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http://www.giurcost.org/decisioni/1980/0188s-80.html

SENTENZA N.188

ANNO 1980

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI  Presidente

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riunit di legittimità costituzionale degli artt. 125 e 128 codice procedura penale promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 30 novembre 1978 dal pretore di Torino nel procedimento penale a carico di Lintrami Arialdo ed altri, iscritta al n. 251 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 154 del 6 giugno 1979;

2) ordinanza emessa il 14 marzo 1979 dal Giudice Istruttore del Tribunale di Monza nel procedimento penale a carico di Melotti Lucio ed altri, iscritta al n. 430 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 210 del 1o agosto 1979;

3) ordinanza emessa il 10 aprile 1979 dalla Corte di Assise di Cuneo nel procedimento penale a carico di Bartoli Francesco ed altri, iscritta al n. 447 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 217 dell'8 agosto 1979;

4) ordinanza emessa il 5 aprile 1979 dal Tribunale di Torino nel procedimento penale a carico di Panizzari Giorgio ed altro, iscritta al n. 454 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 210 del 1o agosto 1979.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 dicembre 1980 il Giudice relatore Alberto Malagugini;

udito l'avvocato dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - Le questioni di costituzionalità proposte con le quattro ordinanze in epigrafe si riferiscono alle medesime disposizioni di legge (gli artt. 125 e 128 cod. proc. pen.) e, perciò, le relative cause, trattate congiuntamente, possono essere riunite e decise con unica sentenza.

2. - Con la sentenza n. 125 del 1979 questa Corte ha, dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Pretore di Torino e dal Tribunale di Cuneo con riferimento agli artt. 2 e 24 Cost., degli artt. 125 e 128 cod. proc. pen. nella parte in cui impongono la nomina di un difensore d'ufficio anche all'imputato che rifiuti qualsiasi assistenza.

Premessa la portata generale della categorica affermazione nell'art. 24 Cost. del diritto < inviolabile > di difesa, la citata sentenza ha osservato come manchi, nel testo costituzionale, una specificazione cogente dei modi di esercizio di tale diritto; con la conseguenza che spetta al legislatore, considerate le peculiarità strutturali e funzionali ed i diversi interessi in gioco nei vari stadi e gradi del procedimento, il dettare le concrete modalità per l'esercizio del diritto di difesa, alla condizione, s'intende, che esso venga, nelle diverse situazioni processuali, garantito a tutti su un piano d'uguaglianza ed in forme idonee. Ora, la possibilità di una piena difesa personale appellandosi alla quale si contesta l'obbligatorietà della di fesa tecnica d'ufficio è riconosciuta all'imputato in tutto il corso del dibattimento ed a conclusione di esso (artt. 443 e 468, terzo comma, cod. proc. pen.) incontrando soltanto il limite intrinseco della pertinenza delle dichiarazioni rispetto al giudizio, oltre ai limiti generali costituzionalmente posti alla libertà di manifestazione del pensiero (estendendosi, peraltro, anche all'imputato l'esimente di cui all'art. 598 cod. pen.).

Quanto alla difesa tecnica, l'obbligatorietà della nomina del difensore non significa affatto un vincolo a svolgere determinate attività processuali; ma significa semplicemente, secondo la sentenza n. 125, predisposizione astratta di uno strumento ritenuto idoneo a consentire, in qualsiasi momento, l'esercizio del diritto inviolabile e come tale irrinunciabile di difesa, senza pregiudizio dell'elasticità dei rapporti fra imputato e difensore e soprattutto senza pregiudizio della piena autonomia delle scelte difensive, positive o negative, la cui incoercibilità rappresenta, oltre che un dato di fatto, l'immediato risvolto dell'inviolabilità del diritto in questione.

3. - Lo stesso Pretore di Torino ripropone ora le medesime questioni già esaminate e respinte dalla sentenza n. 125/79, richiamandosi alla propria precedente ordinanza di rimessione, senza aggiungere nuove considerazioni.

Ne consegue che la questione sollevata dal Pretore di Torino con l'ordinanza 30 novembre 1978 (n. 251 /79) va dichiarata manifestamente infondata.

4. - Le restanti ordinanze del Giudice istruttore presso il Tribunale di Monza (14 marzo 1979, n. 430/79), della Corte di Assise di Cuneo (10 aprile 1979, n. 447 del 1979) e del Tribunale di Torino (5 aprile 1979, n. 454/79) pongono anzitutto la questione di legittimità costituzionale degli articoli 125 e 128 cod. proc. pen. (l'ordinanza 430/79 del solo art. 128 c.p.p.) con riferimento all'art. 24 Cost., da interpretarsi pero, ad avviso dei giudici a quibus, alla luce dell'art. 6 comma terzo lett. c) della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, recepita nell'ordinamento interno italiano a far tempo dal 26 ottobre 1955, data di deposito dello strumento di ratifica, autorizzato con legge 4 agosto 1955 n. 848.

Sotto questo stesso profilo viene anche invocato l'art. 14, n. 3 lett. d) del Patto internazionale sui diritti civili e politici ratificato dalla Repubblica Italiana con legge 25 ottobre 1977 n. 881 (ord. della Corte di Assise di Cuneo, n. 447/79), mentre con distinta, ma collegata, prospettazione viene denunziata la violazione degli artt. 10 e 11 Cost. (ord. 14 marzo 1979 del G.I. del Tribunale di Monza n. 430/79), sempre con riferimento alle succitate disposizioni della Convenzione Europea e del Patto internazionale che vengono assunte di per sè a parametri del giudizio di costituzionalità nell'ordinanza 5 aprile 1979 del Tribunale di Torino (n. 454/79).

5. - Le questioni così prospettate non sono fondate.

Fermo il carattere generale della norma di cui all'art. 24, secondo comma Cost., intesa a garantire l'esercizio della difesa in ogni stato e grado di qualunque procedimento giurisdizionale, e ferma la conseguente legittimità di scelte legislative, anche differenziate, intese a disciplinare le modalità di esercizio del diritto di difesa, nel senso chiarito da ultimo nella sentenza 125 del 1979, le prospettazioni dei giudici a quibus pongono in definitiva un duplice problema: di gerarchia delle fonti normative, da un lato, e dell'ambito di operatività dell'art. 10 Cost. dall'altro.

Sotto il primo profilo, la Corte condivide il prevalente orientamento della dottrina e della giurisprudenza per il quale, in mancanza di specifica previsione costituzionale, le norme pattizie, rese esecutive nell'ordinamento interno della Repubblica, hanno valore di legge ordinaria.

Resta così esclusa la stessa prospettabilità, per questo aspetto, di una questione di legittimità costituzionale, tanto più quando (ord. 454/79) le disposizioni convenzionali vengono poste, di per sè sole, quali parametri di giudizio.

Né va trascurata la disposizione di cui all'art. 2 paragrafo 2 del citato Patto internazionale, ai sensi del quale: < Les Etats parties au present Pacte s'engagent à prendre, en accord avec leurs procedures constitutionnelles et avec les dispositions du present Pacte, les arrangements devant permettre l'adoption de telles mesures d'ordre legislatif ou autre, propres à donner effet aux droits reconnus dans le present Pacte qui ne seraient pas dejà en vigueur >.

Si può, ancora ed infine, ricordare che le disposizioni di cui all'art. 6 n. 3 lett. c) della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, a mente delle quali < Tout accusè a droit notamment a: c) se defendre lui-meme ou avoir l'assistance d'un defenseur de son choix et, s'il n'a pas les moyens de remunerer un defenseur, pouvoir etre assistè gratuitement par un avocat d'office, lorsque les interets de la justice l'exigent >; non sembra suscettibile della interpretazione presupposta dalle ordinanze di rinvio.

Invero, la disposizione in parola vuole concorrere alla definizione di un < giusto processo >, di un < equo processo > fondato, tra l'altro, sulla uguaglianza delle parti, sulla < egalitè des armes >, come si è espressa la Commissione Europea dei diritti dell'uomo. E la Commissione stessa ha avuto occasione di affermare che il diritto all'autodifesa non è assoluto, ma limitato dal diritto dello Stato interessato ad emanare disposizioni concernenti la presenza di avvocati davanti ai Tribunali (ric. 722/60). La medesima Commissione, esaminando un ricorso contro uno Stato il cui ordinamento interno impone la rappresentanza di un avvocato di fronte al Tribunale superiore, ha ritenuto che la disposizione in esame non obbliga gli Stati contraenti a garantire agli imputati una assoluta libertà di accesso ai Tribunali di ultima istanza e che nulla si oppone ad una diversa disciplina purché emanata allo scopo di assicurare una buona amministrazione della giustizia (Ric. 727/60 e Ric. 722/60). Interpretazioni, queste, che sembrano perfettamente coerenti con il principio di cui all'art. 24, secondo comma Cost. nella lettura datane da questa Corte con la sent. n. 125 del 1979.

Sotto il secondo profilo questa Corte non può che ribadire la propria costante giurisprudenza che esclude le norme internazionali pattizie, ancorché generali, dall'ambito di operatività dell'art. 10 Cost. (sent. 48/79; 32/60; 104/69; 14/64) mentre l'art. 11 Cost. neppure può venire in considerazione non essendo individuabile, con riferimento alle specifiche norme pattizie in esame, alcuna limitazione della sovranità nazionale.

6. - Infondata è pure la questione di legittimità costituzionale degli artt. 125 e 128 cod. proc. pen. sollevata con riferimento all'art. 2 Cost.

Sul punto basta, infatti, richiamare motivazione e conclusioni della sentenza n. 125/79, ribadendo che i diritti fondamentali inviolabili, riconosciuti dall'art. 2 Cost., sono quelli ricollegati alle specifiche norme costituzionali concernenti singoli diritti e garanzie. Nella specie, non ravvisandosi alcuna lesione del diritto (quello di difesa personale) direttamente implicato, ne consegue che nessuna lesione della personalità dell'imputato, e nemmeno un'alterazione della sua immagine ideale può derivare dall'obbligo in sè dell'assistenza del difensore nel giudizio penale.

7. - Il G.I. del Tribunale di Monza dubita della legittimità costituzionale dell'art. 128 c.p.p. anche in riferimento all'art. 3 Cost. assumendo che la disposizione processuale in esame escluderebbe l'uguale capacità di autodifesa di ciascuno.

L'assunto non è fondato, posto che la disciplina processuale e certamente uguale per tutti i soggetti che versano in identiche situazioni escludendo per tutti (eccettuati gli imputati di pochissimi reati bagatellari) l'autodifesa esclusiva.

8. - Lo stesso giudice denuncia infine una pretesa violazione dell'art. 21 Cost. poiché la norma dell'art. 128, primo comma cod. proc. pen. negherebbe < la libertà assoluta di esprimere le idee necessarie a respingere in maniera personale l'attacco portato alla propria libertà attraverso l'esercizio del l'autodifesa >.

La questione è infondata. All'interno del processo, le libertà costituzionali si specificano (nel contenuto, nei fini, nei limiti) come esplicazione del diritto di difesa garantito dall'art. 24 Cost. La libertà di manifestazione del pensiero e quindi all'imputato riconosciuta, in tutta l'estensione richiesta dalla inviolabilità della difesa, e con il correlativo limite logico della pertinenza al processo e dell'inserzione nelle forme processuali previste.

Rispetto all'esercizio di tale libertà, la presenza o assenza di un difensore tecnico nulla toglie né aggiunge; e comunque anche i rapporti fra difesa personale e tecnica, con le rispettive < manifestazioni di pensiero >, trovano il loro riferimento costituzionale nell'art. 24 Cost., come problemi di assetto di diritti ed attività aventi un fine istituzionale specifico.

Anche l'art. 21 Cost., definente l'ambito generale della libertà d'espressione, non viene dunque in autonoma considerazione e nulla può aggiungere agli spazi di libertà, anche di espressione personale dell'imputato, concretanti l'inviolabile diritto di difesa ex art. 24 Cost.

Quest'ultimo disposto costituzionale segna insieme il contenuto di piena libertà di argomentazione ed i limiti di < pertinenza > al processo art. 443 c.p.p. delle attività processuali anche consistenti in < manifestazioni del pensiero >.

9. - Mentre la maggior parte delle ordinanze di rimessione già esaminate con la sentenza n. 125/79 o attualmente in esame riguardano casi di rifiuto globale della difesa e del processo, l'ordinanza n. 430 del 1979 del giudice istruttore presso il Tribunale di Monza riguarda un caso in cui l'imputato aveva positivamente chiesto di autodifendersi. Tale diversa situazione processuale non ha influito sulle argomentazioni del giudice a quo, e comunque non può incidere sulla soluzione delle prospettate questioni di costituzionalità. Il cosiddetto < rifiuto del processo > e della giustizia del nostro Stato è un atteggiamento tutto politico di alcuni imputati, che di per sè non può assumere alcun rilievo formale rispetto al corso, alle forme, alle garanzie ed all'attuazione anche coercitiva della giustizia penale. Nella logica dell'ordinamento giuridico, rifiuto di difendersi e volontà di autodifendersi sono ugualmente qualificabili come scelte, non importa se attive o negative, concernenti il modo di avvalersi dei diritti inviolabili e irrinunciabili, che l'ordinamento (indipendentemente dagli atteggiamenti verso di esso) ricollega alla formale posizione di imputato.

Né l'uno né l'altro tipo di scelta è pregiudicato dalla nomina obbligatoria del difensore d'ufficio, posto che questa non incide in nessun modo sulla partecipazione (o non partecipazione) dell'imputato al processo, non ne impegna la personalità, ed è in ogni caso preordinata alla completezza del contraddittorio processuale, nell'interesse dell'imputato stesso ed in modi che, pur non definiti da norme processuali vincolanti, non possono non tenere conto delle scelte defensionali del vero titolare del diritto di difesa, appunto l'imputato.

10. - Il Tribunale di Torino (ord. 454/79) pone < incidentalmente > questione di legittimità costituzionale degli artt. 125, primo comma e 128, primo comma c.p.p. in riferimento all'art. 3 Cost., in quanto nella ipotesi di cui agli articoli 666 e 667 cod. pen. l'autodifesa esclusiva è consentita con riferimento alle ipotesi aggravate ed esclusa, invece, quando l'imputazione sia un reato non circostanziato.

La questione è inammissibile per la sua totale irrilevanza nel giudizio a quo, in cui le imputazioni contestate sono quelle di cui agli artt. 337 e 635 cod. pen.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 125 e 128 cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 2 e 24 Cost. sollevata dal Pretore di Torino con l'ordinanza 30 novembre 1978;

2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 125 e 128 cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 11, 21 e 24 Cost. nonché agli artt. 6, n. 3 lett. c) della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo e 14, n. 3 lett. d) del Patto internazionale sui diritti civili e politici sollevate dal G.I. del Tribunale di Monza, dalla Corte di Assise di Cuneo e dal Tribunale di Torino con le ordinanze indicate in epigrafe;

3) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 125 e 128 cod. proc. pen. in riferimento all'art. 3 Cost. sollevata < incidentalmente > dal Tribunale di Torino con l'ordinanza 5 aprile 1979.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16/12/80.

Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA -  Edoardo  VOLTERRA – Michele  ROSSANO – Antonino  DE STEFANO – Leopoldo  ELIA – Oronzo REALE - Brunetto  BUCCIARELLI DUCCI – Alberto  MALAGUGINI – Livio  PALADIN – Arnaldo  MACCARONE – Antonio  LA PERGOLA – Virgilio  ANDRIOLI – Giuseppe FERRARI

Giovanni  VITALE – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 22/12/80.