IL MELODRAMMA
DEL
GOBBO
di
Agius,
Maya & Francione
Va in scena al Gran Teatro di Tor di Quinto dal 14 marzo - 15
aprile 2002 NOTRE DAME DE PARIS con
musica di Richard Cocciante, liriche francesi e libretto di Luc Plamondon,
nella traduzione italiana di Pasquale Panella, produzione di David Zard.
Tratto dall'omonimo romanzo di Victor Hugo, Notre-Dame de Paris
narra la storia di Quasimodo, il campanaro gobbo della cattedrale di
Notre-Dame e del suo amore tanto impossibile quanto tragico per la bella
gitana Esmeralda. Un amore condannato dall'ingiustizia e dall'ipocrisia.
La mis en scène, una tipica espressione antiartistica
dell’incompiutezza di qualunque opera d'arte e della possibilità di
riprodurla all’infinito in forme diverse(http://antiarte.studiocelentano.it),
sin dal suo esordio a Parigi ha entusiasmato milioni di spettatori
in tutto il mondo.
La macchina scenica è davvero fantastica e multicolore, messa
su nel teatro più grande d'Italia. Un autentico tempo dello spettacolo
con un palcoscenico di 500
mq., un boccascena di 25 metri. Un megateatro con una capienza di 2970
poltroncine rosse, un foyer di oltre 1500 mq., alla prima gremita di vip
della televisione, del cinema e dello spettacolo come Balestra, Zaccaria,
Guerritore, De Sica, Banfi, Azzariti, ma anche della politica come Rutelli,
Mastella e il sindaco Veltroni.
La luce e la musica
sono la chiave di volta di quest'impressionante progetto scenico.
Seicento fari per un totale di circa diecimila fra giochi di
luce ed effetti speciali montati sul palco. Mezzo milione di euro spesi
per un impianto tecnico senza precedenti, che prevede l'uso di un'apposita
centrale elettromeccanica altamente computerizzata per lo spostamento
automatico delle scene durante lo spettacolo.
Elettrizzante la coreografia, esaltata dalle acrobazie e dai
macchinari davvero mirabili. Fantasmagorici
gli effetti di volo scenico e acrobatico che coinvolgono cantanti,
danzatori e parte della scenografia stessa.
Il testo musicale, definito "il capolavoro" di
Cocciante, è molto accattivante e le zone monocordi s'infiammano al
punto giusto con pezzi davvero belli. Avremmo, però, gradito più
cori che da sempre hanno fondato sia il melodramma classico che
l'opera rock.
Una défaillance è stata la traduzione in italiano:
bisognava mantenere il testo in francese per percepirne una musicalità
che aleggiava a Parigi e che
qui manca. Talora il testo scritto forza la corrispondenza con le note
e si perde la douceur della terra d'Oltralpe. Succederebbe la
stessa cosa a voler tradurre la Carmen di Bizet in italiano.
Non si capisce perché qui da noi
ci si intestardisca a non
usare apparati elettronici sovrastanti la scena per far cantare nella
lingua originale, con traduzione in italiano visualizzata per chi
voglia assolutamente percepire i contenuti.
A cosa serve forzare i libretti se in ogni caso molti
spettatori finiscono
per concentrarsi sulla musica e
per non capire le parole?
Un plauso, infine, per l’utilizzo a piene mani di giovani tra cui
spiccano come recitativo e come cantanti i due personaggi
principali, il Prete-Alchimista e Quasimodo, simboli alternati del
bene e del male che in asincronia vivono dentro e fuori di loro.
Nell’insieme un’operazione assai riuscita, sottolineata da un
pubblico delirante, ammaliato anche dalla forza incalzante del
battage pubblicitario. Insomma uno spettacolo assai bello come
l'immortale Quasimodo, se non fosse per la gobbetta che si fa
perdonare rappresentata dal tradimento della musicalità del libretto
francese.