ANTIARTE GERUSALEMME
di
Agius & Francione
Per
la Stagione Estiva del Teatro dell'Opera gran successo per la prima del Gerusalemme
ideato da Beppe Menegatti, che ne cura anche la regia. La colonna sonora
è tratta da Giuseppe Verdi, con interventi dal vivo di Tullio De Piscopo alle percussioni. A cantare c'è
Loredana Berté, coi
danzatori guidati da Carla Fracci, nella
splendida coreografia di Luc Bouy, alimentata dai primi Ballerini e Corpo
di Ballo del Teatro dell'Opera.
Lo
spettacolo, che ha riferimenti alla tragedia dell'undici settembre e alla
guerra israelo-palestinese, è
particolarmente impegnato e carico di suggestioni.
I
gruppi si muovono leggiadri, impalpabili, festosi, improvvisamente
sconvolti da cannoneggiamenti e fumi di guerra coi soldati che
intervengono in scena a cambiare i ritmi del balletto, della musica e
dell'azione. Anche nei momenti più tragici Arlecchino e Arlecchina, che
fanno da narratori simbolici, servono ad alleviare il dramma della storia
narrata, rappresentando lo spirito stesso del balletto che anche nei
momenti più drammatici deve mantenere il senso della leggerezza.
Nell'avvento
del potere politico-religioso particolarmente inquietante
è una figura ieratica barbuta in caffettano e turbante che rievoca
Osama Bin Laden a raffigurare il momento guerresco mussulmano
della Gihad.
L'operazione
posta alla base del progetto dall'ottimo regista Menegatti è
essenzialmente antiartistica(http://antiarte.studiocelentano.it).
Uno
dei principi del movimento antiartistico è quello della riproducibilità
dell'opera con varianti all'infinito, attuabili sia da parte dello stesso autore che di altri artisti.
Gerusalemme è opera in tal senso con perfetto congegno di
riassemblaggio creativo, tale da generare opera collettiva autonoma e
nuova.
Opera
soprattutto multanime che parte dalle quattro liriche di Mario Luzi per
dispiegarsi nel linguaggio del corpo-balletto e dell'azione scenica,
sorretto da una colonna sonora antipodica. Si salta dalle musiche sublimi
di Giuseppe Verdi al rap
violento e alla
vocalizzazione senza canto della Berté in movimento efficace,
sincronizzato coi contenuti del narrare, il tutto sorretto dalle
percussioni, ora calibrate ora veementi del bravissimo De Piscopo.
Berté
è tutta carne e sangue ed è
stata perfetta nel suo ruolo
di Cantastorie. I suoi interventi segnano un rottura antiartistica dello
schema classico sia come stili musicali, essendo il sacro Verdi per così
dire violentato dal rap e dal rock, sia come interpretazione tale da
enfatizzare i momenti drammatici del racconto con sapienti e animati
vocalizzi.
Una
nota per Carla Fracci, la Madre-Zingara. Se l'antiarte è la negazione
della star nell'arte pura, la divina è
antidiva pronta a venire in scena a trionfare con la sua grazia
pura e a relegarsi con garbo in ultima linea, zingara tra le zingare.
Variazioni
continue nella coreografia giammai ripetitiva sottolineano le prestazioni
dei ballerini, tutti bravissimi, come pure
la bellezza delle scene e dei costumi curati da Elena Puliti.
Una
serie infinita di stelle sotto les étoiles che ammantano il cielo
di Caracalla per una serata davvero indimenticabile. Per renderla più
realistica sono passati anche
due aerei a rievocare con sinistri rombi il crollo delle torri di New
York, qui simbolicamente rappresentate dalle gigantesche strutture
diroccate delle antiche terme romane.
Il
successo di uno spettacolo si legge sul volto del pubblico che entra ed
esce. La gente che usciva da Gerusalemme aveva il viso illuminato di gioia
estetica e di emozione profonda.