AULULARIA ANTIARTISTICA ADMIRABILIS
Non
potevo mancare, dopo il successo al premio Betti della mia Alchimia
dell'Avaro, perpetuazione immodesta delle commedie sull'Avaro dopo
Plauto, Goldoni, Molière, Ghelderode e tanti altri. Così mi sono portato
all'Anfiteatro Quercia del Tasso sul Gianicolo per godermi La Pentola
del Tesoro del maestro Sergio Ammirata, che oltre
a rivestire i panni di Euclione ha svolto un
adattamento dell'opera in netto spirito antiartistico.
"Bisogna
per forza tradire il testo - mi ha detto nell'intervista dopo lo
spettacolo. "Quello che si deve mantenere integro è lo spirito
dell'autore". Operazione che gli riuscita benissimo, realizzando
antiarte allo stato puro.
Gli faccio rilevare le
continue rotture della quarta parete attuate con dialoghi improvvisi col
pubblico o col richiamare gli attori al fatto che stanno recitando una
parte. Mi ricorda che in nuce la tecnica era presente in Plauto, non nell'Aulularia
ma in altre opere in cui fa riferimenti improvvisi ad esempio
all'impresario. Rivela Ammirata che la chiave prima del comico è
innescare improvvisi dialoghi diretti col pubblico, come si soleva fare
nella commedia dell'arte italiana, di cui lui è maestro.
Ammirata ha svolto con La
Pentola del Tesoro (due tempi di Sante Stern liberamente ispirati
a Plauto) un lavoro accurato, armonico, agréable adattando lo
spirito di Plauto che gli sta dentro nei precordi ai tempi del nostro
vivere. E' un'altra lezione antiartistica che predica l'impredicabilità
della ricostruzione dell'opera, della comicità e del dramma, secondo
canoni rigorosi dell'epoca in cui fu scritta. Dramma e comicità
richiedono background che validi in un tempo, non funzionano affatto in un
altro. Per questo Ammirata non solo rompe la quarta parete ma entra in
quinta dimensione là dove colora l'Aulularia con espressioni e modalità
narrative proprie dei tempi successivi a quelli plautini. Così usa per la
vecchia serva ubriacona Stafila la parola postrinascimentale
"machiavellica", per una baldoria utilizza l'espressione
"da cafè chantant" ma soprattutto crea una sequenza
cinematografica con tanto di moviola
a ritroso per l'entrata in scena di Lupetto(Francesco Querci) che
vuole ammazzare lo zio Megadoro(un calibratissimo Mauro Bisso) invaghitosi
fino a volerla sposare di
Fedra, figlia di Euclione messa incinta proprio da Lupetto nelle
inebbrianti feste di Cerere. Chi è il regista? Ma il Lare, naturalmente,
anzi la Lare interpretata magistralmente da Patrizia Parise che svela la mutatio
del genio da maschio a femmina a seguito della nuova politica delle pari
opportunità. Il nume tutelare della casa assume così funzione di regista provando la scena dell'assalto del
giovane al vecchio poi rifacendola andare a ritroso perché troppo
cruenta, coi personaggi che sono andati decisamente ultra petitum.
Nella ricostruzione
dell'opera, come si legge nelle note di regia,
si è infine tenuto conto della lezione sulla pentola/cassetta
tratta non solo dalle famose opere sull'Avaro di Goldoni e
Molière, ma anche da altre opere meno conosciute come la Cassaria
dell'Ariosto, l'Aridosia di Lorenzo dei Medici, l'Avaro punito
di Giovan Battista Fagioli.
Un'opera
quest'Aulularia di Ammirata davvero admirabilis
gradevole, raffinata e armonica,il cui successo è stato decretato dagli
applausi scroscianti del folto pubblico che ha riempito il catino
gianicolense in ogni ordine di posti.