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"Impronte digitali sulla mia Anima"

di Marcella Boccia

(Spring Edizioni)

 

Esce in questi giorni la raccolta poetica di Marcella Boccia "Impronte digitali sulla mia Anima", edita dalla Spring, con la prefazione di Reno Bromuro.

                     

 

Parte prima: Impronte e reminiscenze

Parte seconda: Coriandoli e profezie

N. totale componimenti: 121

N. pagine: 88

 

 

- In allegato la copertina

 

- Dedica:

 

Ad Anna Quanita

che mi ha insegnato la metrica.

A Palmira

che ha aperto il mio cuore alla poesia.

A Mimmo

divenuto coriandoli

in quel giorno di febbraio

di un triste carnevale.

Alla Vita

che ha percosso la mia Anima

lasciandovi, indelebili, impronte digitali…

 

 

- Prefazione di Reno Bromuro:

 

 

L'intuizione lirica, di questa raccolta di poesie della giovanissima Marcella Boccia, non sì cristallizza tutta in immagini, ma ne trascende la particolarità nel canto, che le avvolge di un alone aereo, esprimendone quella spiritualità più profonda, che la rappresentazione concreta non basta a dare.

A chiarire meglio queste osservazioni, e a prevenire l'obiezione di chi noterà come nell'analisi sembra che io dia maggiore risalto all'elemento pittorico e a quello musicale, ricorderò che il Botticelli fu chiamato pittore essenzialmente musicale, perché appunto il fascino dell'opera sua, come di quella del nostro poeta donna, non sta solamente nella perfezione del verso, nell'eleganza del colorito, ma in quel soffio lirico che sembra investire tutte le sue figurazioni: oggetti e colori, sostantivi ed aggettivi staccati si fondono misteriosamente nella melodia del verso in unità ritmiche - musicali.

Provate a scomporre certe strofe di questa raccolta, e vi parrà che, non resti altro se non, una teoria di parole affastellate, invece, i particolari si unificano in perfetta visione d'insieme; e l'unità stessa delle liriche sembra essere come riposta in quell'atmosfera di limpido azzurro, nella quale si formano e dileguano rapide le visioni variopinte: niente d'inafferrabile e misterioso, un atteggiamento costante verso la realtà; stato d'animo che è contemplazione, ora beata, ora adirata del mondo.

Contraddizioni apparenti che ci aiutano a penetrare il fondo della poesia di Marcella Boccia che, si scopre come continuità nella discontinuità, ricerca di toni nuovi ma in sostanziale accordo con una forse, precedente esperienza.

Più attenta a definire la fisionomia complessiva, la scelta di campo operata dal poeta, ed io porrò l'accento sugli elementi innovatori, polemici, dell'operazione, per mostrarvi una Marcella Boccia incamminata, verso l'anticipazione della moderna poesia.

Infatti, la raccolta parte da un punto di vista metafisico, come se l’uomo si trovasse già sulla cima del Purgatorio, nell’attesa della chiamata Divina e godere finalmente quella pace interiore, per non vedere più i solchi lasciati sull’anima dalle impronte digitali; per non sentirsi più incatenata, come Andromeda alla roccia, in attesa di essere liberata da Perseo, all’antico carro di Tespi:

«Tutta la mia Vita/su un titanico leggio/Sacerdote in fasce/altare sconsacrato/Sancta sanctorum/di un popolo ingrato»

La nostra ha individuato la tradizione autoctona, lucidamente, soprattutto da un punto di vista etico e tematico, prendendo lezione da Dante, da Leopardi, da Foscolo, senza disgiungersi dalla salda presenza d’autori fondamentali come Shakespeare, Browning e Baudelaire.

«Spalanca le sue fauci/di sapienza scaturigine/Incrocia le gambe il santo/si eleva Illuminato/Larvata prigionia/questo ambire libertà»

Il problema non si pone quindi in termini di rottura, ma piuttosto dal punto di vista di un confronto fra codice tradizionale e quel complesso di procedimenti antitradizionali che, sullo scorcio del secondo decennio del Novecento, già costituivano in qualche modo un nuovo codice.

In tale modo Marcella Boccia si colloca proprio nel solco della nuova poesia, caratterizzata esattamente da un programma di rivisitazione; anche se manca, purtroppo, un'analisi approfondita della poesia italiana del Novecento, e soprattutto un disegno serio e critico riguardante almeno i nomi più in vista come quelli di Campana, Saba, Ungaretti, Quasimodo, Montale, Selvaggi, Saya, e Remil; anche se ogni volumetto di poesia pubblicato oggi, è sempre preceduto da un'interessante prefazione: non è il mio caso.

Oggi per la verità, certi pseudo editori pubblicano libri di poesia che tali non sono: sono opere di seconda mano, che svolgono funzione piuttosto di disturbo, o, se vogliamo essere sinceri fino in fondo, di zavorra che porta a fondo la vera poesia. Non solo, ma manca la discussione, manca la serietà a tal punto che sorgono dubbi divertenti; per esempio come mai si parla sempre e solo di poeti laureati e mai di poeti emergenti? Per il semplice motivo che ho accennato: troppa zavorra.

«Cammino su quel letto/senza esitare/urlando al caldo vento/la millenaria paura del buio»

A sbalzi appaiono spunti di un pessimismo solitario che l’autrice non tenta minimamente di nascondere, anzi, lo sottolinea, ne rende concreto l'originalità e non dimentica il suo ruolo di Vate, pur sapendo che non si vive solo di poesia, oppure che la poesia è dappertutto, dovunque si guarda.

Allora cercare, le risposte alle domande principali del nostro tempo, nella dimensione poetica del mondo e della vita è sempre più fruttuoso quando si cercano sulla faccia delle persone che incontri, negli occhi terrorizzati dei bambini, nello sguardo preoccupato dei genitori sull’avvenire dei figli, che non cercarle nella terra battuta dai carri armati e assordita dai fischi dei missili nucleari ...

Marcella Boccia espone il pregio della sua poetica nella lirica che apre la raccolta:

«Come Mosè/cammino sull'acqua della divina follia/Come Isaù/ho venduto la primogenitura per andarmene lontano/Come Siddharta/sto meditando di lasciare il palazzo/Come Francesco/parlo agli uccelli insonni/E come Maddalena/mi innamoro sempre di un nuovo Messia/ogni giorno, ogni ora, ogni attimo/ad ogni battito di cuore»

L’incipit della lirica si presenta con una sottile ironia, che lascia il lettore sprovveduto perplesso, perché l’ironia cui il Poeta esprime, non si presenta chiara e quindi si sentirebbe di dare dell’ignorante al Poeta; invece se si sofferma a pensare che la gigantesca figura di Mosè, che la nostra ci presenta con ironia direi, pariniana, saprebbe che il Poeta conosce benissimo la figura di condottiero, riformatore religioso e legislatore, di Mosè; ma il cielo si schiarisce quando ci si sofferma a pensare che Ella è partita col presupposto di dire con veemenza, che il computer non può e non deve esistere solo per imprimere impronte digitali sulla nostra anima, gioca sul fattore dell’errore inserito nel piccì e lo sottolinea; come mette in risalto il fatto che «Isaù», il figlio di Isacco e di Rebecca, fratello di Giacobbe si chiama Esaù e che non è stato lui a sottrarre la primogenitura, bensì gli è stata sottratta per un piatto di lenticchie; come conosce molto bene la storia della raffigurazione di Siddharta Gautama che il Buddha Blu, volle che fosse raffigurata nella posizione della tentazione.

Sono giunto alla conclusione di questo mio breve - lungo viaggio nella poesia di Marcella Boccia, dove ho trovato finalmente la speranza; perché la sua poesia è in cammino per trovare la fortuna di essere letta come merita, perché non è necessario avere la poesia per pane quotidiano, come si sognava qualche tempo fa, ma di consumarla almeno per la festa.

 

Reno Bromuro

 

 

- Quarta di copertina

 

Marcella Boccia nasce a Baia e Latina, un piccolo centro della provincia di Caserta, immerso nel verde della campagna alle pendici dei monti del Matese.

Musicista, in seguito alla maturità classica (e più tardi magistrale), senza mai abbandonare gli studi di filosofia (con una naturale predisposizione verso quella orientale), studia presso l'Università della musica di Roma per perfezionarsi.

Nel 1996 pubblica l'album dal titolo ”Canzoni da ricordare”, col nome d'arte di Dafne, poi abbandonato con la nascita delle Sfairos, di cui è leader e voce rap.

La produzione poetica è particolarmente vasta negli anni 1996 - 1998, della sua permanenza a Roma, prima, e nell'isola di Lampedusa, poi.

Vince il 2° Premio all’Elsa Morante 2003, di Roma, con la seguente motivazione:

«Poesia che muove i passi nei meandri della memoria e del tempo che ha ramificato le radici dell'anima, e camminando sulle impronte digitali della sua anima s'è messa tra la vita e la morte, tra la vita che è ormai lontana e la morte che minaccia da vicino; tra la storia e la vita contemporanea costernata di eccidi per riformare la contemporaneità, mondarla dai frequenti eccidi. Poesia che si sovrappone alla coscienza del destino e la riafferra».

Lo stesso anno vince (ex aequo) la prima edizione del Premio Poeta top 2003, organizzato da «Poeticamente» votato dal pubblico e da una giuria tecnica presieduta da Augusto Giordano, giornalista Radiodue.

Ottiene dall’A.I.A. «Poesia della Vita», l'iscrizione all'Albo d'Oro «I Corinti» «per i suoi meriti artistici».

Riceve una menzione speciale al Premio «Parole Nuove, 2004» con la seguente motivazione:

«Per i temi affrontati, per le spiccate capacità dimostrate dall'autrice nel tradurre in versi le più complicate afflizioni dell'animo, per la notevole spiritualità dei versi, questa Giuria, ha deciso di assegnare alla silloge intitolata Impronte digitali sulla mia Anima una menzione speciale».

Collabora con numerosi quotidiani campani e riviste nazionali da quando aveva sedici anni. E' direttore della rivista «New Age & Dintorni».

Insegna Yoga e filosofia indiana nella scuola ”Shanti” di Baia e Latina.

Di prossima uscita il libro «Un'avventura allo Yoga Niketan ashram di Rishikesh, India» e «Lettere dall'India».

 

- Componimento che dà il titolo all’opera:

Impronte digitali sulla mia Anima

Odore muto e pungente

Viaggio con leggero bagaglio

a bordo di me stessa

 

Scorgo impronte sulla mia Anima

che il Passato ha lasciato

con le sue possenti e scarne dita

 

Faccio un giro di boa

nell'oceano dei ricordi

e mi sovviene l'Evento

 

un cordone reciso

un pianto

un abbraccio

 

Odo suoni familiari

Acuto bruciore sulla timida epidermide

il canto della luna di fine gennaio

 

Angelo caduto

demone divino

ali senza aria

 

Un bacio sulla bocca

di un'incantata esistenza

vissuta in dormiveglia

 

Incanto

Mantra

Girasoli

 

Impronte digitali sulla mia Anima

in perenne viaggio

in questo minuscolo cosmo

 

Un soffio da ponente

porta via quei ricordi

spettinandomi

 

Son pronta ad un nuovo inizio

Ricucio il mio cordone

e schiarisco la voce per il mio prossimo vagito

 

 

La ragione di un sentimento

a Mimmo

 

Incessante la pioggia veniva giù

Piangeva il cielo buio e tetro

in quel giorno di febbraio

di un triste carnevale

Recavi nel taschino l’inchiostro di sempre

L’amato quotidiano al tuo fianco

La cravatta del matrimonio

le scarpe nuove e lucide

La ragione di un sentimento

era la ragione della tua vita

Una figlia che volevi magistrato

l’amore per la tua compagna sviscerato

è ciò che hai portato con te

in quel giorno di febbraio

di un triste carnevale

 

 

- Alcuni Riconoscimenti alla raccolta

 

Premio "Nuove parole" (Siracusa, maggio 2004) - menzione speciale

"Per i temi affrontati, per le spiccate capacità dimostrate dall'autrice nel tradurre in versi le più complicate afflizioni dell'animo, per la notevole spiritualità dei versi, questa Giuria, ha deciso di assegnare alla silloge intitolata Impronte digitali sulla mia Anima una menzione speciale".

 

 

Premio "Elsa Morante" (2004) - 2° classificato

«Poesia che muove lentamente i passi nei meandri della memoria e del tempo che ha ramificato le radici dell'anima, e camminando sulle impronte digitali della sua anima s'è messa tra la vita e la morte, tra la vita che è ormai lontana e la morte che minaccia da vicino; tra la storia e la vita contemporanea costernata di eccidi per riformare la contemporaneità, mondarla dai frequenti eccidi. Poesia che si sovrappone alla coscienza del destino e la riafferra».

 

- Qualche recensione

 

MARCELLA BOCCIA

PANE E SPERANZA

 

di Reno Bromuro

 

Il Baricentro Mensile di critica artistica e letteraria, 14 luglio 2004

 

In campo critico-estetico, si usa frequentemente il sostantivo Poesia, per significare le effettive qualità poetico-creative di un autore, indipendentemente dal fatto che si esprima in versi o in prosa: ci sono molti verseggiatori, ma pochi poeti; un esempio: Giovanni Verga che in molti passi si rivela un grande poeta della folla. Poesia o Poeta si usa anche per estensione, per indicare una persona assai dotata di sensibilità e fantasia, che ha l'animo disposto ad intendere e amare il bello: un cuore di poeta; ad ognuno capita talvolta di scoprirsi poeta. È usato nell’uso popolare anche in senso limitativo e con ironia, per indicare una persona fantasiosa e bizzarra, scarsamente dotata di senso pratico.

Alceo, uno dei maggiori poeti greci nato a Mitilene, Lesbo, vissuto nella seconda metà del secolo Settimo o Sesto avanti Cristo; rappresenta, con Saffo, sua contemporanea, la lirica eolica. La poesia di Alceo si distingue per la grande spontaneità e la forza passionale. Il suo mondo poetico ruota sui due temi della lotta politica e del banchetto, ma in cui si affonda tutta la carica vitale di una concezione virile della vita. A lui s'ispirò nel canto della fugacità della vita e del vino inebriante, ma non certo nel tono, assai meno intenso e immediato, Orazio, che riprese anche una strofa di quattro versi.

Facendo un salto pindarico di millenni veniamo ai nostri giorni e parliamo del passaggio dall'Ottocento al Novecento che fu ribollente di fermenti e iniziative, di tensioni e contrasti. Sullo slancio di rinnovamento della rinascita celtica fiorì uno dei maggiori poeti del secolo, William Butler Yeats, Premio Nobel per la Letteratura del 1923.

In questo periodo avviene, in poesia, lo stacco netto con Eliot, il quale, esaltando il metodo mitico e la frantumazione stilistica come nuovi moduli della creazione artistica, influenza profondamente il corso della poesia. Il suo influsso è avvertito soprattutto nei poeti degli anni Trenta, che affrontano scopertamente il tema dell'impegno sociale e politico adottando il tono grigio, distaccato di Eliot. Più profonda la rivolta degli anni Quaranta contro l’imperante freddo intellettualismo dei cosiddetti poeti apocalittici, che hanno Graves e Dylan Thomas i loro maestri.

Gli anni Settanta, invece, sono portatori di una ricerca sperimentale ormai astratta e sterile, influenzata dallo strutturalismo; gli anni Ottanta vedono l'inizio di quella dimensione edonistica che è il cosiddetto postmoderno, dimensione che sembra dominare anche il decennio degli anni Novanta, in cui la mancanza di legami fra letteratura e società favorisce una dispersione caotica, attenzione solo ai fatti minimi. Fondamentale per le sorti della letteratura è il nuovo peso assunto dai massmedia e dalle richieste del mercato editoriale, nonché dall’avvento Internet, in cui poeti e scrittori emergenti trovano l’habitat più naturale, visto l’incoerenza degli editori e dello spuntare come i funghi dei pseudo editori che pubblicano di tutto, pur di rimpinguare le proprie tasche (c’ è qualcuno che pubblica anche a rate). E il poeta riprende fiato e la poesia risorge improvvisamente come margherite a primavera.

Arriva Zanzotto, che con la sua opera mette a nudo un tentativo di mascheramento della nevrosi individuale e collettiva attraverso l'esercizio di una lingua magmatica e suggestiva che sa, comunque, custodire la presenza forte di un io poetico. Alla sua scuola è ispirata l’opera di Renato Milleri (Remil).

Nel 1963 c’era stata la sperimentazione dell’avanguardia composta dal genovese Edoardo Sanguineti, il più rappresentativo, che testimonia testimoniato con la sua produzione poetica la dissoluzione del linguaggio quotidiano, come segno dell'incapacità di comunicare proprio della società dei consumi; dal milanese Nanni Balestrino,che si fa sostenitore di un avanguardismo estremo che si esprime in un linguaggio nuovo e rivoluzionario, fatto di collages linguistici, con l'utilizzo di tecniche elettroniche; l’altro milanese Antonio Porta, pseudonimo di Leo Paolazzi approda a risultati di notevole intensità poetica nell'indagine condotta in termini spesso surreali del rapporto tra vita e morte.

Nei vari siti del web si leggono solo poesie intimiste, qualcuno furoreggia per originalità e ricerca di linguaggio nuovo sia musicale, sia armonico, sia di contenuto che esce dall’ intimismo vero e proprio, per aprire nuove vie, con tutto ciò l’editore rimane sordo e cieco alla ventata di novità, non tutta insulsa come dicevo. E non c’è uguaglianza del metro nei molti canti che sono postati a migliaia in una giornata, che è anche segno di disuguaglianza di ispirazione e di animo, esclude eccessi, sottilità, abbandoni. C’è nella maggioranza un forte desiderio di pace che trae un qualche senso buono, saggio e chiaro, che risuona nei versi come una musica di richiesta di serenità. Sono è vero un poco monotoni; il loro canto è riposato e uguale; ma di una dolcezza che crea intorno quel senso di pace che cantano, e pare allora che le parole risuonino come in un grande silenzio, e che cantino nel silenzio lungamente con una eco nei cuori di infinita tacita melodia.

Per la Boccia il discorso è diverso, perché lo stesso sentimento si rende conto dell'oscillare vertiginoso dei metri: che dalla melopea cantante uguale delle serie di endecasillabi fondati sullo stesso sistema di accenti, degli ottonari puri, dei settenari a cadenza, dei quinari accoppiati, passa improvvisamente al singulto e alle impuntature dei novenari, dei decasillabi travestiti, degli endecasillabi frantumati fino a raggiungere un infinito di contrasti. La sua poetica opponendosi alla maggioranza dei poeti del web, segue ogni parola che esce dalla bocca, per finire sulla tastiera del computer, non è mai solo voglia di sentir se stessa, o per compiacersi di quell'atto, ma insiste, fruga con quel raffinamento di sensitività, che è come un fascio di luce che attraversa una camera buia. Ella sogna e canta; ma quando più s'abbandona al sogno con tutta la ingenuità dell'anima, cedendo alla voluttà del canto, ecco che in quel punto è più vigile, cauta e accorta a scegliere l’incredibile sottilità d’ogni variare del sogno, ma ferma su se stessa considera a una a una le modulazioni della sua voce per compiacere mai per compiacersi. Lo sforzo immediato di quell'arte è certo il conseguimento della maggiore intensità e verità possibile in ogni visione particolare, e nella volontà di raggiungere questa verità, ad ogni costo, che è tanto differente, nella sua sobrietà, dalla abitudine di amplificazione verbale.

Da ciò il piacere di leggerla a voce alta, come si può leggere e declamare un sonetto di Foscolo o una strofe dannunziana; e il bisogno a non voler violentarla, di lasciarla quasi inconfessata nell'anima, sospesa nella vibrazione delle alghe che tremolano volubili nell'acqua. Una voglia di sillabare la lirica, voler darle quella sorta di vita esteriore che è concessa ai canti dei veri poeti, e lo dimostrano i recitatori i quali tentano inevitabilmente di trovar e il vero tono del canto, come quelli ai quali si può meglio simulare uno scheletro verbale, come Mosé, o Impronte digitali sulla mia anima, ed altri.

Questa lirica di cui mi occupo è diversa dalle altre e dalla raccolta «Impronte digitali sulla mia anima», perché affronta il problema eterno del poeta: la fame, l’incomprensione.

È opportuno rilevare, però, che le annotazioni le alternanze dei versi, dal settenario al novenario sono un interesse semantico originalissimo. Pane e speranza coinvolge, oltre alla linguistica, e particolarmente della psicologia, della sociologia, della filosofia, della semiologia. La lirica è concepita come scienza storica con il compito di chiarificare le evoluzioni dei significati della linguistica strutturale; ha rinnovato i metodi e le prospettive delle ricerche semantiche insistendo soprattutto sul fatto che non solo i suoni e le forme grammaticali, ma anche le parole e i loro significati devono essere studiati non isolatamente ma nel più ampio contesto delle loro relazioni formali, nozionali, storiche e stilistiche, formando un sistema i cui termini siano esatti e non ambigui.

Con questa lirica Marcella Boccia ha posto i fondamenti di una poetica tipologica e ha fatto balenare la possibilità di creare anche una nuova semantica, che metta in luce gli elementi universali comuni a tutte le lingue e a tutte le epoche.

 

Intervista a Marcella Boccia

 

“poeta incamminata verso l’anticipazione della moderna poesia”

 

di Amalia Di Loria

 

   Macella Boccia è poeta, scrittrice, musicista, regista teatrale. Da anni dirige la rivista New Age & Dintorni, curando rubriche dedicate a tutti i campi del sapere, dalla letteratura, all’esoterismo, alle arti in genere.

Reno Bromuro, nella prefazione alla raccolta di poesie di Marcella Boccia, “Impronte digitali sulla mia Anima” (Spring Editore), la definisce “poeta incamminata verso l’anticipazione della moderna poesia”.

L’abbiamo incontrata a Roma, dove sta lavorando al suo nuovo album, e fatto due chiacchiere:

 

A. D. L.: La raccolta “Impronte digitali sulla mia Anima”, uscita in questi giorni dalla casa Spring, contiene componimenti recenti ma anche di qualche anno fa. Perché solo ora vengono pubblicati?

 

M. B.: La poesia è il pianto dell’Anima. Pubblicare una raccolta poetica è come mettersi a nudo in un mondo che, spesso, non tollera la nudità, giudicandola volgare. Più volte mi fu consigliato di pubblicare questa raccolta. Reno Bromuro, uno degli artisti che, in assoluto, stimo maggiormente al mondo, ha insistito per anni sulla pubblicazione di “Impronte digitali sulla mia Anima”, ed è grazie a lui che mi sono decisa, un mese fa.

Reno Bromuro è stato il primo a credere nella mia attività poetica.

 

A. D. L.: Tu sei timida?

 

M. B.: Sono riservata. Quando si parla della mia poesia sono particolarmente riservata, perché non credo si possa parlare della propria poesia, al massimo la si può recitare…

 

A. D. L.: Quando hai cominciato a buttar giù i primi versi?

 

M. B.: Ero molto piccola. La mia insegnante di italiano, alla quale dedico questo libro, quando avevo undici-dodici anni, mi insegnò la metrica. Me la insegnò facendomi contare le sillabe delle poesie sulle dita delle mani, battendo i polpastrelli sul banco. Allora cominciai a scrivere versi, prendendo spunto dalla metrica di componimenti di poeti famosi studiati a scuola. Il mio cuore è entrato in ciò che scrivevo solo più tardi, al liceo classico. Anche lì, un’insegnante di letteratura (anche a lei dedico la raccolta), che recitava divinamente le poesie di Foscolo, Leopardi, Manzoni, mi folgorò. Tra i banchi di scuola nacquero i miei primi componimenti. Sulla scrivania della mia stanza, invece, nascondevo il quaderno delle mie poesie sotto i libri che avrei dovuto studiare. Studiavo lo stesso, ma solo quando dovevo essere interrogata! Per il resto, scrivevo! E mi nascondevo per non essere scoperta da mia mamma che sognava che io fossi la prima della classe!

 

A. D. L.: E tu lo eri?

 

M. B.: Neanche per idea! Era l’ultimo dei miei desideri! Le prime della classe (una classe quasi interamente femminile) le trovavo così noiose e  tristi! Io, invece, studiavo quanto basta per avere dei voti che non meritassero il rimprovero di mia mamma, ma avevo dieci solo in letteratura italiana e filosofia! Per il resto, salivo sull’albero di noccioline in giardino, e scrivevo.

 

A. D. L.: Eri un po’ ribelle?

 

M. B.: Fino a dodici-tredici anni mi si rimproverava una timidezza dovuta ad una eccessiva sensibilità che mi faceva sentire vittima dei prepotenti. Più tardi sono diventata ribelle. Facevo politica, ero rappresentante del mio Istituto, presidente di un’Associazione culturale, ed aspettavo il sabato sera per andare a ballare!

 

A. D. L.: La tua infanzia è molto presente nei tuoi componimenti. Potresti definirla un’infanzia felice?

 

M. B.: Non saprei definirla affatto! Durante la mia infanzia ho vissuto sotto una campana di vetro. La mia famiglia, una famiglia tranquilla, mi proteggeva e viziava. Quando, sbirciando qua e là, mi accorsi che il mondo non era così perfetto come avevo immaginato, ebbero inizio i miei pianti dell’Anima. La mia infanzia è stata ovattata, morbida. L’adolescenza, invece, una continua battaglia contro fantasmi e mulini a vento.

 

A. D. L.: Contro cosa combattevi?

 

M. B.: Contro le ingiustizie, le prepotenze, le violenze. In realtà, non combattevo contro qualcosa, ma a favore di qualcosa. A favore della mia identità. Fino a quasi la maggiore età ero la figlia di Pietro Boccia, professore, scrittore e allora politico, molto noto nel luogo in cui vivevo. Io ho sempre adorato mio padre in una maniera viscerale. Lui è il mio specchio. E’ stato il mio riferimento sin da bambina, quando mi portava in giro in bicicletta. Adoro anche mia mamma, non la cambierei con nessuna al mondo, ma siamo diverse in tutto; invece mio padre sono io a sessant’anni! Ma a venti non sopportavo di essere conosciuta solo come sua figlia. Era come se sulla carta d’identità, anziché Marcella Boccia vi fosse scritto “La figlia di Pietro Boccia”. E’ allora che ho preso a combattere per avere una identità tutta mia.

 

A. D. L.: Quando è nata la tua passione per l’India?

 

M. B.: C’è sempre stata, sebbene in forma sottile. Da bambina mi interessavo allo Yoga, inconsapevolmente. Ho fatto le mie prime lezioni di Yoga in seguito ad un incidente stradale che ha rallentato la mia corsa per un po’. E, come la tartarughina di una delle canzoni preferite della mia infanzia, smesso di correre a testa in giù, ho iniziato a guardarmi intorno e a scorgere un mondo colmo di cose che prima non vedevo. Lo Yoga mi ha portata in India la prima volta, e tutte le altre volte.

 

A. D. L.: Cosa ti ha dato l’esperienza dell’India?

 

M. B.: Un miliardo di cose. Mi ha fatto sentire inserita nell’universo. In India mi sento a casa. Qui mi sento a casa.

 

A. D. L.: So che in India hai lavorato al tuo nuovo album. Puoi anticipare qualcosa sull’argomento?

 

M. B.: La seconda volta che sono stata in India, nel 2003, ho portato con me una macchina digitale per registrare delle sonorità. Non ero sola, ero con Mario Nicoletti (direttore artistico della Virgin music di Milano, nda), ed insieme stiamo lavorando a questo progetto. Vi sono ritornata, poi, nell'aprile di quest’anno, per risalire il Gange fino all’Himalaya, a quattromilacinquecento metri, e trovarvi ispirazione.

Il disco non è solo opera mia. Io ho scritto i testi e sono la voce rap. Le musiche e gli arrangiamenti sono di Fabrizio Sforzini e Max Tempia, che ritengo i migliori collaboratori che abbia mai avuto: riescono a tirar fuori la musica dai miei testi in una maniera quasi alchemica.

 

A. D. L.: Quando uscirà il disco?

 

M. B.: A settembre termineremo con le registrazioni. Ma senza fretta!

 

A. D. L.: E cosa mi dici del teatro?

 

M. B.: Per il teatro sto curando la regia di una commedia, divertentissima, ed al tempo stesso esoterica, del giudice drammaturgo Gennaro Francione. Non posso dirti di più, perché sarà una sorpresa! La porteremo in teatro, anche qui a Roma, nella prossima stagione invernale. Ci sto lavorando insieme all’autore, un personaggio incredibile, adorabile, il primo vero alchimista che abbia conosciuto.

 

A. D. L.: Tu fai poesia, musica, teatro, scrivi saggi. Ma qual è la cosa che ti viene meglio?

 

M. B.: Non saprei. Dimmelo tu!

 

A. D. L.: E quella che ti piace di più fare?

 

M. B.: Oziare. Scrivere, scrivere, scrivere. Guardarmi intorno e scrivere. Guardarmi dentro e scrivere. Perché, a dirla con Conrad, “Come faccio a spiegare che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?”.

                       http://www.marcellaboccia.it/

 

         

 

"IMPRONTE DIGITALI SULLA MIA ANIMA" DI MARCELLA BOCCIA.

NOTE ALCHEMICHE DI GENNARO FRANCIONE

 

Castelporziano, Ostia 10 agosto 2004. In attesa delle Stelle di san Lorenzo.

 

Sono al mare. Il tempo è bello. Splende un sole forte ma fortunatamente c'è una ventilazione che rinfresca l'aria.

Mentre leggo Impronte digitali sulla mia anima" di Marcella[1], non posso fare a meno di pensare di trovarmi innanzi a una novella Saffo, e quindi, a una delle più grandi poetesse del nostro tempo. Di Saffo Marcella ha la mediterraneità, universalizzata in chiave odissea grazie ai suoi viaggi compiuti soprattutto nell'Oriente alle fonti del Sapere e dell'Essere.

 

Con le Ali ai piedi

volo di città in città

trascinando il mio carro di Tespi

ed inscenando la commedia della mia Vita[2].

 

Impronte digitali sulla mia anima è una raccolta di versi descriventi proprio un viaggio. Viaggio fisico tra i dolori e i non sense del mondo ma soprattutto spirituale per raggiungere i lidi di una metempsicosi salvifica. L'itinerario è solo apparentemente proiettato verso il futuro, tendendo la poetessa, "profeta di se stessa"[3], a conquistare il mondo delle infinite possibilità sopravvenienti grazie a un ritorno al passato, alle radici profonde della sua esistenza fisica e spirituale.

Si tratta di un viaggio alchemico con passaggi dell'Opera Regia dal Nero, al Bianco, al Rosso. Se Bachelard aveva indicato la via dei quattro elementi per individuare la chiave d'interpretazione del Poeta, io vi aggiungo la necessità di poter lavorare con quegli elementi secondo i dettami e le procedure dell'Ars Rebis[4].

Nella prima fase dominata dal Corvo, la Poetessa scende nel proprio imo, venendo a contatto con le potenze malefiche, impersonate da Lucifero.

 

La Lucifera spirale

è appesantita dal sapere

e non dà tregua alla mia lingua

che già rimpiange il tempo che verrà[5].

 

L'Aedo è pronto a fronteggiare l'Avversario, a vincerlo, a domarlo per cogliere il "Lucifero caduto/ in un eccitante paradisiaco Inferno"[6]. Il nemico è la Ragione, il Pensiero, che come un grave insidioso impedisce un reale slancio verso le dimensioni altre.

 

Legge del Karma

t'invoco implorandoti di redimere

il mio reo spirito errante

Piovono miracoli

ma non sulla mia testa

protetta dall'ombrello

della timida ragione[7].

 

L'Opera al Bianco, dominata dalla Colomba, richiede la purificazione del Pensiero.

 

Sul link si posa la mia freccia

come farfalla riposa sul Pensiero

leggero in assenza di gravità

come un ponte verso l'aldilà[8].

 

Il percorso iniziatico, tormentato alla ricerca della leggerezza dei corpi attraverso l'evaporazione della Mente, sfocia nell'opera al Rosso, la Fantasia salvifica dell'"Anima musicale"[9].

 

Ballerine quelle dita

toccano le corde

del tuo genio

producendo suoni astrali

che si espandono

nell'infinito che ci avvolge

proteggendo

la nostra fantasia

da giudici e borghesi

predatori

insaziabili di conformismo

ed abbarbicati

alla forza gravitazionale[10].

 

E' il trionfo della Fantasia sulla Burocrazia della Convenzione, con l'animale della vittoria rappresentato dalla Fenice Dorata.

 

Azione e reazione domina sul cosmo

ruota il pio destino senza inchiostro sul suo libro

pagine inviolate dalla mano del poeta

risorge la Fenice sul fiore del deserto[11].

 

In questo percorso liberatorio l'Aedo sperimenta dolorosamente non solo il peso della Ragione ma anche quello del corpo, il soma, ermeticamente e platonicamente inteso come un autentico carcere da cui bisogna liberarsi per raggiungere l'estasi del mondo altro.

 

...quella morsa

. quella morsa in cui sono strette

le mie braccia

è la sola via

che ho

d'imparare a volare[12].

 

Il corpo non è solo quello della fisicità umana, con i sensi, i muscoli, la sessualità, ma la stessa materialità del mondo, fondata sui quattro elementi che Marcella attraversa in maniera ora equilibrata, ora violenta per cercare sempre un'armonia sottile ed estatica.

La vediamo camminare sui Carboni ardenti, per sperimentare la soteria del Fuoco.

 

Il fuoco sotto i miei piedi

scalda le emozioni

rimovendo il blocco al centro dell'Aura...

 

Cammino su quel letto

senza esitare

urlando al caldo vento

la millenaria paura del buio[13].

 

La via dell'Aria ora assume la forma di una "nuvola/ vacua ed impalpabile"[14], ora di "Capricci di ragazza/ volutamente sola/ che fa capriole/ nel vento"[15], ora di una bolla di sapone, creatura davvero leggiadra, graziosa e infantile.

 

Una bolla di sapone

si affaccia alla finestra

e mi saluta e spicca il volo

in soavi antiche acrobazie

 

Di nuovo torna a me

aprendo uno spiraglio...[16]

 

La via della Terra viene seguita attraverso la pesantezza di una macchina umana rombante sul suolo, associata a quella dei bagagli che, pesanti e ingombranti, ti tirano giù quasi a volerti far sprofondare nel cupo sottosuolo.

 

Le rotaie lamentano

un peso tanto grave

di un locomotore

spesso ritardatario

talvolta premonitore

d'un viaggio

catarchico e purificatore

del marcio

che c'è in ogni valigia

che trasciniamo faticosamente.

 

Infine l'Acqua Astrale cui la Poetessa tende, avvertendo un bisogno equoreo: "taglia il cordone ombelicale/ che ti lega alla falsità/ e salpa l'ancora/ verso acque più sincere"[17]. L'andare avanti di Marcella è, alla fine, un ritorno uroborico all'Acqua Primordiale, l'Alveo Materno che ti culla, ti nutre e ti protegge per rilanciarti verso le nuove esistenze, bella, reincarnata ma soprattutto rigenerata.

 

Son pronta ad un nuovo inizio

Ricucio il mio cordone

e schiarisco la voce per il mio prossimo vagito[18].

 

L'altra impronta della via iniziatica di Marcella, ancora alchemica, è il preziosissimo Amoroso Fosforo.

 

Una vita spesa male

a contare i sentimenti

come i petali di un fiore

questo m'ama e l'altro pure

ed io corolla del suo cuore

accolgo un'ape di passaggio

che violentando la corazza

succhia nettare proibito[19].

 

Molti sono pronti a dare amore a Marcella, ma quanti riusciranno davvero a succhiare il nettare della sua anima grandiosa, sibilante inquietanti aum, sonorità celestiali, versi sovrumani, canti melodici là in volo nell'Universo?

Marcella, al di là delle angosce esoteriche, è pervasa da un senso solare della Vita, termine che non a caso scrive con la maiuscola come pure fa per le Ali mercuriali ai piedi, le uniche capaci di farla trasumanare in una dimensione superiore, là dove i contrari si toccano, come nell'ouroboros metatemporale per cui il vecchio si riscopre bambino.

 

Sono stanca

ed ho voglia di riposare

sento d'invecchiare

e allo steso tempo

di non essere mai vissuta

 

E' stato tutto un lungo

e delirante sonno

durato secoli

e quando mi sveglierà

mi riscoprirò bambina[20].

 

Non posso negare che alla fine della lettura vengo preso da un'inaspettata commozione, là in riva al mare. Mi ha ghermito l'anima la malinconia felice di questa ragazza che se ne va via, solinga, sul sentiero roccioso dell'isola di Lampedusa, dissolvendosi sul mare "a poco a poco nella Via Lattea"[21], fusione stellare di Terra, Aria, Acqua e Fuoco.

Ho letto tante poesie in vita mia e spesso ero solo sfiorato da emozioni cerebrali come mi accade soprattutto con gli arcani della poesia moderna, tutta presa a realizzare composizioni fratte nella forma e nei contenuti.

Marcella con la sua scrittura intima mi ha mosso davvero le corde del cuore, le più intime, attraverso la musicalità nascosta del suo versificare, che è quella stessa della sua anima. La dolcezza di questa creatura, che traspare come acqua limpida da lei nel contatto col quotidiano, si immerge silenziosamente nel suo poetare, sicché come la vedi fuori lei è dentro, soave e accattivante mentre trascina il fruitore del suo dire nei meandri indiziari, incontaminati e incantatori della sua melodia saffica.

Da giudice combatto quotidianamente gl'indizi come incapaci di rivelare, con sicurezza al di là di ogni ragionevole dubbio, la colpevolezza di chicchessia. Da poeta e da recensore quegl'indizi benedico perché il senso del mondo può trapelare proprio attraverso di essi, vuoi che diventino autentiche impronte digitali da cui traspare inequivocabile l'essere primo di Marcella, vuoi che restino nel campo delle tracce fumose, tanto più capaci di rivelare le altre centomila creature che sono dentro la Poetessa Sublime, ognuna più bella e sensibile dell'altra.

Grazie Marcella per questo dono preziosissimo che hai fatto a me, a noi. I tuoi "Aloni di luce bluastra/ indicano la via verso la rinascita"[22]. Luce e colore per risorgere noi tutti insieme a te, vibrando nel multidimensionale con la tua soave poesia musicale.

Grazie a te, perché è proprio per la profondità dei tuoi canti tinti dal cromatismo dei mille cieli, che vale la pena vivere e amare le cose, piccole e grandi, struggenti e grottesche, in cui ci dibattiamo come pesci agonizzanti in questo mondo insensato.

Nell'Era dell'Acquario, tu sei l'Aedo Ermafrodito, che indica a quei pesci la via del ritorno al loro elemento essenziale, tenendoci per mano sulla via dell'Alchimia Amniotica per rigenerarci all'unica vera fonte del Sapere: l'Estasi d'Amore.

 

 

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[1]Spring Edizioni, con prefazione di Reno Bromuro, Caserta, luglio 2004.

 

[2]Impronte etc., p. 4.

 

[3]Profeta, p. 56.

 

[4]Rebis deriva da Res bis, cioé "cosa due volte" ovvero "due cose in una". Cfr. G. Francione La Porta Magica(Esplicazione dei glifi sul Libro di Pietra nel centro di Roma), NES, Roma, gennaio 1991, p. 13.

 

[5]Un link verso l'aldilà, p. 12.

 

[6]Pentacolo, p. 48.

 

[7]Metempsicosi, p. 16.

 

[8]Ibidem, p. 12. La farfalla di Marcella ricorda l’angelica farfalla degli Alchimisti, metafora dell'esito finale nell'opera riuscita.

 

[9]Groove, p. 58.

 

[10]Mani d'ebano, pp. 33-34. Nota comica. Non ho coda di paglia e sono sicuro che Marcella non si riferiva a me quando indicava i giudici come emblemi di convenzionalismo. Vedi sul punto le due azioni disciplinari subite dallo scrivente(conclusesi fortunatamente con il proscioglimento) per aver assolto i diseredati venditori di cd extracomunitari per stato di necessità(leggasi fame) e per aver sperimentato forme di scrittura moderne e informatiche nella stesura delle sentenze(cfr. UNIONE EUROPEA GIUDICI SCRITTORI(EUGIUS): LA NUOVA UNIONE DEI GIUDICI UMANISTI D'EUROPA: http://www.antiarte.it/eugius).

 

 

[11]Scatole dorate, p. 36.

 

[12]Enigma, p. 13.

 

[13]Carboni ardenti, p. 14.

 

[14]Aere, p. 51.

 

[15]Conchiglie amare, p. 63.

 

[16]Bolla di sapone, p. 25.

 

[17]Isola lampo, p. 58.

 

[18]Impronte digitali sulla mia anima, p. 11.

 

[19]Fosforo, p. 30.

 

[20]Il desiderio di una rosa, p. 49.

 

[21]Tristezza, p. 72.

 

[22]Atomi, p. 79.

 

http://www.marcellaboccia.it/francione.htm

         

http://www.boghes.it/testi/leggi.asp?textID=7981

http://www.webartisti.it/comunicati_stampa/archivio_comunicati_stampa/note_alchemiche.htm

http://viaoberdan.it/modules.php?name=News&file=article&sid=343

 

 

 

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Last updated: maggio 08, 2005.