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Hanno detto di SAIMIR: v
“E’ il
più bel film italiano presentato quest’anno al Lido” Mario
Sesti – Ciak v
“Munzi: è nato un regista.
Concretezza, senso dei personaggi, gran direzione degli attori fanno di Saimir un debutto eccellente.” Fabio
Ferzetti - Il Messaggero v
“Il film di Munzi ha il
sapore della verità; fissa sulla pellicola emozioni autentiche e le trasmette,
più di una volta, allo spettatore.” Roberto
Nepoti - La Repubblica v
“Un
piccolo grande film del debuttante Munzi.” Maurizio Porro -
Corriere della Sera v
“Facce esemplari che
sembrano ritagliate dalla realtà, quelle di Saimir, debutto da tenere
d’occhio.” Michele
Anselmi - Il Giornale v
“Con Saimir Munzi dimostra di saper vedere (e raccontare) una delle tante
storie di immigrazione che pervadono il nostro paese. Ambientato tra Ostia e
Roma racconta nei modi di un realismo rarefatto la formazione dolorosa di un
sedicenne albanese che segue il padre nel traffico di immigrati clandestini.” Dario
Zonta - L’Unità Cast
tecnico
Il film è stato sviluppato con il sostegno MEDIA
della Comunità Europea; sostenuto dal Programma “i2i” della Comunità
Europea. Il Film è stato riconosciuto d’Interesse Culturale Nazionale e
sostenuto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Cast
artistico
Sinossi Saimir ha sedici
anni. Originario di un villaggio dell’Albania centrale, vive ora in un
sobborgo degradato del lungomare laziale con il padre Edmond, che traffica
immigrati clandestini con i piccoli imprenditori agricoli della zona. Tra padre
e figlio c’è un rapporto difficile. Saimir mal sopporta le attività del
padre, ma non ha il coraggio né la forza di ribellarsi e continua suo malgrado
ad aiutarlo nei suoi trasporti notturni dalla costa adriatica. Edmond in realtà,
pur se con mezzi illeciti, sta cercando di rifarsi lentamente una nuova vita in
Italia. Sta mettendo da parte dei soldi sperando di poter aprire presto una
propria attività e di ricostruire, dopo la morte della moglie, una famiglia
insieme a Simona la sua compagna italiana che Saimir non riesce a non vedere
come un’intrusa. Nonostante i
suoi sforzi il ragazzo è incapace di creare un rapporto paritario con i suoi
coetanei italiani con i quali non riesce ad integrarsi e con Michela, la ragazza
di cui si è innamorato che lo tratta quasi con timore. Gli unici che sembrano
dargli confidenza sono un gruppo di amici rom che cominciano a coinvolgerlo in
azioni di piccola criminalità sempre più rischiose. Ma quando Saimir
scopre che, in cambio una ricompensa particolarmente alta, il padre ha accettato
di aiutare i suoi ricettatori ad introdurre una minorenne da avviare alla
prostituzione, il suo conflitto interiore esplode con tutta la sua violenza. Il ragazzo cerca di liberare la piccola schiava ma
è fermato dagli aguzzini che lo sottopongono ad una punizione esemplare. Solo
l’intervento del padre riesce a salvarlo. Ma neanche ciò può contenere ormai
la rabbia adolescenziale di Saimir, che finirà col trascinare verso un
drammatico epilogo tutti i protagonisti della vicenda. Note
di regia C’è
una lunghissima strada che unisce l’aeroporto di Tirana al centro della città. Le diverse persone che mi hanno accompagnato durante le mie trasferte in Albania, mi hanno raccontato che fino a pochi anni fa quella era una delle più belle strade del paese. Centinaia di alberi delimitavano il percorso quasi a voler dare il benvenuto ai forestieri che arrivavano nel paese via cielo. Chi raccontava, lo faceva con tale nostalgia che quasi si riusciva a vederlo quel percorso, ombroso e ventilato, nella valle circondata da montagne. Poi
la libertà, il crollo dal regime comunista e subito dopo la povertà, feroce. Tra
i tanti scempi e delitti che la fame ha provocato in quel paese, certamente tra
i meno gravi, è stata proprio la distruzione di quel bosco. Nei primi anni
’90, in Albania mancava persino l’energia elettrica ed il freddo assediava
le città. Serviva legna da ardere. Furono abbattute le centinaia d’alberi che
rendevano suggestivo quell’itinerario. Per
quanto mi abbiano convinto che ora questa strada non sia più nulla, io ne
conservo un bel ricordo. A me quella via ha portato fortuna. La stavo
percorrendo a ritroso per prendere l’aereo che mi avrebbe riportato in Italia.
Ero preoccupato. Dopo quasi tre settimane di soggiorno in Albania e di provini
nelle scuole di Tirana, non avevo ancora trovato il protagonista del mio film ed
il tempo a disposizione era finito. Avevo fatto sì qualche scelta, ma senza
convinzione. Dentro di me, nessuno dei ragazzini incontrati era quello giusto. Proprio
su quella strada, improvvisamente, qualcosa ci obbliga a fermarci. Inchiodiamo
l’auto per evitare l’incidente. Contromano, con una moto che faceva andare
su una ruota sola, un ragazzino tra i quindici ed i sedici anni, si ferma a due
metri dal nostro parabrezza. Era spaventato per il pericolo scampato, come noi,
però lo nascondeva bene. Aveva un viso furbo, insolente, ma allo stesso tempo
due occhi che rendevano indecifrabili i suoi pensieri e smentivano
l’atteggiamento esteriore. Chiesi
alla troupe di fermarci un momento. Dovevo parlare due minuti con quel
ragazzino. Accendemmo la telecamera. Due parole. Un’immediata sensazione di
sollievo. Ancora non ci credevo, ma avevo trovato Saimir. L’anima
ed i personaggi del film li devo ad un mio documentario precedente. In attesa
dei finanziamenti per “SAIMIR”, per un anno intero mi sono dedicato alla
realizzazione di un ritratto di una famiglia rom. Il mio obiettivo era
raccontare il rapporto tra i figli ed i padri, tra le nuove e le vecchie
generazioni, capire qualcosa in più sul modo di pensare di chi è tagliato
fuori. Quasi
ogni giorno andavo in un campo nomade romano e facevo nuove conoscenze (in due
casi sono diventati anche amicizie) cercando di superare la continua diffidenza
e ostilità che incontravo in quel posto. Dopo
qualche mese ero abbastanza soddisfatto. Sapevo che la materia era ricchissima e
avevo raggiunto un’estrema confidenza con i giovani di quella famiglia. Mi
sembrava di carpire i legami affettivi, ma anche gli elementi di tensione che
percorrevano i membri dello stesso clan, le mentalità e le reali difficoltà di
chi vive ai margini. Di capire come nascono i comportamenti devianti. Erano loro
a spiegarmi tutto e lo facevano dall’interno, con motivazioni e ragionamenti
assolutamente validi e coinvolgenti. Dopo
sei mesi avevo assunto il loro punto di vista. Mi sentivo pronto per iniziare le
riprese. Mini troupe, tre persone, il minimo indispensabile per assicurare al
lavoro uno standard di qualità. Arrivato
alla seconda settimana di riprese ero in preda allo sconforto. Non riuscivo a
filmare nulla. Non c’era più niente. Erano tutti spariti. Ma non fisicamente,
anzi. Mi avevano assicurato che avrebbero partecipato al documentario ed in
effetti erano tutti lì davanti a noi, giovani e vecchi, tutti molto
disponibili. Soltanto non erano più loro. Si erano addomesticati, parlavano per
frasi già sentite, secondo una retorica predefinita. Insomma, davanti alla
telecamera erano fasulli. Avevano
paura che i loro racconti fossero strumentalizzati, non vedevano alcuna
“utilità” a raccontarsi veramente. Non avevano tutti i torti. Per quale
motivo avrebbero dovuto raccontare quello che realmente pensavano, se questo
poteva mettere a repentaglio, ad uno sguardo distratto e superficiale, ancora di
più la loro reputazione? Diamo un’immagine semplice e rassicurante e tutti
saremo più tranquilli. Ho interrotto immediatamente le riprese, di quel
materiale non sapevo che farmene, al massimo potevo farci qualche brutta
pubblicità progresso. Per
fortuna tutto quello che non c’è stato nel mio documentario che ho presto
interrotto e che probabilmente non porterò più a termine, c’è nel mio film Saimir.
Ci sono i loro caratteri, le loro emozioni e tutto quello che mi comunicavano
quando la macchina da presa era spenta. Tra
la prima versione della sceneggiatura Saimir
che era molto più esterna e quella poi effettivamente realizzata c’è di
mezzo questo documentario fallito. Perché
un individuo diventa un delinquente, inizia a rubare, sfruttare la gente, a non
avere più alcun rispetto del prossimo né un sistema di valori cui fare
riferimento? Se
quello stesso individuo fosse nato da altri genitori sarebbe la stessa persona? E
se quei genitori fossero nati in un altro paese, in un ambiente più ricco, più
agiato? Questo
film nasce anche come tentativo di risposta a questo tipo di domanda, risposta
difficilissima, perché concerne il rapporto tra la formazione, l’ambiente, la
cultura di un individuo e la possibilità che questo individuo possa contrastare
la sua sorte, trovare la forza di essere diverso. Per chi non ha strumenti né
alternative per sottrarsi alla battaglia quotidiana per procurarsi il pane, le
possibilità di cambiare si riducono moltissimo. Tutto diventa più difficile,
più drammatico. In
questo senso, Saimir compie un gesto eroico. Spezza il legame con quello che suo
padre Edmond, chiama con rassegnazione ed indolenza, “il destino”, taglia i
legami più forti, quelli familiari che lo proteggono e lo condannano. Sceglie
di essere diverso. Nasce. Per una seconda volta, che è la prima, la più
importante. Smette di tradire se stesso. Paga
un caro prezzo però: solitudine, un futuro ancora più incerto, la bolla infame
di traditore e parricida. Ho
fatto un film cercando di soddisfare e stupire me stesso spettatore piuttosto
che regista. E’
il percorso che facevo sin dai cortometraggi, quello di seguire l’istinto, il
piacere immediato. Mi sembra la stessa disposizione di chi va in una sala
cinematografica per godersi un film. L’istinto
in questo caso ti aiuta e ti garantisce nella scelta della storia, degli attori,
degli ambienti di ripresa, persino in quella dei tuoi collaboratori. Poi inizia
il lavoro faticoso, la strutturazione, l’organizzazione, le limature, i
rifacimenti. Ma prima di tutto bisogna seguire il guizzo iniziale. Ho
frequentato la scuola nazionale di cinema, e ho realizzato alcuni cortometraggi.
Quasi
sempre i protagonisti dei miei filmetti erano bambini o adolescenti. Me ne rendo
conto a posteriori: ho una predisposizione a raccontare attraverso il loro
sguardo. Forse
perché mi piace filtrare il racconto attraverso personaggi in formazione, che
ancora non sono, che stanno diventando. Mi dà l’impressione di avere
un‘enorme libertà. E
poi c’è un antica dimestichezza che mi avvicina ai bambini: dagli anni del
liceo fino a quelli dell’università ho fatto il burattinaio. Ero a
disposizione del piccolo pubblico. Severissimo
nello stroncarti, quando non lo avevi convinto e generoso nel gratificarti
quando con il tuo spettacolo lo avevi fatto partire lontano. Gli
attori professionisti ed i dilettanti assoluti possono mescolarsi bene
all’interno dello stesso film. Il
padre Edmond è Xhevdet Feri, uno degli attori più conosciuti in Albania,
mentre Saimir è un ragazzino che non aveva mai recitato in vita sua.
Il
nodo centrale del film è il rapporto padre figlio. La difficile comunicazione
che separa i due, l’autorità ed il comando che il padre vorrebbe esercitare
per sempre sul figlio e la giusta volontà del figlio di liberarsi da questo
laccio, di essere se stesso, libero. All’origine del terribile gesto finale, c’è tutto questo e troppi
anni di soprusi e di silenzi. Nonostante le apparenze, nonostante il legame e
l’affetto che lega i due durante tutto il film, c’è una corrente
sotterranea, un sentimento oscuro più potente che porta da tutta altra parte. Francesco
Munzi - Il
regista Nasce a Roma nel 1969. Si
laurea in Scienze Politiche e nel 1998 si diploma in regia al Centro
Sperimentale di Cinematografia. Saimir
è il suo primo lungometraggio. FILMOGRAFIA: 1990:
Van Gogh, documentario,
beta. 1992:
Valse, cortometraggio, super8; 1994:
La
Disfatta, filmato
- inchiesta per Rai due, beta, co-regìa; 1994:
Tre
del mattino,
cortometraggio, 35 mm (esercitazione interna C.S.C); 1996:
Nastassia, cortometraggio, 16 mm:
Sacher Festival, Torino Filmfestival, Hamburg, Oberhausen, Premio per la miglior
regìa Festival di Capalbio 1997 1998:
L’Età incerta, cortometraggio, 16 mm,
(esercitazione finale C.S.C); 1999:
Giacomo
e Luo Ma,
cortometraggio, super 16 mm: Primo Premio Visioni italiane Bologna, Arcipelago
Film Festival Roma. Miglior film italiano al Festival di Capalbio, 2000. Miglior
film panorama italiano al Festival internazionale del cortometraggio Siena,
novembre 2000, miglior sceneggiatura - Storie di cinema, Grosseto, novembre
2000, Tampere film Festival, Finland. N. I. C. E. New York, 2001. NAATA, San Francisco, 2002; 1999:
Il
Neorealismo. Letteratura e Cinema,
documentario, beta, Palumbo Editore. Mishel
Manoku - Saimir Nato a Tirana nel 1986 è uno
studente. Saimir è il suo primo
lungometraggio.
Xhevdet
Feri - Edmond E’ uno dei volti più noti
del mondo cinematografico e teatrale in Albania. Ha interpretato ruoli da
protagonista in oltre 20 film in patria, ma anche alcuni ruoli di rilievo in
co-produzioni internazionali. Ha lavorato moltissimo anche al Teatro Nazionale e
al Teatro Durres. E’ attivissimo nella vita culturale del paese. Lavinia
Guglielman - Michela Interprete sia di cinema che
di televisione, l’abbiamo già vista in Tv in Distretto di polizia per la regia di Renato De
Maria, Distretto di polizia 2 per la
regia di Antonello Grimaldi, Ultima
pallottola per la regia di Michele Soavi. Nel cinema ha interpretato ruoli
in Va’ dove ti porta il cuore di
Cristina Comencini, In barca a vela
contromano di Stefano Reali, La
ballata dei lavavetri di Peter Del Monte (Mostra del cinema di Venezia), Un
uomo perbene di Maurizio Zaccaro. Anna
Ferruzzo - Simona
Nata a Taranto debutta nella
stagione ‘84/’85 nello spettacolo Il
Sesso degli Angeli. La sua carriera si svolge prevalentemente in ambito
teatrale, interpretando, tra l’altro, L'uomo
la Bestia e la Virtù (1989) per la regia di Italia de Gennaro, Ruggine
di Mimmo Spazioso (1992), La città di
Porpora (1997), regia di Michele Mirabella. Nel 1998 entra a far parte della
compagnia teatrale C.R.E.S.T. per la quale ha recitato in numerosi spettacoli
tra cui La Neve era Bianca e Cane
nero, entrambi testo e regia di Mauro Maggioni, finalisti al Premio
Stregagatto 1999 e 2000, Edipo re per
la regia di A. Vantini. In televisione: Diritto di difesa, regia di Donatella Maiorca (2003), Sospetti
3, regia di Luigi Perelli (2004) e La
Squadra V (2004). Al cinema: Azzurro di Denis
Rabaglia, Ballata alla città dei due mari
di Leo Pantaleo, Il Miracolo di
Edoardo Winspeare (2002), Altre latitudini
di Tonino De Bernardi (2003). Vladan Radovic – Fotografia Nato nel 1970 a Sarajevo, si
diploma nel 1999 al CENTRO SPERIMENTALE DI CINEMATOGRAFIA (corso coordinato da
Giuseppe Rotunno) Dal 1996 ha diretto la
fotografia in una ventina di lavori tra corti, lungometraggi, video e pubblicità,
tra cui: Peace Center di Filippo
Macelloni (1999, c.m.); Massimiliano
Fuksas di Filippo Macelloni (1999- c.m.); All’alba
di Troiani (2000, c.m.); Truccami
piano di Basilio (2000, c.m.); Salò e
il cieco di Moscato (2000, c.m.); Fortunae
Mobilitas di Marino (2001, c.m.); Racconto
di guerra di Mario Amura (2002, c.m.); www.
maresca it di G. L. Gargano (2002, c.m.); Scandali e segreti" di Persica (2003, spot); Come
ieri di Federico (2003, c.m.); Per
Elisa di Moscato (2003, spot); Prodotti
tipici mater natura di Massimo Andrei (2003, lungometraggio); Haiducii
D.D Tei di Cosimo Alemà e D. Persica (2004, video clip); Rosso
come il cielo di Cristiano Bortone
(2004, lungometraggio).
Roberto
Missiroli –
Montaggio Roberto Missiroli è nato a
Ravenna nel 1954. In quest’ultimo anno, ha vinto numerosissimi premi per il
montaggio de La Meglio gioventù di
Marco Tullio Giordana. Ha curato il montaggio di numerosissimi film, tra cui:
L’albero della vita di Abdul Kadir Amed (1987), Corsa
di primavera di Giacomo Campiotti (1989), Verso
sera di Francesca Archibugi (1990), Adelaide
di Lucio Gaudino (1991), La conchiglia
di Abdul Kadir Shaid Amed (1991), Traditori
del tempo di Gherardo Fontana (1991), Il
giardino dei ciliegi di Antonello Aglioti (1992), Il grande cocomero di Francesca Archibugi (1992), Per
non dimenticare di Massimo Martelli (1992),
Barnabò delle montagne di Mario Brenta (1993), Come
due coccodrilli di Giacomo Campiotti (1994),
Carogne di Enrico Caria (1995), Fare
un film per me è vivere di Enrica Fico Antonioni (special sul film Al di là delle nuvole di M. Antonioni - 1995), Jack
Frusciante è uscito dal gruppo di Enza Negroni (1996),Vite
blindate di Alessandro di Robilant (1997), Il
guerriero Camillo di Claudio Bigagli (1998), La ballata del lavavetri di Peter Del Monte (1998), Muzungu
di Massimo Martelli (1998), Il tempo
dell’amore di Campiotti (1999), I
cento passi di Marco Tullio Giordana (2000), La
rentrèe di Franco Angeli (2000), Pasolini
– le ragioni di un sogno di Laura Betti (2001), Angela
di Roberta Torre (2001), La meglio gioventù
di Marco Tullio Giordana (2003), Il vestito da sposa di Fiorella Infascelli (2003), Per sempre di
Alessandro di Robilant (2003), Lo sguardo
di Michelangelo di Michelangelo Antonioni (2003). Nato a Roma nel 1969 compone
musica per il cinema, la televisione e il teatro dal 1992. Tra i suoi numerosi lavori per
il cinema ricordiamo: Piccole Anime di
Giacomo Ciarrapico (1998); A domani di
Gianni Zanasi (1999); Fuori di me di
Gianni Zanasi (2000); Tutta la conoscenza
del mondo di Eros Puglielli (2001); Piovono
Mucche di Luca Vendruscolo (2002); Eccomi
qua di Giacomo Ciarrapico (2002); La
volpe a tre zampe di Sandro Dionisio (2002); Ora o mai più di Lucio Pellegrini (2003). Discografia:
A Domani original soundtrack, Ed. Cam;
Fuori di me original soundtrack Ed.
Cam; Tutta la conoscenza del mondo
Ed.Cam; Ora o mai piu’, Ed.
RadioFandango Nato a
Nuoro, nel 1999 si è diplomato in Tecnica del Suono presso la Scuola Nazionale
di Cinema. Tra le sue esperienze
professionali ricordiamo: Costanza
film per la tv di G. Calderone (1997), La
Missione film tv di Maurizio Zaccaro (1997), Giro
di lune tra terra e mare di Giuseppe Gaudino, Il corpo dell’anima di Salvatore Piscicelli (1999), Sangue
vivo di Edoardo Winspeare (2000), Occidente
(2001) e Palabras (2002) entrambi
di Corso Salani, I cinghiali di portici
di Diego Olivares (2003), Bambini di
vari registi (2004), Rosso come il cielo
di Cristiano Bortone (2004). Valentina
Scalia – Scenografia Dopo la Maturità artistica si
diploma in scenografia all’Accademia di Belle Arti di Roma. Dal 1998 lavora
prima come assistente scenografia poi come scenografa a numerosi cortometraggi,
pubblicità. Tra i lungometraggi da lei curati, ricordiamo: Occidente di Corso Salani (2000); Incantesimo napoletano di Paolo Genovese e Luca Miniero (2001); Piovono
mucche di Luca Vendruscolo (2001); Palabras
di Corso Salani (2002); Ballo a tre passi
di Salvatore Mereu (2003), Nessun
messaggio in segreteria di Paolo Genovese e Luca Miniero (2003). Nasce
a Catania nel 1969. Dopo la maturità linguistica segue uno stage di stilismo e
moda diretto da Marella Ferrera. Tra il 1991 e 1994 frequenta la Kofla,
Accademia Internazionale d’Alta Moda e d’Arte del Costume di Roma
conseguendo gli attestati di Figurinista, Modellista, Confezionista. Dopo numerose esperienze come
assistente costumista, disegna i costumi per teatro, pubblicità (come Mister
Green), numerosi cortometraggi, come Il
fiore di A. Tozzi (2002), Che peccato!
di Marcella Libonati (2003) e lungometraggi come A
Levante di Marcella Libonati (2003), Vicino
al fiume di Carlo Marcucci (2004). la
produzione
ORISA
PRODUZIONI è attiva dal 1998 e nasce dall’incontro tra
Daniele Mazzocca e il regista Cristiano Bortone. Nel corso degli anni si è
fatta notare per dinamismo fra le società di produzione indipendente
distinguendosi per una sensibilità particolare verso i linguaggi delle giovani
generazioni e lo sviluppo di progetti innovativi. Tra le sue produzioni più
recenti ricordiamo film come Sono Positivo
di Cristiano Bortone, (2000) (distr. Cecchi Gori Group) film ufficiale del World
gay pride, L’erba proibita (2001) (Lucky
Red) controverso affresco sul mondo della marijuana, documentari come La
notte di Totò (2003) di Guido Votano premiato come miglior documentario
italiano al Festival di Torino, cortometraggi come La stretta di mano, di Davide Marengo (2003) Menzione speciale ai
Nastri d'Argento e programmi televisivi come A noi piace corto (Studio Universal) o Skylab (Sky). Nel 2001 il programma MEDIA della Comunità Europea
assegna alla società un finanziamento SLATE FUNDING per lo sviluppo di sei film
lungometraggi per il cinema. Girato tra Roma e il litorale laziale in circa nove
settimane di ripresa, Saimir è il
primo di questi sei progetti ad entrare in produzione, essendo stato nel
frattempo riconosciuto Film di Interesse Culturale dal Ministero per i Beni
Culturali ed essendo uno dei primi film italiani a beneficiare del nuovo fondo
alla produzione “i2i” della comunità Europea. Al momento la società sta ultimando la post
produzione del nuovo lungometraggio di Cristiano Bortone dal titolo Rosso come il cielo. La produzione esecutiva di Saimir è stata curata da Gianluca Arcopinto con cui Orisa
Produzioni collabora nella co-produzione e distribuzione dal 1999. GIANLUCA ARCOPINTO ha prodotto circa quaranta
film, specializzandosi |
Copyright ANTIARTE2000 (anno 1999).
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