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"Impronte digitali sulla mia Anima"
di Marcella Boccia
(Spring Edizioni)
Esce in questi giorni la raccolta poetica di Marcella Boccia
"Impronte digitali sulla mia Anima", edita dalla Spring, con la
prefazione di Reno Bromuro.
Parte prima: Impronte e reminiscenze
Parte seconda: Coriandoli e profezie
N. totale componimenti: 121
N. pagine: 88
- In allegato la copertina
- Dedica:
Ad Anna Quanita
che mi ha insegnato la metrica.
A Palmira
che ha aperto il mio cuore alla poesia.
A Mimmo
divenuto coriandoli
in quel giorno di febbraio
di un triste carnevale.
Alla Vita
che ha percosso la mia Anima
lasciandovi, indelebili, impronte digitali…
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- Prefazione di Reno Bromuro:
L'intuizione lirica, di questa raccolta di poesie della giovanissima
Marcella Boccia, non sì cristallizza tutta in immagini, ma ne trascende
la particolarità nel canto, che le avvolge di un alone aereo,
esprimendone quella spiritualità più profonda, che la rappresentazione
concreta non basta a dare.
A chiarire meglio queste osservazioni, e a prevenire l'obiezione di chi
noterà come nell'analisi sembra che io dia maggiore risalto all'elemento
pittorico e a quello musicale, ricorderò che il Botticelli fu chiamato
pittore essenzialmente musicale, perché appunto il fascino dell'opera
sua, come di quella del nostro poeta donna, non sta solamente nella
perfezione del verso, nell'eleganza del colorito, ma in quel soffio lirico
che sembra investire tutte le sue figurazioni: oggetti e colori,
sostantivi ed aggettivi staccati si fondono misteriosamente nella melodia
del verso in unità ritmiche - musicali.
Provate a scomporre certe strofe di questa raccolta, e vi parrà che,
non resti altro se non, una teoria di parole affastellate, invece, i
particolari si unificano in perfetta visione d'insieme; e l'unità stessa
delle liriche sembra essere come riposta in quell'atmosfera di limpido
azzurro, nella quale si formano e dileguano rapide le visioni variopinte:
niente d'inafferrabile e misterioso, un atteggiamento costante verso la
realtà; stato d'animo che è contemplazione, ora beata, ora adirata del
mondo.
Contraddizioni apparenti che ci aiutano a penetrare il fondo della
poesia di Marcella Boccia che, si scopre come continuità nella
discontinuità, ricerca di toni nuovi ma in sostanziale accordo con una
forse, precedente esperienza.
Più attenta a definire la fisionomia complessiva, la scelta di campo
operata dal poeta, ed io porrò l'accento sugli elementi innovatori,
polemici, dell'operazione, per mostrarvi una Marcella Boccia incamminata,
verso l'anticipazione della moderna poesia.
Infatti, la raccolta parte da un punto di vista metafisico, come se l’uomo
si trovasse già sulla cima del Purgatorio, nell’attesa della chiamata
Divina e godere finalmente quella pace interiore, per non vedere più i
solchi lasciati sull’anima dalle impronte digitali; per non sentirsi
più incatenata, come Andromeda alla roccia, in attesa di essere liberata
da Perseo, all’antico carro di Tespi:
«Tutta la mia Vita/su un titanico leggio/Sacerdote in fasce/altare
sconsacrato/Sancta sanctorum/di un popolo ingrato»
La nostra ha individuato la tradizione autoctona, lucidamente,
soprattutto da un punto di vista etico e tematico, prendendo lezione da
Dante, da Leopardi, da Foscolo, senza disgiungersi dalla salda presenza d’autori
fondamentali come Shakespeare, Browning e Baudelaire.
«Spalanca le sue fauci/di sapienza scaturigine/Incrocia le gambe il
santo/si eleva Illuminato/Larvata prigionia/questo ambire libertà»
Il problema non si pone quindi in termini di rottura, ma piuttosto dal
punto di vista di un confronto fra codice tradizionale e quel complesso di
procedimenti antitradizionali che, sullo scorcio del secondo decennio del
Novecento, già costituivano in qualche modo un nuovo codice.
In tale modo Marcella Boccia si colloca proprio nel solco della nuova
poesia, caratterizzata esattamente da un programma di rivisitazione; anche
se manca, purtroppo, un'analisi approfondita della poesia italiana del
Novecento, e soprattutto un disegno serio e critico riguardante almeno i
nomi più in vista come quelli di Campana, Saba, Ungaretti, Quasimodo,
Montale, Selvaggi, Saya, e Remil; anche se ogni volumetto di poesia
pubblicato oggi, è sempre preceduto da un'interessante prefazione: non è
il mio caso.
Oggi per la verità, certi pseudo editori pubblicano libri di poesia
che tali non sono: sono opere di seconda mano, che svolgono funzione
piuttosto di disturbo, o, se vogliamo essere sinceri fino in fondo, di
zavorra che porta a fondo la vera poesia. Non solo, ma manca la
discussione, manca la serietà a tal punto che sorgono dubbi divertenti;
per esempio come mai si parla sempre e solo di poeti laureati e mai di
poeti emergenti? Per il semplice motivo che ho accennato: troppa zavorra.
«Cammino su quel letto/senza esitare/urlando al caldo vento/la
millenaria paura del buio»
A sbalzi appaiono spunti di un pessimismo solitario che l’autrice non
tenta minimamente di nascondere, anzi, lo sottolinea, ne rende concreto
l'originalità e non dimentica il suo ruolo di Vate, pur sapendo che non
si vive solo di poesia, oppure che la poesia è dappertutto, dovunque si
guarda.
Allora cercare, le risposte alle domande principali del nostro tempo,
nella dimensione poetica del mondo e della vita è sempre più fruttuoso
quando si cercano sulla faccia delle persone che incontri, negli occhi
terrorizzati dei bambini, nello sguardo preoccupato dei genitori sull’avvenire
dei figli, che non cercarle nella terra battuta dai carri armati e
assordita dai fischi dei missili nucleari ...
Marcella Boccia espone il pregio della sua poetica nella lirica che
apre la raccolta:
«Come Mosè/cammino sull'acqua della divina follia/Come Isaù/ho
venduto la primogenitura per andarmene lontano/Come Siddharta/sto
meditando di lasciare il palazzo/Come Francesco/parlo agli uccelli
insonni/E come Maddalena/mi innamoro sempre di un nuovo Messia/ogni
giorno, ogni ora, ogni attimo/ad ogni battito di cuore»
L’incipit della lirica si presenta con una sottile ironia, che lascia
il lettore sprovveduto perplesso, perché l’ironia cui il Poeta esprime,
non si presenta chiara e quindi si sentirebbe di dare dell’ignorante al
Poeta; invece se si sofferma a pensare che la gigantesca figura di Mosè,
che la nostra ci presenta con ironia direi, pariniana, saprebbe che il
Poeta conosce benissimo la figura di condottiero, riformatore religioso e
legislatore, di Mosè; ma il cielo si schiarisce quando ci si sofferma a
pensare che Ella è partita col presupposto di dire con veemenza, che il
computer non può e non deve esistere solo per imprimere impronte digitali
sulla nostra anima, gioca sul fattore dell’errore inserito nel piccì e
lo sottolinea; come mette in risalto il fatto che «Isaù», il figlio di
Isacco e di Rebecca, fratello di Giacobbe si chiama Esaù e che non è
stato lui a sottrarre la primogenitura, bensì gli è stata sottratta per
un piatto di lenticchie; come conosce molto bene la storia della
raffigurazione di Siddharta Gautama che il Buddha Blu, volle che fosse
raffigurata nella posizione della tentazione.
Sono giunto alla conclusione di questo mio breve - lungo viaggio nella
poesia di Marcella Boccia, dove ho trovato finalmente la speranza; perché
la sua poesia è in cammino per trovare la fortuna di essere letta come
merita, perché non è necessario avere la poesia per pane quotidiano,
come si sognava qualche tempo fa, ma di consumarla almeno per la festa.
Reno Bromuro
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- Quarta di copertina
Marcella Boccia nasce a Baia e Latina, un piccolo centro della
provincia di Caserta, immerso nel verde della campagna alle pendici dei
monti del Matese.
Musicista, in seguito alla maturità classica (e più tardi
magistrale), senza mai abbandonare gli studi di filosofia (con una
naturale predisposizione verso quella orientale), studia presso
l'Università della musica di Roma per perfezionarsi.
Nel 1996 pubblica l'album dal titolo ”Canzoni da ricordare”, col
nome d'arte di Dafne, poi abbandonato con la nascita delle Sfairos, di cui
è leader e voce rap.
La produzione poetica è particolarmente vasta negli anni 1996 - 1998,
della sua permanenza a Roma, prima, e nell'isola di Lampedusa, poi.
Vince il 2° Premio all’Elsa Morante 2003, di Roma, con la seguente
motivazione:
«Poesia che muove i passi nei meandri della memoria e del tempo che ha
ramificato le radici dell'anima, e camminando sulle impronte digitali
della sua anima s'è messa tra la vita e la morte, tra la vita che è
ormai lontana e la morte che minaccia da vicino; tra la storia e la vita
contemporanea costernata di eccidi per riformare la contemporaneità,
mondarla dai frequenti eccidi. Poesia che si sovrappone alla coscienza del
destino e la riafferra».
Lo stesso anno vince (ex aequo) la prima edizione del Premio Poeta top
2003, organizzato da «Poeticamente» votato dal pubblico e da una giuria
tecnica presieduta da Augusto Giordano, giornalista Radiodue.
Ottiene dall’A.I.A. «Poesia della Vita», l'iscrizione all'Albo
d'Oro «I Corinti» «per i suoi meriti artistici».
Riceve una menzione speciale al Premio «Parole Nuove, 2004» con la
seguente motivazione:
«Per i temi affrontati, per le spiccate capacità dimostrate
dall'autrice nel tradurre in versi le più complicate afflizioni
dell'animo, per la notevole spiritualità dei versi, questa Giuria, ha
deciso di assegnare alla silloge intitolata Impronte digitali sulla mia
Anima una menzione speciale».
Collabora con numerosi quotidiani campani e riviste nazionali da quando
aveva sedici anni. E' direttore della rivista «New Age & Dintorni».
Insegna Yoga e filosofia indiana nella scuola ”Shanti” di Baia e
Latina.
Di prossima uscita il libro «Un'avventura allo Yoga Niketan ashram di
Rishikesh, India» e «Lettere dall'India».
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- Componimento che dà il titolo all’opera:
Impronte digitali sulla mia Anima
Odore muto e pungente
Viaggio con leggero bagaglio
a bordo di me stessa
Scorgo impronte sulla mia Anima
che il Passato ha lasciato
con le sue possenti e scarne dita
Faccio un giro di boa
nell'oceano dei ricordi
e mi sovviene l'Evento
un cordone reciso
un pianto
un abbraccio
Odo suoni familiari
Acuto bruciore sulla timida epidermide
il canto della luna di fine gennaio
Angelo caduto
demone divino
ali senza aria
Un bacio sulla bocca
di un'incantata esistenza
vissuta in dormiveglia
Incanto
Mantra
Girasoli
Impronte digitali sulla mia Anima
in perenne viaggio
in questo minuscolo cosmo
Un soffio da ponente
porta via quei ricordi
spettinandomi
Son pronta ad un nuovo inizio
Ricucio il mio cordone
e schiarisco la voce per il mio prossimo vagito
La ragione di un sentimento
a Mimmo
Incessante la pioggia veniva giù
Piangeva il cielo buio e tetro
in quel giorno di febbraio
di un triste carnevale
Recavi nel taschino l’inchiostro di sempre
L’amato quotidiano al tuo fianco
La cravatta del matrimonio
le scarpe nuove e lucide
La ragione di un sentimento
era la ragione della tua vita
Una figlia che volevi magistrato
l’amore per la tua compagna sviscerato
è ciò che hai portato con te
in quel giorno di febbraio
di un triste carnevale
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- Alcuni Riconoscimenti alla raccolta
Premio "Nuove parole" (Siracusa, maggio 2004) - menzione
speciale
"Per i temi affrontati, per le spiccate capacità dimostrate
dall'autrice nel tradurre in versi le più complicate afflizioni
dell'animo, per la notevole spiritualità dei versi, questa Giuria, ha
deciso di assegnare alla silloge intitolata Impronte digitali sulla mia
Anima una menzione speciale".
Premio "Elsa Morante" (2004) - 2° classificato
«Poesia che muove lentamente i passi nei meandri della memoria e del
tempo che ha ramificato le radici dell'anima, e camminando sulle impronte
digitali della sua anima s'è messa tra la vita e la morte, tra la vita
che è ormai lontana e la morte che minaccia da vicino; tra la storia e la
vita contemporanea costernata di eccidi per riformare la contemporaneità,
mondarla dai frequenti eccidi. Poesia che si sovrappone alla coscienza del
destino e la riafferra».
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- Qualche recensione
MARCELLA BOCCIA
PANE E SPERANZA
di Reno Bromuro
Il Baricentro Mensile di critica artistica e letteraria, 14 luglio 2004
In campo critico-estetico, si usa frequentemente il sostantivo Poesia,
per significare le effettive qualità poetico-creative di un autore,
indipendentemente dal fatto che si esprima in versi o in prosa: ci sono
molti verseggiatori, ma pochi poeti; un esempio: Giovanni Verga che in
molti passi si rivela un grande poeta della folla. Poesia o Poeta si usa
anche per estensione, per indicare una persona assai dotata di
sensibilità e fantasia, che ha l'animo disposto ad intendere e amare il
bello: un cuore di poeta; ad ognuno capita talvolta di scoprirsi poeta. È
usato nell’uso popolare anche in senso limitativo e con ironia, per
indicare una persona fantasiosa e bizzarra, scarsamente dotata di senso
pratico.
Alceo, uno dei maggiori poeti greci nato a Mitilene, Lesbo, vissuto
nella seconda metà del secolo Settimo o Sesto avanti Cristo; rappresenta,
con Saffo, sua contemporanea, la lirica eolica. La poesia di Alceo si
distingue per la grande spontaneità e la forza passionale. Il suo mondo
poetico ruota sui due temi della lotta politica e del banchetto, ma in cui
si affonda tutta la carica vitale di una concezione virile della vita. A
lui s'ispirò nel canto della fugacità della vita e del vino inebriante,
ma non certo nel tono, assai meno intenso e immediato, Orazio, che riprese
anche una strofa di quattro versi.
Facendo un salto pindarico di millenni veniamo ai nostri giorni e
parliamo del passaggio dall'Ottocento al Novecento che fu ribollente di
fermenti e iniziative, di tensioni e contrasti. Sullo slancio di
rinnovamento della rinascita celtica fiorì uno dei maggiori poeti del
secolo, William Butler Yeats, Premio Nobel per la Letteratura del 1923.
In questo periodo avviene, in poesia, lo stacco netto con Eliot, il
quale, esaltando il metodo mitico e la frantumazione stilistica come nuovi
moduli della creazione artistica, influenza profondamente il corso della
poesia. Il suo influsso è avvertito soprattutto nei poeti degli anni
Trenta, che affrontano scopertamente il tema dell'impegno sociale e
politico adottando il tono grigio, distaccato di Eliot. Più profonda la
rivolta degli anni Quaranta contro l’imperante freddo intellettualismo
dei cosiddetti poeti apocalittici, che hanno Graves e Dylan Thomas i loro
maestri.
Gli anni Settanta, invece, sono portatori di una ricerca sperimentale
ormai astratta e sterile, influenzata dallo strutturalismo; gli anni
Ottanta vedono l'inizio di quella dimensione edonistica che è il
cosiddetto postmoderno, dimensione che sembra dominare anche il decennio
degli anni Novanta, in cui la mancanza di legami fra letteratura e
società favorisce una dispersione caotica, attenzione solo ai fatti
minimi. Fondamentale per le sorti della letteratura è il nuovo peso
assunto dai massmedia e dalle richieste del mercato editoriale, nonché
dall’avvento Internet, in cui poeti e scrittori emergenti trovano l’habitat
più naturale, visto l’incoerenza degli editori e dello spuntare come i
funghi dei pseudo editori che pubblicano di tutto, pur di rimpinguare le
proprie tasche (c’ è qualcuno che pubblica anche a rate). E il poeta
riprende fiato e la poesia risorge improvvisamente come margherite a
primavera.
Arriva Zanzotto, che con la sua opera mette a nudo un tentativo di
mascheramento della nevrosi individuale e collettiva attraverso
l'esercizio di una lingua magmatica e suggestiva che sa, comunque,
custodire la presenza forte di un io poetico. Alla sua scuola è ispirata
l’opera di Renato Milleri (Remil).
Nel 1963 c’era stata la sperimentazione dell’avanguardia composta
dal genovese Edoardo Sanguineti, il più rappresentativo, che testimonia
testimoniato con la sua produzione poetica la dissoluzione del linguaggio
quotidiano, come segno dell'incapacità di comunicare proprio della
società dei consumi; dal milanese Nanni Balestrino,che si fa sostenitore
di un avanguardismo estremo che si esprime in un linguaggio nuovo e
rivoluzionario, fatto di collages linguistici, con l'utilizzo di tecniche
elettroniche; l’altro milanese Antonio Porta, pseudonimo di Leo Paolazzi
approda a risultati di notevole intensità poetica nell'indagine condotta
in termini spesso surreali del rapporto tra vita e morte.
Nei vari siti del web si leggono solo poesie intimiste, qualcuno
furoreggia per originalità e ricerca di linguaggio nuovo sia musicale,
sia armonico, sia di contenuto che esce dall’ intimismo vero e proprio,
per aprire nuove vie, con tutto ciò l’editore rimane sordo e cieco alla
ventata di novità, non tutta insulsa come dicevo. E non c’è
uguaglianza del metro nei molti canti che sono postati a migliaia in una
giornata, che è anche segno di disuguaglianza di ispirazione e di animo,
esclude eccessi, sottilità, abbandoni. C’è nella maggioranza un forte
desiderio di pace che trae un qualche senso buono, saggio e chiaro, che
risuona nei versi come una musica di richiesta di serenità. Sono è vero
un poco monotoni; il loro canto è riposato e uguale; ma di una dolcezza
che crea intorno quel senso di pace che cantano, e pare allora che le
parole risuonino come in un grande silenzio, e che cantino nel silenzio
lungamente con una eco nei cuori di infinita tacita melodia.
Per la Boccia il discorso è diverso, perché lo stesso sentimento si
rende conto dell'oscillare vertiginoso dei metri: che dalla melopea
cantante uguale delle serie di endecasillabi fondati sullo stesso sistema
di accenti, degli ottonari puri, dei settenari a cadenza, dei quinari
accoppiati, passa improvvisamente al singulto e alle impuntature dei
novenari, dei decasillabi travestiti, degli endecasillabi frantumati fino
a raggiungere un infinito di contrasti. La sua poetica opponendosi alla
maggioranza dei poeti del web, segue ogni parola che esce dalla bocca, per
finire sulla tastiera del computer, non è mai solo voglia di sentir se
stessa, o per compiacersi di quell'atto, ma insiste, fruga con quel
raffinamento di sensitività, che è come un fascio di luce che attraversa
una camera buia. Ella sogna e canta; ma quando più s'abbandona al sogno
con tutta la ingenuità dell'anima, cedendo alla voluttà del canto, ecco
che in quel punto è più vigile, cauta e accorta a scegliere l’incredibile
sottilità d’ogni variare del sogno, ma ferma su se stessa considera a
una a una le modulazioni della sua voce per compiacere mai per
compiacersi. Lo sforzo immediato di quell'arte è certo il conseguimento
della maggiore intensità e verità possibile in ogni visione particolare,
e nella volontà di raggiungere questa verità, ad ogni costo, che è
tanto differente, nella sua sobrietà, dalla abitudine di amplificazione
verbale.
Da ciò il piacere di leggerla a voce alta, come si può leggere e
declamare un sonetto di Foscolo o una strofe dannunziana; e il bisogno a
non voler violentarla, di lasciarla quasi inconfessata nell'anima, sospesa
nella vibrazione delle alghe che tremolano volubili nell'acqua. Una voglia
di sillabare la lirica, voler darle quella sorta di vita esteriore che è
concessa ai canti dei veri poeti, e lo dimostrano i recitatori i quali
tentano inevitabilmente di trovar e il vero tono del canto, come quelli ai
quali si può meglio simulare uno scheletro verbale, come Mosé, o
Impronte digitali sulla mia anima, ed altri.
Questa lirica di cui mi occupo è diversa dalle altre e dalla raccolta
«Impronte digitali sulla mia anima», perché affronta il problema eterno
del poeta: la fame, l’incomprensione.
È opportuno rilevare, però, che le annotazioni le alternanze dei
versi, dal settenario al novenario sono un interesse semantico
originalissimo. Pane e speranza coinvolge, oltre alla linguistica, e
particolarmente della psicologia, della sociologia, della filosofia, della
semiologia. La lirica è concepita come scienza storica con il compito di
chiarificare le evoluzioni dei significati della linguistica strutturale;
ha rinnovato i metodi e le prospettive delle ricerche semantiche
insistendo soprattutto sul fatto che non solo i suoni e le forme
grammaticali, ma anche le parole e i loro significati devono essere
studiati non isolatamente ma nel più ampio contesto delle loro relazioni
formali, nozionali, storiche e stilistiche, formando un sistema i cui
termini siano esatti e non ambigui.
Con questa lirica Marcella Boccia ha posto i fondamenti di una poetica
tipologica e ha fatto balenare la possibilità di creare anche una nuova
semantica, che metta in luce gli elementi universali comuni a tutte le
lingue e a tutte le epoche.
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Intervista
a Marcella Boccia
“poeta
incamminata verso l’anticipazione della moderna poesia”
di
Amalia Di Loria
Macella Boccia è poeta, scrittrice, musicista, regista teatrale.
Da anni dirige la rivista New Age & Dintorni, curando rubriche
dedicate a tutti i campi del sapere, dalla letteratura, all’esoterismo,
alle arti in genere.
Reno
Bromuro, nella prefazione alla raccolta di poesie di Marcella Boccia,
“Impronte digitali sulla mia Anima” (Spring Editore), la definisce
“poeta incamminata verso l’anticipazione della moderna poesia”.
L’abbiamo
incontrata a Roma, dove sta lavorando al suo nuovo album, e fatto due
chiacchiere:
A.
D. L.: La raccolta “Impronte digitali sulla mia Anima”, uscita in
questi giorni dalla casa Spring, contiene componimenti recenti ma anche di
qualche anno fa. Perché solo ora vengono pubblicati?
M.
B.:
La poesia è il pianto dell’Anima. Pubblicare una raccolta poetica è
come mettersi a nudo in un mondo che, spesso, non tollera la nudità,
giudicandola volgare. Più volte mi fu consigliato di pubblicare questa
raccolta. Reno Bromuro, uno degli artisti che, in assoluto, stimo
maggiormente al mondo, ha insistito per anni sulla pubblicazione di
“Impronte digitali sulla mia Anima”, ed è grazie a lui che mi sono
decisa, un mese fa.
Reno
Bromuro è stato il primo a credere nella mia attività poetica.
A.
D. L.: Tu sei timida?
M.
B.:
Sono riservata. Quando si parla della mia poesia sono particolarmente
riservata, perché non credo si possa parlare della propria poesia, al
massimo la si può recitare…
A.
D. L.: Quando hai cominciato a buttar giù i primi versi?
M.
B.:
Ero molto piccola. La mia insegnante di italiano, alla quale dedico questo
libro, quando avevo undici-dodici anni, mi insegnò la metrica. Me la
insegnò facendomi contare le sillabe delle poesie sulle dita delle mani,
battendo i polpastrelli sul banco. Allora cominciai a scrivere versi,
prendendo spunto dalla metrica di componimenti di poeti famosi studiati a
scuola. Il mio cuore è entrato in ciò che scrivevo solo più tardi, al
liceo classico. Anche lì, un’insegnante di letteratura (anche a lei
dedico la raccolta), che recitava divinamente le poesie di Foscolo,
Leopardi, Manzoni, mi folgorò. Tra i banchi di scuola nacquero i miei
primi componimenti. Sulla scrivania della mia stanza, invece, nascondevo
il quaderno delle mie poesie sotto i libri che avrei dovuto studiare.
Studiavo lo stesso, ma solo quando dovevo essere interrogata! Per il
resto, scrivevo! E mi nascondevo per non essere scoperta da mia mamma che
sognava che io fossi la prima della classe!
A.
D. L.: E tu lo eri?
M.
B.:
Neanche per idea! Era l’ultimo dei miei desideri! Le prime della classe
(una classe quasi interamente femminile) le trovavo così noiose e
tristi! Io, invece, studiavo quanto basta per avere dei voti che
non meritassero il rimprovero di mia mamma, ma avevo dieci solo in
letteratura italiana e filosofia! Per il resto, salivo sull’albero di
noccioline in giardino, e scrivevo.
A.
D. L.: Eri un po’ ribelle?
M.
B.:
Fino a dodici-tredici anni mi si rimproverava una timidezza dovuta ad una
eccessiva sensibilità che mi faceva sentire vittima dei prepotenti. Più
tardi sono diventata ribelle. Facevo politica, ero rappresentante del mio
Istituto, presidente di un’Associazione culturale, ed aspettavo il
sabato sera per andare a ballare!
A.
D. L.: La tua infanzia è molto presente nei tuoi componimenti. Potresti
definirla un’infanzia felice?
M.
B.:
Non saprei definirla affatto! Durante la mia infanzia ho vissuto sotto una
campana di vetro. La mia famiglia, una famiglia tranquilla, mi proteggeva
e viziava. Quando, sbirciando qua e là, mi accorsi che il mondo non era
così perfetto come avevo immaginato, ebbero inizio i miei pianti
dell’Anima. La mia infanzia è stata ovattata, morbida. L’adolescenza,
invece, una continua battaglia contro fantasmi e mulini a vento.
A.
D. L.: Contro cosa combattevi?
M.
B.:
Contro le ingiustizie, le prepotenze, le violenze. In realtà, non
combattevo contro qualcosa, ma a favore di qualcosa. A favore della mia
identità. Fino a quasi la maggiore età ero la figlia di Pietro Boccia,
professore, scrittore e allora politico, molto noto nel luogo in cui
vivevo. Io ho sempre adorato mio padre in una maniera viscerale. Lui è il
mio specchio. E’ stato il mio riferimento sin da bambina, quando mi
portava in giro in bicicletta. Adoro anche mia mamma, non la cambierei con
nessuna al mondo, ma siamo diverse in tutto; invece mio padre sono io a
sessant’anni! Ma a venti non sopportavo di essere conosciuta solo come
sua figlia. Era come se sulla carta d’identità, anziché Marcella
Boccia vi fosse scritto “La figlia di Pietro Boccia”. E’ allora che
ho preso a combattere per avere una identità tutta mia.
A.
D. L.: Quando è nata la tua passione per l’India?
M.
B.:
C’è sempre stata, sebbene in forma sottile. Da bambina mi interessavo
allo Yoga, inconsapevolmente. Ho fatto le mie prime lezioni di Yoga in
seguito ad un incidente stradale che ha rallentato la mia corsa per un
po’. E, come la tartarughina di una delle canzoni preferite della mia
infanzia, smesso di correre a testa in giù, ho iniziato a guardarmi
intorno e a scorgere un mondo colmo di cose che prima non vedevo. Lo Yoga
mi ha portata in India la prima volta, e tutte le altre volte.
A.
D. L.: Cosa ti ha dato l’esperienza dell’India?
M.
B.:
Un miliardo di cose. Mi ha fatto sentire inserita nell’universo. In
India mi sento a casa. Qui mi sento a casa.
A.
D. L.: So che in India hai lavorato al tuo nuovo album. Puoi anticipare
qualcosa sull’argomento?
M.
B.:
La seconda volta che sono stata in India, nel 2003, ho portato con me
una macchina digitale per registrare delle sonorità. Non ero sola, ero
con Mario Nicoletti (direttore artistico della Virgin music di Milano, nda),
ed insieme stiamo lavorando a questo progetto. Vi sono ritornata, poi,
nell'aprile di quest’anno, per risalire il Gange fino all’Himalaya, a
quattromilacinquecento metri, e trovarvi ispirazione.
Il
disco non è solo opera mia. Io ho scritto i testi e sono la voce rap. Le
musiche e gli arrangiamenti sono di Fabrizio Sforzini e Max Tempia, che
ritengo i migliori collaboratori che abbia mai avuto: riescono a tirar
fuori la musica dai miei testi in una maniera quasi alchemica.
A.
D. L.: Quando uscirà il disco?
M.
B.:
A settembre termineremo con le registrazioni. Ma senza fretta!
A.
D. L.: E cosa mi dici del teatro?
M.
B.:
Per il teatro sto curando la regia di una commedia, divertentissima, ed al
tempo stesso esoterica, del giudice drammaturgo Gennaro Francione. Non
posso dirti di più, perché sarà una sorpresa! La porteremo in teatro,
anche qui a Roma, nella prossima stagione invernale. Ci sto lavorando
insieme all’autore, un personaggio incredibile, adorabile, il primo vero
alchimista che abbia conosciuto.
A.
D. L.: Tu fai poesia, musica, teatro, scrivi saggi. Ma qual è la cosa che
ti viene meglio?
M.
B.:
Non saprei. Dimmelo tu!
A.
D. L.: E quella che ti piace di più fare?
M.
B.:
Oziare. Scrivere, scrivere, scrivere. Guardarmi intorno e scrivere.
Guardarmi dentro e scrivere. Perché, a dirla con Conrad, “Come faccio a
spiegare che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?”.
http://www.marcellaboccia.it/
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"IMPRONTE DIGITALI SULLA MIA
ANIMA" DI MARCELLA BOCCIA.
NOTE ALCHEMICHE DI GENNARO FRANCIONE
Castelporziano, Ostia 10 agosto 2004. In
attesa delle Stelle di san Lorenzo.
Sono al mare. Il tempo è bello. Splende un
sole forte ma fortunatamente c'è una ventilazione che rinfresca l'aria.
Mentre leggo Impronte digitali sulla mia
anima" di Marcella[1], non posso fare a meno di pensare di trovarmi
innanzi a una novella Saffo, e quindi, a una delle più grandi poetesse
del nostro tempo. Di Saffo Marcella ha la mediterraneità, universalizzata
in chiave odissea grazie ai suoi viaggi compiuti soprattutto nell'Oriente
alle fonti del Sapere e dell'Essere.
Con le Ali ai piedi
volo di città in città
trascinando il mio carro di Tespi
ed inscenando la commedia della mia Vita[2].
Impronte digitali sulla mia anima è una
raccolta di versi descriventi proprio un viaggio. Viaggio fisico tra i
dolori e i non sense del mondo ma soprattutto spirituale per raggiungere i
lidi di una metempsicosi salvifica. L'itinerario è solo apparentemente
proiettato verso il futuro, tendendo la poetessa, "profeta di se
stessa"[3], a conquistare il mondo delle infinite possibilità
sopravvenienti grazie a un ritorno al passato, alle radici profonde della
sua esistenza fisica e spirituale.
Si tratta di un viaggio alchemico con passaggi
dell'Opera Regia dal Nero, al Bianco, al Rosso. Se Bachelard aveva
indicato la via dei quattro elementi per individuare la chiave
d'interpretazione del Poeta, io vi aggiungo la necessità di poter
lavorare con quegli elementi secondo i dettami e le procedure dell'Ars
Rebis[4].
Nella prima fase dominata dal Corvo, la
Poetessa scende nel proprio imo, venendo a contatto con le potenze
malefiche, impersonate da Lucifero.
La Lucifera spirale
è appesantita dal sapere
e non dà tregua alla mia lingua
che già rimpiange il tempo che verrà[5].
L'Aedo è pronto a fronteggiare l'Avversario,
a vincerlo, a domarlo per cogliere il "Lucifero caduto/ in un
eccitante paradisiaco Inferno"[6]. Il nemico è la Ragione, il
Pensiero, che come un grave insidioso impedisce un reale slancio verso le
dimensioni altre.
Legge del Karma
t'invoco implorandoti di redimere
il mio reo spirito errante
Piovono miracoli
ma non sulla mia testa
protetta dall'ombrello
della timida ragione[7].
L'Opera al Bianco, dominata dalla Colomba,
richiede la purificazione del Pensiero.
Sul link si posa la mia freccia
come farfalla riposa sul Pensiero
leggero in assenza di gravità
come un ponte verso l'aldilà[8].
Il percorso iniziatico, tormentato alla
ricerca della leggerezza dei corpi attraverso l'evaporazione della Mente,
sfocia nell'opera al Rosso, la Fantasia salvifica dell'"Anima
musicale"[9].
Ballerine quelle dita
toccano le corde
del tuo genio
producendo suoni astrali
che si espandono
nell'infinito che ci avvolge
proteggendo
la nostra fantasia
da giudici e borghesi
predatori
insaziabili di conformismo
ed abbarbicati
alla forza gravitazionale[10].
E' il trionfo della Fantasia sulla Burocrazia
della Convenzione, con l'animale della vittoria rappresentato dalla Fenice
Dorata.
Azione e reazione domina sul cosmo
ruota il pio destino senza inchiostro sul suo
libro
pagine inviolate dalla mano del poeta
risorge la Fenice sul fiore del deserto[11].
In questo percorso liberatorio l'Aedo
sperimenta dolorosamente non solo il peso della Ragione ma anche quello
del corpo, il soma, ermeticamente e platonicamente inteso come un
autentico carcere da cui bisogna liberarsi per raggiungere l'estasi del
mondo altro.
...quella morsa
. quella morsa in cui sono strette
le mie braccia
è la sola via
che ho
d'imparare a volare[12].
Il corpo non è solo quello della fisicità
umana, con i sensi, i muscoli, la sessualità, ma la stessa materialità
del mondo, fondata sui quattro elementi che Marcella attraversa in maniera
ora equilibrata, ora violenta per cercare sempre un'armonia sottile ed
estatica.
La vediamo camminare sui Carboni ardenti, per
sperimentare la soteria del Fuoco.
Il fuoco sotto i miei piedi
scalda le emozioni
rimovendo il blocco al centro dell'Aura...
Cammino su quel letto
senza esitare
urlando al caldo vento
la millenaria paura del buio[13].
La via dell'Aria ora assume la forma di una
"nuvola/ vacua ed impalpabile"[14], ora di "Capricci di
ragazza/ volutamente sola/ che fa capriole/ nel vento"[15], ora di
una bolla di sapone, creatura davvero leggiadra, graziosa e infantile.
Una bolla di sapone
si affaccia alla finestra
e mi saluta e spicca il volo
in soavi antiche acrobazie
Di nuovo torna a me
aprendo uno spiraglio...[16]
La via della Terra viene seguita attraverso la
pesantezza di una macchina umana rombante sul suolo, associata a quella
dei bagagli che, pesanti e ingombranti, ti tirano giù quasi a volerti far
sprofondare nel cupo sottosuolo.
Le rotaie lamentano
un peso tanto grave
di un locomotore
spesso ritardatario
talvolta premonitore
d'un viaggio
catarchico e purificatore
del marcio
che c'è in ogni valigia
che trasciniamo faticosamente.
Infine l'Acqua Astrale cui la Poetessa tende,
avvertendo un bisogno equoreo: "taglia il cordone ombelicale/ che ti
lega alla falsità/ e salpa l'ancora/ verso acque più sincere"[17].
L'andare avanti di Marcella è, alla fine, un ritorno uroborico all'Acqua
Primordiale, l'Alveo Materno che ti culla, ti nutre e ti protegge per
rilanciarti verso le nuove esistenze, bella, reincarnata ma soprattutto
rigenerata.
Son pronta ad un nuovo inizio
Ricucio il mio cordone
e schiarisco la voce per il mio prossimo
vagito[18].
L'altra impronta della via iniziatica di
Marcella, ancora alchemica, è il preziosissimo Amoroso Fosforo.
Una vita spesa male
a contare i sentimenti
come i petali di un fiore
questo m'ama e l'altro pure
ed io corolla del suo cuore
accolgo un'ape di passaggio
che violentando la corazza
succhia nettare proibito[19].
Molti sono pronti a dare amore a Marcella, ma
quanti riusciranno davvero a succhiare il nettare della sua anima
grandiosa, sibilante inquietanti aum, sonorità celestiali, versi
sovrumani, canti melodici là in volo nell'Universo?
Marcella, al di là delle angosce esoteriche,
è pervasa da un senso solare della Vita, termine che non a caso scrive
con la maiuscola come pure fa per le Ali mercuriali ai piedi, le uniche
capaci di farla trasumanare in una dimensione superiore, là dove i
contrari si toccano, come nell'ouroboros metatemporale per cui il vecchio
si riscopre bambino.
Sono stanca
ed ho voglia di riposare
sento d'invecchiare
e allo steso tempo
di non essere mai vissuta
E' stato tutto un lungo
e delirante sonno
durato secoli
e quando mi sveglierà
mi riscoprirò bambina[20].
Non posso negare che alla fine della lettura
vengo preso da un'inaspettata commozione, là in riva al mare. Mi ha
ghermito l'anima la malinconia felice di questa ragazza che se ne va via,
solinga, sul sentiero roccioso dell'isola di Lampedusa, dissolvendosi sul
mare "a poco a poco nella Via Lattea"[21], fusione stellare di
Terra, Aria, Acqua e Fuoco.
Ho letto tante poesie in vita mia e spesso ero
solo sfiorato da emozioni cerebrali come mi accade soprattutto con gli
arcani della poesia moderna, tutta presa a realizzare composizioni fratte
nella forma e nei contenuti.
Marcella con la sua scrittura intima mi ha
mosso davvero le corde del cuore, le più intime, attraverso la
musicalità nascosta del suo versificare, che è quella stessa della sua
anima. La dolcezza di questa creatura, che traspare come acqua limpida da
lei nel contatto col quotidiano, si immerge silenziosamente nel suo
poetare, sicché come la vedi fuori lei è dentro, soave e accattivante
mentre trascina il fruitore del suo dire nei meandri indiziari,
incontaminati e incantatori della sua melodia saffica.
Da giudice combatto quotidianamente gl'indizi
come incapaci di rivelare, con sicurezza al di là di ogni ragionevole
dubbio, la colpevolezza di chicchessia. Da poeta e da recensore
quegl'indizi benedico perché il senso del mondo può trapelare proprio
attraverso di essi, vuoi che diventino autentiche impronte digitali da cui
traspare inequivocabile l'essere primo di Marcella, vuoi che restino nel
campo delle tracce fumose, tanto più capaci di rivelare le altre
centomila creature che sono dentro la Poetessa Sublime, ognuna più bella
e sensibile dell'altra.
Grazie Marcella per questo dono preziosissimo
che hai fatto a me, a noi. I tuoi "Aloni di luce bluastra/ indicano
la via verso la rinascita"[22]. Luce e colore per risorgere noi tutti
insieme a te, vibrando nel multidimensionale con la tua soave poesia
musicale.
Grazie a te, perché è proprio per la
profondità dei tuoi canti tinti dal cromatismo dei mille cieli, che vale
la pena vivere e amare le cose, piccole e grandi, struggenti e grottesche,
in cui ci dibattiamo come pesci agonizzanti in questo mondo insensato.
Nell'Era dell'Acquario, tu sei l'Aedo
Ermafrodito, che indica a quei pesci la via del ritorno al loro elemento
essenziale, tenendoci per mano sulla via dell'Alchimia Amniotica per
rigenerarci all'unica vera fonte del Sapere: l'Estasi d'Amore.
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[1]Spring Edizioni, con prefazione di Reno
Bromuro, Caserta, luglio 2004.
[2]Impronte etc., p. 4.
[3]Profeta, p. 56.
[4]Rebis deriva da Res bis, cioé "cosa
due volte" ovvero "due cose in una". Cfr. G. Francione La
Porta Magica(Esplicazione dei glifi sul Libro di Pietra nel centro di
Roma), NES, Roma, gennaio 1991, p. 13.
[5]Un link verso l'aldilà, p. 12.
[6]Pentacolo, p. 48.
[7]Metempsicosi, p. 16.
[8]Ibidem, p. 12. La farfalla di Marcella
ricorda l’angelica farfalla degli Alchimisti, metafora dell'esito finale
nell'opera riuscita.
[9]Groove, p. 58.
[10]Mani d'ebano, pp. 33-34. Nota comica. Non
ho coda di paglia e sono sicuro che Marcella non si riferiva a me quando
indicava i giudici come emblemi di convenzionalismo. Vedi sul punto le due
azioni disciplinari subite dallo scrivente(conclusesi fortunatamente con
il proscioglimento) per aver assolto i diseredati venditori di cd
extracomunitari per stato di necessità(leggasi fame) e per aver
sperimentato forme di scrittura moderne e informatiche nella stesura delle
sentenze(cfr. UNIONE EUROPEA GIUDICI SCRITTORI(EUGIUS): LA NUOVA UNIONE
DEI GIUDICI UMANISTI D'EUROPA: http://www.antiarte.it/eugius).
[11]Scatole dorate, p. 36.
[12]Enigma, p. 13.
[13]Carboni ardenti, p. 14.
[14]Aere, p. 51.
[15]Conchiglie amare, p. 63.
[16]Bolla di sapone, p. 25.
[17]Isola lampo, p. 58.
[18]Impronte digitali sulla mia anima, p. 11.
[19]Fosforo, p. 30.
[20]Il desiderio di una rosa, p. 49.
[21]Tristezza, p. 72.
[22]Atomi, p. 79.
http://www.marcellaboccia.it/francione.htm
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