LE TRIBU' DELL'ANTIARTE
di
Gennaro Francione
http://www.octava.it/antiarte
Presso la
GALLERIA COMUNALE D'ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA - SPAZI ESPOSITIVI EX
FABBRICA PERONI si è aperta la mostra Le
tribù dell'arte curata dal magico Achille Bonito Oliva.
La storia
delle tribù antiartistiche si può far risalire al
secondo dopoguerra, quando le Neoavanguardie ripresero quello
spirito di ricerca e di trasformazione del mondo che animò le
Avanguardie storiche, sperimentando nuove tecniche e materiali in un
amore-odio verso la tecnologia vista in maniera faustiana come perdita e
salvezza della terra.
Nell'ambito
di quei progetti si è compiuto il paradosso godeliano del massimo
individualismo estetico e della voglia di affratellamento politico
universale. "Questi gruppi hanno sviluppato volontariamente e
involontariamente la strategia tipica delle tribù, comportamenti comuni
per mentalità e sistema di vita poggianti appunto su una comune identità
mai espropriatrice delle differenze individuali: gruppi di artisti e mai
collettivi anonimi, vere e proprie tribù dell'arte"(così dal sito
Internet: www.comune.roma.it/galleriacomunale).
Nella
mostra di Roma, la prima mondiale del genere,
si passa in rassegna una serie di movimenti di antiarte
anarchica(Lettrismo, Situazionismo, Gutai, Fluxus ed Events, Happening,
Mono-Ha, Factory, Azionismo, Techne-Tribù, Capi Tribù senza Tribù)
descrivendone per intiero l'iter massmediale fino allo sviluppo estremo
nelle recentissime tecnologie informatiche.
Il
sistema digitale ha
permesso da un lato di acquisire nuove strutture creative, dall'altra di
potenziare l'arte-messaggio consentendo una fruizione interattiva del
popolo esteta attraverso internet. A un contempo attraverso la Rete si
è creata una nuova forza politica del messaggio avanguardistico grazie
alla comunicazione di messaggi-attacco al sistema al fine di concepire
azioni antipolitiche di massa sul tipo del movimento Seattle.
Esiste
nel fondo delle tribù avanguardistiche uno spirito di provocazione che
da estetico si fa politico fin dai primordi del Lettrismo che, fondato
nel 1946 da Isidore Isou, assunse subito un ruolo provocatorio, di
opposizione, di eversione anarchica e di profondo rinnovamento,
scagliandosi contro la Francia del
tempo dominata dai vecchi valori culturali della seconda
generazione di surrealisti. La carica eversiva continuerà nel
Situazionismo tanto che l'Internazionale Situazionista (1957-1972), con
la prospettazione di un'insufficienza radicale di tutte le opere
possibili, cercherà un senso "attraverso la prassi
rivoluzionaria" (Debord) lungo
una pratica che porterà a movimenti come l'happening, il Gutai, il
Mono-ha.
Nelle
techne-tribù si svilupperà apertamente il concetto che arte è la
tecnologia per antonomasia cercandosi una nuova sinergia tra arte e
tecno-scienze, mentre persino nei capi
tribù senza tribù si potranno individuare figure emblematiche per
l'evoluzione delle avanguardie del dopoguerra altamente individualiste,
in cui comunque si possono cogliere i germi per nuove rivoluzioni
estetico-politiche di massa, giammai intesa come totalitarismo ma come
semplice affratellamento dei diversi creativi nell'uguaglianza.
Lo
scrivente è il fondatore del Movimento estetico-politico dell'Antiarte
2000 che si pone come una summa di tutte le avanguardie rivoluzionarie
proponendo in primis l'energia creatrice fonte di forme estetico-sociali
in perenne dissolvimento e ricomposizione, rinnegandosi la compiutezza
di ogni forma artistica come elemento di valore dell'opera. Utilizzeremo
alcune delle 26 tesi dell'Antiarte 2000 per analizzare le filosofie
delle tribù estetiche.
Il primo
diktat è che l'arte non è
predicabile come fenomeno creativo positivo, chiuso, ma solo in
negativo, come avversione a tutto e quindi contraria
anche a se stessa.
L'arte
nel momento in cui si pone deve negarsi per esserci.
Deve
negarsi come forma, che è tempo, materia, caducità.
Deve
negarsi come fatto politico, perché nel tempo dei corrotti si corrompe.
In ciò antipoliticamente l'arte è sempre all'opposizione.
Deve
negarsi come concetto compiuto, sotto pena di finire.
L'invenzione
estetica è detta arte. Ma l'artista per continuare ad inventare deve
aggiornarsi attimo dopo attimo e
per far ciò deve porsi in continua antitesi con gli altri, coi loro idola,
col mondo, ma soprattutto con le accademie estetiche e con se stesso.
Rinnegare
la compiutezza della propria opera, anche quella che appare un
capolavoro di finitezza e armonia, rovescia l'arte, intesa come fatto
compiuto, in antiarte. Atto di esistenzialità rivoluzionaria ad
infinitum che non disdegna nulla, né la scienza né le nuove tecnologie
pur di esprimere la gravidità colossale del suo esserci. "Arte
totale" e "non-arte" a un contempo come aveva insegnato
il Fluxus.
La
parallela metodologia antiartistica delle tribù è, quindi, innovare ed
esplorare nuovi linguaggi, partendo dal presupposto che compito
dell'artista, avvalendosi dei nuovi sistemi informatici, ipertestuali e
internettiani, è di fare arte per distruggerla in infinite nuove forme
che Antiarte 2000 coglie nell'alchimia, nella chimica, nella fisica
metaforizzate in chiave estetico-elettronica.
In
dimensione metaforico-informatica l'antiarte
atomica è arte-link,
ipertestuale, formata da nodi
di reticolati attraverso cui è possibile ristrutturarla all'infinito,
cambiando il nodo, alias l'angolo di visuale nel piccolo fiume-lago
computeristico privato come nel grande Oceano di Internet.
A livello
politico l'antropologizzazione dell'arte minimizza presso le tribù la
figura dell'artista isolato, bastonato dal mondo mafioso degli editori,
dei produttori, dei mercanti che gl'impediscono di venire alla luce.
La nuova
tecnologia internettiana permette davvero una rivoluzione in sé del
modo di manifestarsi, consentendo a
chicchessia di propalare la sua arte in Rete e nel contempo di
organizzare nuove forme di rivolta universale dei dividui contro il
sistema delle pseudemocrazie a
favore di un nuovo mondo di fratellanza, dove
a partire dagli artisti vi siano davvero pari opportunità per
tutti, al di là delle amicizie massoniche e delle tessere di partito.
Al di là
degli accomunamenti tra le tribù e l'Antiarte, l'azione politica degli
antiartisti spicca un salto decisamente nuovo, non riscontrabile se non
indirettamente nelle avanguardie del dopoguerra, proclamando la
battaglia per l'Arte al Potere. Nell'immediato il target del movimento
è la conquista del potere artistico nel mondo, con mezzi pacifici e
democratici, attuati con tutti i media e soprattutto via Internet. Le
fonti di produzione artistica e i relativi finanziamenti, devono essere
messi nelle mani degli
artisti puri e sottratti agli attuali mestatori di merda-arte per creare
lo Stato Estetico.
E'
l'estremo sbilanciamento antipolitico e internettiano degli antiartisti
che vivono così il Sogno Utopico di qualunque tribù di puri di
riappropriarsi del mondo e di gestirlo esteticamente e in fratellanza
tutti globalmente e in prima persona.
Un'utopia?
Forse. Ma tutto è possibile nel mondo ridotto a a quadro, secondo la
progettazione del Nouveau Réalisme. Quando le parole spariscono,
secondo l'insegnamento Lettrista, è davvero possibile che in
rovesciamento il semplice segno di un Gioco, quello dell'Arte al potere,
diventi concreto e reale.