In un'accesa discussione nel retroscena del Teatro
Gessi di Trastevere in cui sono intervenuti Francione, Loconte e il
drammaturgo Giannalberto Purpi si è discusso sul venir meno dei
generi.
A proposito dell'adattamento operato da Loconte
sul testo CyberCyrano Chat di Francione, ritenendo Stefano che
si trattava più di un romanzo-saggio che un testo teatrale si è
accesa la querelle.
L'antiaccademismo dell'antiarte comporta tra
l'altro che viene a mancare la netta demarcazione tra i generi. Da
questo punto di vista un saggio può diventare benissimo un copione
teatrale. Ex converso un copione teatrale può nascere come ammasso di
generi nel senso che, pur essendoci una linea di dialogo, i riferimenti
saggistici e didascalici sono talmente pregnanti, secondo
l'insegnamento del maestro Dario D'Ambrosio, da far perdere al testo
qualunque connotazione "classica" a favore di quella di
ammasso informativo in vista della messa in scena e della recitazione.
E' la conseguenza estrema dell'antiarte che
porta alla nientificazione della forma. Se la forma in sé è
contigente, precaria, ben poco senso ha mantenere le categorie
specifiche del letterario, se non nei sensi di un intendimento
generico su quel che si va a dire e a fare.
Anzi in antiarte l'opera summa è un'opera
omnia, ovvero quella che riassume in sé, dandone indici, tutte le
forme espressive e tutti i generi: da un lato scrittura, pittura,
cinema etc. da un lato e dall'altro scrittura narrativa, teatrale,
découpage cinematografico, saggistica etc.
E' questa l'estrema conseguenza della
destrutturazione della forma che porta al riemergere sommo dello
Spirito Creativo ebbro nelle infinite e sincrone forme del suo
manifestarsi.
"Tutti questi rimandi, discalie, riformulazioni, - ha concluso
Stefano - creano amalgami. Una volta scombinati quegli elementi si
verifica un'esperienza trascenbdentale, punto di sintesi dello stato
d'estasi tra combinazione e scombinazione, con percezione dell'energia
di base che permette tutto ciò".