MAMMUCARI
L’ATELLANO
di
Agius e Francione
Gran successo di Teo Mammucari con il suo spettacolo Tutto Teo Show
a Sapore di Ostia (XIII Municipio -
Ostia Lungomare A. Vespucci – via Lido di Castelporziano; http://www.saporediostia.it/).
Il comico, sulla cresta dell’onda
grazie alla televisiva
caccia alle veline, ha portato
sul palco l’impareggiabile verve comica, pronta a coinvolgere tutte le
persone che gli sono capitate a
tiro, dagli addetti ai lavori agli spettatori, denotando la
grande capacità di improvvisazione che è la vera chiave del suo
successo.
Un
successo che parte da lontano, dalle esibizioni nei villaggi turistici,
per poi approdare al tempietto del cabaret romano degli anni ’90, il
Gildo. Fondando tutto sul ritmo e sulle gag ed essendo un virtuoso del
monologo, Teo affronta come temi preferiti il rapporto uomo donna, i
giovani, ma soprattutto il sesso .
Una satira graffiante
e irriverente è quella di Teo
che non risparmia niente e nessuno, finalmente libero, dice,
dagl’impacci censori della televisione.
Spesso la sua valanga comica è fondata sul greve e l’osceno il
che ha fatto storcere il muso a qualche raffinato presente sulla
terrazzina VIP, anch’essa fatta bersaglio di lazzi e scherzi.
Ne è nata nel postspettacolo una vivace discussione da foyeur in
riva al mare in cui gli scriventi hanno richiamato le atellane.
Le Atellane erano farse buffonesche
nate nella città osca di Atella, località della Campania tra
Capua e Napoli in provincia di Caserta, verso la fine del IV secolo a. C. .
Si trattava di rappresentazioni di carattere popolare, grossolane e
oscene, in parte improvvisate. Introdotte a Roma, furono rappresentate
come scherzo comico dopo lo spettacolo della tragedia e recitate da
giovani di condizione libera e non da attori di professione, i quali
mantennero il
linguaggio sciolto e
spregiudicato originario Atellane detto osco obscaenus.
Sull’argomento dell’osceno lo scrivente maschio della coppia
giornalistica che qui monta il pezzo era particolarmente ferrato, in
quanto drammaturgo serio e
comico. Dopo aver inviato testi serissimi al premio Betti è riuscito
vincitore con un’opera in
napoletano Alchimia dell’Avaro
in cui, attorno a un personaggio classico, l'Avaro, ruota una compagnia di
attori per inscenare una truffa spettacolare alchemico-escrementizia al
fine di sottrargli soldi e moglie (http://www.camerino.com/ugobetti/index.htm;
http://adramelektheater.studiocelentano.it).
Ciò solo a rammentare che l’arte
pura giustifica tutto anche la “cacca verbale e/o palco-scenica”
nell’antico spirito osceno delle atellane. E Teo di arte istintiva,
catarchicamente oscena, coniugata
a tecniche furbe acquisite, ne ha da vendere.
In questo gioca col sesso e con la merde a tutto spiano. Il sexus se lo tocca, lo cita, lo mangia e lo fa
mangiare, lo rigurgita in
faccia alle signore riottose a fare il gioco delle veline. Il sesso
vomitato s’infila ad arte pura nel suo gioco atroce, dissacrante di
gesti e vocaboli, a valanga montante in progressione geometrica, tutto
volto a “massacrare
la gente con una cattiveria anomala, con una forma di spietatezza lucida,
pura come una liquirizia” (Giovanni Benincasa;
http://www.teomammucari.it/index_frame.html).
Più di un'ora di risate e divertimento alla fine, perché, al di là
delle citazioni dotte, Teo funziona. E per il comico, come
per l’artista, l’impatto felice col pubblico è il primo segno
per il successo.