SEDIE
VUOTE ALL’AMBRA
di
Agius
& Francione
Va in
scena al teatro Ambra Jovinelli dal 12
al 24 febbraio 2002 Le sedie di Eugene Ionesco
con Adriana Asti e Giorgio Ferrara. Regia, scene e costumi di
Tullio Pericoli.
La pièce, al secondo anno di repliche, esprime nello stile
tipico di Jonesco l'impossibilità di comunicare, la morte della parola e
del dialogo, l'incapacità di esprimere sentimenti ed emozioni, ma allo
stesso tempo il bisogno continuo e insopprimibile di confrontarsi con
l'altro, di tormentarlo e di tormentarsi. Su tutto lo sguardo tragicamente
ironico dell’autore che affermò: "La comunicazione è difficile,
ma non ho mai pensato che fosse impossibile, altrimenti non avrei scritto
nulla".
Il
sottotitolo de “Le sedie”, il cui testo originale risale al 1952, è
"farsa tragica", ad illuminare il fatto che non si tratta né di
una commedia né di un dramma in senso classico, ma piuttosto di tragedia
farsesca, caratterizzata dall'assenza di senso, dalla catastrofe della speranza nel “vuoto
nero nero” dell’esistenza. La «farsa
con atrocità» richiama
un riso color verdastro, frutto del grottesco amaro che genera il
sogghigno, coi due buffoni in scena esprimenti humour noir
poiché la posta in gioco è la loro stessa vita, il tuffo nella
loro morte.
I protagonisti sono due vecchi, un uomo e una donna, lui
novantacinquenne, lei novantaquattro anni. Due, numero magico per Ionesco,
per il teatro dell'Assurdo di
Aspettando Godot, Finale di partita, Delirio a du”.
In un luogo e in un’epoca imprecisati, comunque su un'isola simbolo
dell'estraniamento dal mondo, i due vecchi rievocano in modo
alquanto contraddittorio e frammentario la loro esistenza passata,
fino a che sono presi dall'ansia di trasmettere un messaggio di fondamentale.
Scuotendosi dal loro abituale
torpore, organizzano una megaconferenza perché il vecchio
maresciallo(d'alloggio) possa comunicare un
importante “messaggio” all’umanità, rappresentata da quel pubblico che attendono
numeroso con invitati ad altissimo livello che approdano alla loro
isola.
Nessuno raccoglierà il loro appello: ad ascoltarli solo
una distesa infinita di sedie vuote. Infatti
ricevono solo visite virtuali in quantità montante, al che accalcano
nello spazio scenico le sedie vuote su cui si siedono gl'invitati
virtuali, la bella signora, il colonnello, il fotoincisore fino a
nientemeno che... l'imperatore in persona. Ci
sono davvero tutti nella scala sociale, ma poi non c'è nessuno. "Ecco - scrive Ionesco -
si tratta dell'assenza, della vacuità, del nulla. Le sedie sono rimaste
vuote perché non c'è nessuno… Il mondo non esiste per davvero".
Il messaggio misterioso cui allude il protagonista è
davvero il Vuoto. Nel
paradosso attuale della finta massima comunicazione degli avanzati utenti di
Internet, la piéce è più che mai attuale, esprimendo l’incapacità
radicale di comunicare. Emblematica al riguardo è la figura finale
“dell'oratore silenzioso che squarcia il proprio simulacro e s'accampa,
degradata statua del Commendatore, nella farsa della nostra loquace
inesistenza”.
Unvivace
balletto di sedie con un ritmo incalzante che ricorda i
vaudevilles di Feydeau, certo con ben altra atmosfera e intenzioni in un
finale tipico del teatro dell’assurdo. I due protagonisti della
vicenda si esprimono per frasi fatte, tiritere insensate, schermaglie
verbali, giochi linguistici, esprimendo in chiave tragicomica tutta
l’angoscia di due esseri umani che, giunti al capolinea
dell’esistenza, tentano di interrogarsi sul senso della vita.
Un
duetto composto, animato da una giusta di verve, quello di Adriana
Asti e Giorgio Ferrara. Ottima la regia
di Tullio Pericoli capace
di rendere il momento metafisico dell’autore franco-rumeno, riproducendone con
sapienza le atmosfere dilatate,
rarefatte del tempo inesistente e dello spazio suggerito flebilmente da un
lento sgocciolare d’acqua. Un
mélange riuscito per uno spettacolo curioso, divertente, capace, dopo lo
straniamento iniziale, di trascinare il pubblico, coinvolto esso
stesso con una spettacolare rottura della Quarta Parete della Asti
Mascherina verso l’ebbrezza del Nulla.