LA LUPA DI MASSARO
di G. Francione
Stiamo seguendo da tempo il percorso tetrale di Deborah Massaro e dobbiamo rilevare che diventa sempre più brava, non solo come attrice, ma anche come regista.
L'ultimo lavoro l'ha vista impegnata al Teatro dei Contrari di Roma dal 26 al 30 ottobre con "La lupa" opera di Verga portata più volte anche sugli schermi cinematografici.
Massaro è riuscita a comporre in un'ora di spettacolo una tragedia che lo spazio piccolo del teatro ha amplificato, grazie anche alle belle musiche agresti di Appignani.
In paradosso la ristrettezza spaziale ha esaltato anche i tableaux molto sapienti coi contadini e contadine che fanno da sfondo al trio tragico della Lupa, che offre la figlia in sposa a Nanni, pur di averlo lei stessa, essendo da lei amato perdutamente.
Molto efficaci anche i controcampi come quello delle due contadine che mettono a posto i panni e tirano le lenzuola mentre si svolge l'azione principale.
Ben congegnati i giochi multipli di attori in scena, i duetti fondamentali tra i tre personaggi chiave fino ad arrivare all'azione singola, piena di pause e gesti simbolici, della giovane sposa che lavandosi sul secchio constata la sua perduta verginità.
Un'opera fosca, esaltata anche dall'interpretazione equilibrata eppur possente della Massaro nella veste della Lupa, sempre attenta a tendere le corde giuste nei crescendi, nelle pause, nelle escalation che fanno del personaggio verghiano una delle figure più drammatiche e inquietanti della letteratura del '900.
Peccato solo alcune figure stereotipe dejà vu in precedenti
rappresentazioni della stessa regista come le scene d'amore ad esempio,
per le quali siamo sicuri si ovverà nelle successive mis en
scène.
Unico vero neo, comunque, ineliminabile, è la tematica
antiquata. Invitiamo la regista a cercare nuove storie drammaturgiche
interpellando autori nuovi per portare avanti il teatro nuovo.