Eduardo,
Maestro di Camouflage
Di
Agius & Francione
La
compagnia stabile Scenari Paralleli
inaugura la stagione 2002-203 del Teatro
Centrale di Ostia con l’Arte
Della Commedia, forse
l’opera più forte di Eduardo De Filippo. Quanto meno è la più
in avanguard, inserita com’è nella vague del teatro dell’assurdo che
il drammaturgo partenopeo
trae dalla lezione di Pirandello, liberandosi dalle pastoie della
sceneggiata napoletana cui pure riuscì a dare dignità di grande opera.
Lo spettacolo è pregnante anche perché affonda nel sociale (tant’è
che fu censurato dalla televisione di Stato), perché la facile
comicità, pur presente, lascia spazio alla rabbia di una classe
sottomessa che si ribella al potere istituzionale ed attua la sua
esilarante quanto giusta vendetta.
La
carica provocatoria nasce dall’immagine speculare riflessa nel titolo,
il contrario cioè della Commedia dell'Arte. Qui non si ride per ridere,
ma si ride con l’amaro sulla bocca dell’artista che sputa, con la sua
mascheratura, il veleno che
ha in corpo contro l’autorità costituita come si rivela di primo
acchito già dalla trama.
Campese, capocomico
di una compagnia di guitti, si reca da De Caro, prefetto di un capoluogo
di provincia appena insediato, e gli espone i problemi della compagnia. I
due discutono sulla crisi del teatro, sul ruolo dell'attore, sui repertori
e infine sul rapporto tra finzione e realtà, manifestando profonde
divergenze. Campese invita il prefetto al suo spettacolo, sperando che la
presenza di un’autorità possa invogliare la gente ad andare a teatro;
De Caro, però rifiuta il ruolo di specchietto per le allodole e lo
congeda bruscamente. A questo punto Campese
si appropria di una lista di persone che devono essere ricevute e lancia
una sfida: sarà in grado De Caro di distinguere fra le persone reali e i
suoi attori travestiti?
Dal
prefetto si avvicendano le persone che avevano chiesto udienza presentando
i loro casi e lui, nuovo del luogo, non riesce a capire se sono reali o se
sono attori della compagnia. Gli sfileranno dinanzi,
difendendo le prerogative del proprio mestiere, un medico, una maestra, un
prete ma non sapremo mai quale è la vera identità di tutti: persone,
personaggi o attori. Nemmeno
quando arriva il Maresciallo che dovrebbe arrestare Campese.
Qui
scatta il colpo teatrale, l’altalena dell’essere e dell’apparire
che, giocata al massimo grado dai maestri del camuffamento, fa inghiottire
alla borghesia spocchiosa e presuntuosa il fiele della sua inutilità,
l’incongruenza di una struttura senza essenza. Il Prefetto,
rappresentante dello Stato, poi non rappresenta un bel nulla. In lui, sia come
funzionario che come cittadino, manca del tutto l’uomo i cui barlumi
vengono colti solo da questo capocomico alla vecchia maniera, disperato -
lui con la sua scassata
troupe familiare - dopo che il capannone
delle rappresentazioni si è improvvisamente bruciato, incenerendo i sogni
di sopravvivenza dell’intera compagnia. Come disse il Maestro Napoletano
nel corso d’una intervista rilasciata ad Enzo Biagi, nel 1977.:
"Teatro significa vivere sul serio quello che gli altri nella vita
recitano male".
La
messinscena di Perelli esalta la carica rabbiosa dell’opera, presentando un Eduardo diverso, pungente, decisamente
violento. La struttura dichiaratamente
metateatrale viene materializzata e scandita con un
ritmo reso incalzante dalle musiche e dalle canzoni dei 99 POSSE.
“I 99POSSE – sottolinea il giovane regista - rappresentano la realtà
musicale più immediata di un evidente disagio giovanile nei confronti
delle Istituzioni. Napoletani anch’essi, come il grande Eduardo, sono
espressione vera, musicalmente fantastici, di un disagio urbano ormai
diffuso. I nuovi cantori popolari, nel senso alto del termine, con le loro
canzoni aprono le nostre menti e spaccano i nostri cuori. Così come
questo testo di Eduardo volutamente tenuto in ombra da chi, da sempre,
detiene il potere culturale ufficiale in Italia”.
Molto compatta la compagnia aggirantesi, a sostenere i tagli
improvvisi dei brani musicali,
attorno al duetto Campese-Prefetto per mostrare la fine della Vita
nella Grande Magia del Teatro
Totale fatto di Parole, Luci e e
Suoni ma soprattutto di Truffe
dell’Essere e dell’Apparire.
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