunque
cittadino superpotente di gestire la cosa pubblica
trova il suo fondamento nell’art. 3 della Cost. che
afferma l’uguaglianza dei cittadini davanti alla
legge soprattutto in riferimento (per quel che ci
riguarda) alle “condizioni personali e sociali”. Al
2 co. Sempre l’art. 3 Cost. recita: “È compito della
Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale, che, limitando di fatto la
libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono
il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del
Paese”. E’ evidente che uno strapotere
politico-economico-sociale come quello del Premier
va in contrasto con la norma costituzionale che
tende a rendere effettiva l’equiparazione dei
soggetti davanti alla legge. Paghiamo ora le
conseguenze, le assurdità della mancata attuazione
in politica dell’art. 3 della Costituzione quanto al
conflitto d’interesse, colpa attribuibile a tutte le
forze dell’arco costituzionale.
Il nostro Premier soffre di manie di
persecuzione o davvero in Italia ci sono giudici di
destra e giudici di sinistra?
Qui vale quel che io chiamo il paradigma di Stendhal
ovvero la giustizia dei Rossi e dei Neri. Il premier
ritiene che ci sono toghe politicizzate? Le toghe
sono tutte politicizzate! Rosse o nere che siano,
perché non si limitano ad applicare la legge ma la
interpretano. Se interpretano la legge a favore dei
deboli, come richiede l'art. 3 2° co. della
costituzione, sono politicizzati. Se interpretano la
legge dei forti conservandola per i forti sono
politicizzati lo stesso. E' evidente, d'altro canto,
che ai forti non piacciono i giudici rossi, ma se li
devono tenere perché così richiedono la costituzione
e la democrazia.
Lei che è stato tanto tempo in magistratura,
ha mai conosciuto dei giudici che si lasciavano
influenzare dal colore politico nell’emettere la
loro sentenza?
Tutti! Il giudice non può far a meno della sua
Weltanschauung (concezione del mondo) e in essa è da
ricomprendersi la sua visione politica del mondo.
Ribadisco quanto ho detto prima: non ci può essere
un giudice anodino, mera bouche de la loi, perché il
giudice fa esegesi della legge e interpretandola,
utilizza i suoi background, personali, politici,
economico-sociali.
Nell'attuale sistema giudiziario italiano
uno dei punti cruciali è la durata esasperante dei
processi. Se passa il Processo Breve però si correrà
il rischio di far saltare buona parte di questi
processi. Non c'è una via di mezzo?
Sì decriminalizzare a tutto spiano cominciando dai
reati bagattellari (contraffazioni, contrabbando
sigarette, reati connessi al peer to peer e al
copyright, reati connessi allo stato di straniero
etc.) per arrivare alla legalizzazione delle droghe
che da sole portano dentro almeno 15.000 persone.
Le droghe vanno combattute con la cultura e
sottraendo alla criminalità organizzata del mondo il
mercato dello stupefacente oggi assai lucroso
proprio perché la sostanza è illegale. L’estasi
artificiale va gestita, controllata, combattuta
attraverso lo stato capace di far emergere il vizio
per salvare milioni di giovani alla luce del sole
con la terapia giusta.
Ho sentito da più voci che i PM non possono
dettare l'agenda politica. Secondo questa logica
allora un uomo politico ha delle priorità che
vengono prima del diritto di uguaglianza?
Assolutamente no. I politici dovrebbero dare
l’esempio ed essere messi immediatamente fuori gioco
quando ci siano reati gravi a loro carico. Non si
può consentire che il denaro pubblico sia in mano ad
una persona incriminata per corruzione. Bisogna
sospenderla se votata. Creare una corsia
preferenziale per un processo immediato e, solo dopo
che il parlamentare sarà stato assolto, verrà
reintegrato con tutti gli onori ed eventualmente
fatto santo. Se credente.
E' d'accordo sul Legittimo Impedimento?
No. La risposta è insita in quanto detto prima. Non
è con le leggi ad personam che si danno risposte
concrete ed efficaci ai problemi che attanagliano la
giustizia. Il legittimo impedimento per il Premier,
i Ministri e i Parlamentari a comparire nelle
udienze è una forma "di un'immunità contraffatta".
Quelle cariche al contrario devono comparire
immediatamente davanti ai giudici per chiarire la
loro posizione e ritornare a governare senza alcuna
ombra.
Perché la "ratio" della separazione delle
carriere tra PM e Giudici è così importante per
l'attuale Governo?
Si dice che si tenderebbe a sottomettere il P.M.
all’esecutivo. E’ un pericolo ma al riguardo c’è già
una norma costituzionale che equipara difesa e
accusa. L’art. 111 2° co. afferma: “Ogni processo si
svolge nel contraddittorio tra le parti, in
condizioni di parità, davanti a giudice terzo e
imparziale”. Io sono favorevole alla separazione
delle carriere perché ora quella parità non c’è e
non è giusto che i giudici facciano corpo unico con
le procure.
Una volta separate le carriere, affidando a
due diversi organismi funzioni giudicanti e
requirenti, cosa succederà?
Intanto si creerà una netta scissione tra giudicanti
e requirenti il che porterà il giudice ad avere una
maggiore autonomia, quella che richiede la
costituzione. Pensi che nei consigli giudiziari è
ancora presente la procura il che, secondo me, crea
ingerenza non consona negli affari dei giudici da
parte della procura. Un giudice ad. es. potrebbe
essere inviso al procuratore perché “assolve troppo”
tanto da compromettergli la carriera che, invece, va
valutata in rapporto ai criteri oggettivi del
decidere non dell’assolvere o del condannare. In
contraltare non c’è un’adeguata rappresentanza di
pari peso degli avvocati nei consigli giudiziari.
Da chi potrebbero dipendere i PM?
Da se stessi. Comunque rigorosamente scissi
dall’esecutivo.
La separazione delle carriere può essere un
presupposto dell'indipendenza dei Giudici?
Per l’art. 111 della Cost. è fondamentale.
Il settore giustizia va riformato secondo
lei? E che modifiche andrebbero fatte?
Sto portando avanti un Movimento per il
Neorinascimento della Giustizia. Ci battiamo per una
nuova giustizia che, decriminalizzando su tutta la
linea i reati bagattellari, sostituisca al
medioevale diritto penitenziale fondato sulla
punizione, il nuovo diritto medicinale, basato su
cura, sanzioni e misure di sicurezza per la
repressione dei reati con l'ausilio delle nuove
tecnologie, della psicoterapeutica, e grazie
all'estensione del controllo dei devianti
direttamente sul territorio. Nel crimine, in
prospettiva neoumanistica, non dovrà più contare
quello che si è fatto, ma perché lo si è fatto e
quale il rimedio per prevenire e guarire.