Al Giardino degli
Aranci va in scena con successo Granditalia Varietà di
Fiorenzo Fiorentini, un testo alla ricerca di generi, il varietà, la
rivista e l'avanspettacolo, ormai quasi scomparsi, un percorso tra
grandi dive e momenti memorabili della nostra storia. Vitale, allegro,
coinvolgente anche grazie alle musiche che fanno rivivere i fasti di
epoche passate.
Prima di procedere, un
po' di storia sui generi, illustrati da Fiorentini in scena al
pubblico, non guasta.
Si parte dall'Ottocento e
dal cafè-concerto francese, che si dava all'aperto o al chiuso su una
pedana di legno sistemata tra i tavolini dei caffè. Gli artisti
cantavano e duettavano infilando qui e là spiritosaggini gentili su
temi amorosi. Il genere fu importato in Italia con grande successo.
Dai locali alla moda si passò ai teatri al chiuso costruiti all'uopo
sia in città sia in provincia: la prima sala destinata a questo tipo
di spettacolo fu il mitico Salone Margherita, aperto sotto la Galleria
Umberto a Napoli nel 1890.
Con l'avvento del
Novecento si affermò il Varietà che, come dice il nome, portava alla
ribalta i numeri più "vari": comici, illusionisti,
contorsionisti, ballerine, acrobati, cantanti, poeti finedicitori,
uomini-scimmia, donne-sirena e altri mostri simili, alternati
eventualmente a filmetti muti di cinque o dieci minuti al massimo.
Verso la metà degli anni
Trenta il caffè-concerto e il varietà cominciarono a esaurirsi e i
loro grandi interpreti si riproposero in una forma teatrale un po'
diversa, più disinvolta, meno elitaria: l'avanspettacolo. Si trattava
di un genere nuovo nato dalla contaminazione tra varietà
cafè-chantant e operetta, un misto di canto, danze, scenette comiche,
siparietti.
L'avanspettacolo si
reggeva su due pilastri fondamentali: il sesso e la comicità. Sesso a
gogò a cominciare dalle gambe delle ballerine per arrivare ai vestiti
succinti della soubrette. La comicità era spesso eccessiva,
travolgente, più che popolare, plebea, greve, antinaturalistica,
antiborghese.
A cavallo tra le due
guerre mondiali il vecchio varietà si trasformò in rivista e solo
così riuscì a contrastare dignitosamente il cinema, infilando le sue
diverse attrazioni nella rete d'una storia completa. Il dopo guerra
segnò il gran successo del genere, soprattutto allestito con grandi
mezzi economici, tant'è che solo alla fine del boom economico, verso
la metà degli anni sessanta, si verificò la morte del genere.
Granditalia Varietà,
riproponendo questi stili teatrali desueti, svolge un'operazione
antiartistica perché rivaluta generi ritenuti di serie B. Com'è noto
il movimento dell'Antiarte critica la costruzione piramidale dell'arte
a favore di un'universalità egualitaria dei generi e dei creatori
d'arte, operazione che Fiorentini compie in pieno anche perché dà
spazio a giovani del suo laboratorio per consentire loro di
sperimentare le loro qualità davanti al grande pubblico della
capitale.
Orbene con Granditalia
Varietà assistiamo al progetto antiartistico di rivalutare il
caffè concerto, il varietà, l'avanspettacolo, tutte forme di
intrattenimento che non hanno mai avuto la dovuta considerazione da
parte della cultura ufficiale in quanto considerate forme di
divertimento volgare, grossolano, per genti poco o addirittura per
niente acculturate. Forme teatrali, dunque, non degne di saggistica,
di studio, di critica al loro tempo. Solo dopo molti anni si è
sviluppata un'indagine critica, anche favorevole, a dimostrazione che
non c'è un'arte di serie A e una di serie A, ma solo un'unica grande
arte che si avvale di dei più disparati genus, contando
soprattutto lo spirito creativo, molto poco le forme dell'esprimersi,
caduche e soggette al logorio del tempo. E comunque come sottacere che
a quel mondo della Granditalia, screditato dalle accademie e
seguitissimo dal popolo, appartenevano grandissimi artisti come
Pasquariello, Donnarumma, Armando Gill, Gabrè, Romolo Balzani, Carlo
Buti, Petrolini...
"Non è giusto"
scrive Fiorentini nel libretto di presentazione dello spettacolo
"che la genialità di quei grandi non venga considerata nel suo
autentico valore. Il varietà italiano potrebbe essere l'erede più
genuino della nostra celebratissima Commedia dell'Arte".
C'è già in questa
premessa pane per i denti degl'ipercolti ma la forza del genere, ove
ce ne fosse bisogno, è testimoniata dal fatto che all'inizio del '900
hanno preso spunti dall'avanspettacolo e dal cabaret molte
avanguardie, come il surrealismo, il dadaismo, ma soprattutto il
futurismo che produsse in teatro, come per la pittura, la letteratura
e le altre arti, una serie di dichiarazioni poetiche di carattere
radicale e polemico, una dedicata proprio al Teatro di varietà
(1913). Sottolinea Fiorentini che il "Futurismo scelse il
varietà come forma di spettacolo di elezione, aperto ad ogni
esperienza creativa di drammaturgia, scenotecnica, recitazione oltre a
quel rapporto interattivo tra il pubblico e la scena che in seguito si
chiamò happening".
Un esempio memorabile di
tale matrice tutt'altro che incolta è il Nerone con cui
Petrolini gioca su vari registri: dal grottesco al comico più
sfrenato, senza trascurare l'ironia ed il bozzettismo
"romano" passando dal futurismo all'avanspettacolo, dalla
parodia del romano antico alla satira politica.
Infine l'ardito
Fiorentini si lancia in quello che è il progetto più autenticamente
antiartistico: evitare ogni "operazione nostalgia" e fare un
varietà "come se oggi ci fosse il varietà". L'Antiarte
predica proprio l'irrepetibilità dello spirito del tempo antico, pur
essendo invece possibile riprodurre stilemi del passato con lo spirito
e la verve del presente.
Uno degli scriventi del
presente pezzo Francione, drammaturgo oltre che giornalista e critico
teatrale, ha seguito con particolare affetto questa messinscena e la
strategia di rinnovazione del varietà a monte della stessa. Infatti
egli stesso, fondatore dell'Antiarte 2000, è arrivato a maneggiare
forme d'arte rubbish, ovvero immondizia, scartate
dall'accademia come inferiori, degeneri, desuete, creando ad esempio
quelle che ha chiamato la sceneggiata d'avanguardia('A Scigna),
il barocco d'avanguardia(Schreber, il giudice folle; Overdose;
Eclissi. I delitti dei Beati Frati di Mazzarino; Faeries; Das
narrenraumschiff zahl elf<L'astronave dei folli n° 11>), la
nuova commedia dell'arte-canovaccio(Alchimia dell'Avaro) in
particolare inscritta nel Medioevo Atomico(Processo alle bestie,
Urebecs, Overdose).
Per concludere, un
sentito grazie a Fiorenzo Fiorentini, ricordato nel momento magico in
cui in scena ha chiuso con la riproposizione del pezzo più famoso di
colui che ha definito il suo maestro: Petrolini. Fiorenzo come Gastone,
dilettandosi, ci ha dilettato con il suo gioco pseudoinnocuo di Granditalia
Varietà. Un'invenzione continua di contemporaneità che ci ha
riportato ai tempi spensierati della rivista come se quello fosse
spettacolo dell'oggi, andando più in profondità di quel che appare,
riconducendoci alla fonte stessa egualitaria e universale di qualunque
artista creatore.